Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11542 del 02/05/2019

Cassazione civile sez. I, 02/05/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 02/05/2019), n.11542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8502/2017 proposto da:

Oleificio Moderno Monte Santa Maria, cooperativa a r.l., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, Circonvallazione Trionfale n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Giangiacomo Claudio, che lo rappresenta e difende, con

procura in atti;

– ricorrente –

contro

G.M.; S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1389/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2018 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’avvocato Claudio Giangiacomo che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A. e G.M., premesso di essere stati esclusi quali soci dalla società Cooperativa agricola “Oleificio Moderno Monte Santa Maria” a r.l., con Delib. approvata 6 giugno 2008, dall’assemblea, cui aveva dato esecuzione la successiva deliberazione approvata dal consiglio d’amministrazione il 14.6.08, citarono innanzi al Tribunale di Rieti la suddetta cooperativa chiedendo l’accertamento della nullità di entrambe le deliberazioni.

Successivamente, gli attori rinunziarono alla domanda

d’annullamento della deliberazione dell’assemblea dei soci.

In particolare, gli attori, rilevando di essere stati esclusi dalla società cooperativa a norma dell’art. 10 dello statuto, per aver costituito “elementi di disturbo, tesi a delegittimare il c.d.a., ponendo in essere comportamenti di scontro e accuse che avevano generato nei soci continui malumori”, contestarono gli addebiti assumendo di non aver mai pregiudicato gli interessi della società.

Si costituì quest’ultima, resistendo alla domanda.

Con sentenza del 4.11.2010, il Tribunale accolse la domanda annullando la Delibera del c.d.a..

L’Oleificio Moderno Monte Santa Maria coop. a r.l. propose appello eccependo il difetto di interesse ad impugnare la sola Delibera del c.d.a., in quanto quest’ultima era meramente attuativa della Delibera assembleare, dato che per statuto (e per l’art. 2533 c.c.) il potere di esclusione del socio spettava al solo c.d.a. e non all’assemblea.

Con sentenza del 2.3.16, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’impugnazione osservando che: contrariamente a quanto dedotto dagli attori, la Delibera del c.d.a. non era da ritenere una mera comunicazione di quanto deliberato dall’assemblea dei soci; l’esclusione dei due soci era stata deliberata in base all’art. 2533 c.c., in conformità del disposto dell’art. 10 dello statuto che non aveva attribuito alcun potere in tal senso all’assemblea; di conseguenza, la Delibera del c.d.a. era l’unico atto suscettibile d’impugnazione, avendo esso solo prodotto l’effetto dell’esclusione dei due soci dalla società cooperativa.

La società ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Non si sono costituiti gli intimati ai quali il ricorso è stato notificato con PEC.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 2479 c.c. e art. 20 dello statuto sociale, nonchè del D.Lgs. n. 5 del 2003, artt. 8,9 e 10, in quanto, a seguito della rinunzia all’impugnativa della deliberazione assembleare, il Tribunale aveva accolto la domanda in ordine alla deliberazione del c.d.a., invece che dichiarare la sopravvenuta carenza d’interesse degli attori.

Al riguardo, la ricorrente lamenta che difettava l’interesse ad impugnare la Delibera del c.d.a., in quanto non era stata impugnata la deliberazione di esclusione approvata dall’assemblea, della quale la Delibera consiliare era semplice attuazione, rilevando che: la Delibera assembleare, benchè assunta in materia di competenza dell’organo amministrativo, era legittima – perchè anche su tali materie l’assemblea può essere chiamata a deliberare, ai sensi dell’art. 2479 c.c., su richiesta degli amministratori o di un certo numero di soci, come avvenuto nella specie – ed essendo formalmente corretta era, in mancanza di impugnativa, valida ed efficace sia per i soci che per gli amministratori, sui quali ultimi era dunque sorto l’obbligo di darle attuazione.

Con il secondo motivo è denunziata violazione dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 2479 c.c. e art. 20 dello statuto, nonchè del D.Lgs. n. 5 del 2003, artt. 8,9,10, essendo la Corte d’appello incorsa in ultrapetizione nell’esaminare il merito dell’impugnativa della Delibera del c.d.a. poichè valutabile solo per vizi propri quale atto di mera esecuzione della deliberazione dell’assemblea.

Il primo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi.

Invero, parte ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia esaminato e deciso l’impugnativa della deliberazione del c.d.a. in quanto, a seguito della rinunzia all’impugnazione della Delibera assembleare, era venuto meno l’interesse ad agire, considerato che la deliberazione del c.d.a. era priva di una sua autonomia funzionale.

La Corte d’appello ha ritenuto legittima la deliberazione impugnata sulla base dell’art. 20 dello statuto sociale e 2533 c.c. che attribuisce agli amministratori il potere di escludere i soci – salvo deroga in favore dell’assemblea – sul presupposto, dunque, della piena autonomia funzionale dell’atto del c.d.a..

Ora, la ricorrente non ha criticato la deliberazione del c.d.a. quale atto determinativo dell’esclusione dei soci dalla cooperativa, ovvero non ha contestato la sussistenza del potere dell’organo amministrativo di escludere i soci, ma ha invece lamentato la carenza d’interesse della società muovendo dall’erroneo presupposto che l’esclusione dei soci fosse da considerare un effetto della deliberazione assembleare (la cui impugnazione è stata oggetto di rinuncia da parte dei soci attori).

Il secondo motivo è infondato essendo rimasto fermo l’accertamento, operato dalla Corte d’appello, del carattere autonomo della Delibera del c.d.a., e non meramente esecutivo di una Delibera assembleare di espulsione.

In mancanza di difese della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo e rigetta il secondo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2019

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