Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11541 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 15/06/2020), n.11541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18674/2017 proposto da:

ABBANOA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

1, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ASCIANO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANNA INGIANNI,

CECILIA SAVONA e GIOVANNI MARIA LAURO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 460/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 23/01/2017, R.G.N. 388/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/01/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA FIECCHI per delega verbale avvocato GIUSEPPE

MACCIOTTA;

udito l’Avvocato CECILIA SAVONA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 23 gennaio 2017, la Corte d’appello di Cagliari rigettava l’appello proposto da Abbanoa s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua opposizione al decreto dello stesso Tribunale, con il quale l’ex dipendente B.A. l’aveva ingiunta al pagamento, in proprio favore, della somma di Euro 22.656,00, a titolo di assegno personale non riassorbibile per il periodo aprile – agosto 2009, consistente nella differenza tra il trattamento economico percepito presso l’Ente sardo acquedotti e fognature (Esaf), suo precedente datore e quello spettantele presso la società, nuova gestrice del servizio idrico regionale.

A motivo della decisione, la Corte territoriale condivideva l’interpretazione data dal Tribunale alla L.R. Sardegna n. 10 del 2005, art. 2, comma 2, di inclusione nel trattamento economico da raffrontare nel trasferimento della dipendente da Esaf a Esaf s.p.a. (e quindi al nuovo soggetto gestore del servizio idrico integrato) anche della retribuzione accessoria, indipendentemente dalle vicende successive (in particolare di revoca dell’incarico o di sua scadenza, avvenuta nel gennaio 2006): e pertanto dell’assegno ad personam non riassorbibile in parola, come in effetti mantenuto alla lavoratrice nel suindicato passaggio (agosto 2005), senza violazione dell’art. 36 Cost..

Avverso tale sentenza, con atto notificato il 24 (25) luglio 2017, la società ricorreva per cassazione con unico motivo, cui la lavoratrice resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L.R. n. 10 del 2005, art. 2, comma 2, art. 101, comma 2 CCRL Sardegna, artt. 3,36,41 Cost., per la spettanza dell’assegno personale non riassorbibile alla lavoratrice esclusivamente a titolo di indennità per l’incarico conferito, non conglobabile nel trattamento economico da garantire nel trasferimento della gestione del servizio idrico regionale sardo da un ente ad un altro: diversamente operando un trattamento disparitario tra personale non trasferito (percipiente l’emolumento soltanto in funzione dell’incarico e fino alla sua scadenza) e personale trasferito (percipiente comunque l’emolumento).

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. La lavoratrice controricorrente ha, infatti, dedotto la preclusione dell’esame della questione, per il giudicato esterno formatosi sulla sentenza del Tribunale di Cagliari 11 maggio 2012, n. 1123 tra le stesse parti, che ha accertato il diritto di B.A., nei confronti di Abbanoa s.p.a., all’inclusione dell’assegno personale non riassorbibile nel trattamento economico spettantele dalla società, cui era passata, quale dipendente, per effetto del trasferimento da Esaf a Esaf s.p.a. e quindi ad essa, nuova gestrice del servizio idrico integrato. E ciò ha fatto con la debita trascrizione del giudicato (a pgg. da 11 a 14 del controricorso), così osservando il principio di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e n. 6, da rispettare anche nel caso di specie (di interpretazione del giudicato, sia pure regola del caso concreto e pertanto questione di diritto oggetto di accertamento diretto), in modo da consentire al giudice di legittimità l’esercizio dell’attività nomofilattica, ad esso propria, possibile soltanto se la sentenza da esaminare sia messa in tal guisa a disposizione (Cass. 13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. 16 luglio 2014, n. 16227).

2.2. Ora, è noto che, in considerazione dell’inscindibile rapporto di connessione che viene a crearsi tra oggetto del giudicato e oggetto del processo nel quale questo si sia formato, l’efficacia del giudicato si estenda alle questioni che costituiscono presupposti logicamente e giuridicamente ineliminabili della statuizione finale, sicchè l’effetto preclusivo riguarda il successivo giudizio, ma solo entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi, intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato), a prescindere dal petitum immediato, ossia dal tipo di sentenza adottata (Cass. 22 settembre 2011, n. 19310; Cass. 30 ottobre 2017, n. 25798); mentre è da escludere il giudicato sul punto di fatto, ossia sul puro e semplice accertamento dei fatti storici contenuto nella motivazione e compiuto dal giudice esclusivamente per pronunciare sulla situazione di vantaggio dedotta in giudizio (Cass. 11 febbraio 2011, n. 3434; Cass. 7 febbraio 2019, n. 3669).

2.3. Sicchè, qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (Cass. 12 aprile 2010, n. 8650; Cass. 9 dicembre 2016, n. 25269). E ciò senza necessità, al fine di formazione del giudicato esterno sullo stesso, di una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, come previsto dall’art. 34 c.p.c., posto che tale norma è intesa a disciplinare il profilo dell’individuazione della competenza per materia o per valore del giudice dell’intera causa in caso di pregiudizialità in senso tecnico e non già soltanto in senso logico giuridico (Cass. 15 maggio 2018, n. 11754).

2.4. Nel caso di specie, essendosi il giudicato suindicato formato proprio in ordine all’accertamento tra le parti del medesimo diritto (inclusione nel trattamento economico spettante alla lavoratrice dell’assegno personale non riassorbibile), oggetto della presente controversia, sia pure per un periodo diverso (le mensilità da aprile ad agosto 2009) da quello del suddetto giudicato (mensilità da gennaio a marzo 2009), l’esame della questione è precluso per le superiori argomentazioni.

3. Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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