Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1154 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 21/01/2021), n.1154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13318/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente principale e controricorrente successivo –

contro

Studio Legale Avv.ti De Marini Marcello e Cazzella Anna Rosa,

quest’ultima rappresentata e difesa dall’avv. Marcello De Marini,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Marianna Dionigi n. 43,

presso lo studio dell’Avv. Renato Ricci;

– controricorrenti e ricorrenti successivi –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, Sezione staccata di Lecce, n. 224/22/13 pronunciata il

7.10.2013 e depositata il 18.11.2013;

e

avverso il diniego di definizione agevolata della controversia

dell’Agenzia delle Entrate Direzione prov. di Lecce in data

5.6.2020;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8.10.2020 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Saieva;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale, Dott. Tommaso Basile, il quale ha concluso per il rigetto

del ricorso dei contribuenti e per l’accoglimento del ricorso

dell’Agenzia delle Entrate.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Gli avvocati Marcello De Marini e Anna Rosa Cazzella, riuniti in associazione professionale Studio Legale e di Consulenza aziendale De Marini M. e Cazzella A.R., impugnavano la cartella esattoriale con cui, in relazione all’anno 2006, veniva loro richiesta la complessiva somma di 9.506,53 Euro, di cui 5.788,00 Euro per I.R.A.P. e la residua parte per sanzioni, interessi e compensi di riscossione.

2. La Commissione tributaria provinciale di Lecce accoglieva il ricorso, ritenendo che nella specie non sussistesse il requisito dell’autonoma organizzazione, trattandosi di uno studio legale dotato di esigui investimenti, privo di personale dipendente, nel quale la capacità contributiva reale non era disgiunta da quella dei due professionisti che lo componevano.

3. La Commissione tributaria regionale della Puglia, Sezione staccata di Lecce, con sentenza n. 224/22/13 depositata il 18.11.2013, rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, la quale ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui i contribuenti resistono con controricorso.

4. Nelle more del giudizio l’Agenzia delle Entrate di Lecce rigettava l’istanza di definizione agevolata della controversia tributaria presentata dai contribuenti, ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, artt. 6 e 7, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

5. Avverso tale provvedimento i contribuenti hanno proposto ricorso dinanzi a questa Corte, cui resiste con controricorso l’amministrazione finanziaria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va rigettato il ricorso proposto dai contribuenti avverso il provvedimento dell’ufficio finanziario con cui è stata rigettata la domanda di definizione agevolata della controversia del D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, conv. dalla L. n. 136 del 2018; ricorso con cui deducono l’inesistenza e/o la nullità della notifica del provvedimento di diniego, nonchè l’illegittimità del provvedimento medesimo.

1.1. Quanto al difetto di notifica del provvedimento di diniego, in quanto eseguita a mezzo p.e.c. a Cazzella Anna Rosa, anzichè al difensore costituito nel procedimento in oggetto avv. Marcello De Marini, la censura si appalesa infondata, atteso che, come evidenziato dall’ufficio, la domanda di definizione agevolata era stata inoltrata telematicamente per conto dello “Studio Legale e di Consulenza aziendale De Marini M. e Cazzella A.R.” proprio dall’avv. Cazzella, la quale nel ricorso avverso il diniego dell’ufficio ha dichiarato di aver ricevuto a mezzo p.e.c. l’atto in data (OMISSIS).

1.2. Nessun dubbio può sussistere, poi, in ordine alla legittimità del diniego opposto dall’ufficio alla domanda di definizione agevolata, atteso che la controversia, avente ad oggetto un atto di mera riscossione, non rientra tra quelle inerenti agli atti impositivi e quindi non è suscettibile di definizione, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, conv. dalla L. n. 136 del 2018.

1.3. L’atto impugnato è, infatti, una cartella di pagamento con la quale, a seguito di controllo automatizzato, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, della dichiarazione Modello Unico 2002, per l’anno d’imposta 2001, venivano iscritte a ruolo le somme dichiarate, e non versate, relative al saldo I.R.A.P. per l’ammontare di 1.991,97 Euro (cfr. Circolare n. 10 del 15/05/2019 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui non sono definibili le controversie aventi ad oggetto i ruoli per imposte e ritenute che, sebbene indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, risultano non versate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 2, lett. 9, per le imposte dirette e per l’I.R.A.P.).

1.4. Secondo la giurisprudenza della Corte in tema di definizione agevolata delle controversie, il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, conv. in L. n. 136 del 2018, è applicabile ai soli giudizi aventi ad oggetto atti impositivi e non anche a quelli di impugnazione della cartella di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, che non si fonda su un accertamento discrezionale dell’Amministrazione, bensì, avendo riguardo a versamenti non effettuati, ad una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente nella dichiarazione (Cass. Sez. 5, 13/03/2019, n. 7099; conf. Cass. Sez. 5, 10/10/2019, n. 25519).

1.5. Analogamente riguardo a precedenti fattispecie condonistiche, si è affermato che la L. 27 dicembre 2002, n. 289 (art. 16), consentendo la definizione agevolata delle sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella, emessa ai sensi del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, con cui l’Amministrazione finanziaria richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni, poichè tale atto non ha natura impositiva, derivando, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell’omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione (v., da ultimo, Cass. Sez. 6-5, 7.5.2019 n. 11975 e Sez. 5, 06/07/2020, n. 13837; conf., ex plurimis, Cass. Sez. 6-5, 02/11/2018, n. 28064; Sez. 6-5,05/06/2018, n. 14333; Sez. 6-5,01/03/2017, n. 14344; Sez. 5,22/03/2017, n. 7279; Sez. 6-5,19/01/2017, n. 1410; Sez. 5, 15/01/2016, n. 548; Sez. 5, 11/05/2016, n. 9545; Sez. 5, 25/03/2016, n. 5977; Sez. 5, 15/04/2016, n. 7536; Sez. 5, 22/04/2016, n. 8137; Sez. 5, 10/02/2016, n. 2620; Sez. 5, 28/01/2015, n. 1571).

1.6. Conseguentemente, appare corretto l’operato dell’ufficio ed assolutamente legittimo il conseguente diniego di definizione agevolata del giudizio concernente l’atto di riscossione impugnato.

2. Meritevole di accoglimento appare viceversa il ricorso con cui l’Agenzia delle entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e dell’art. 2967 c.c.” assumendo che sono assoggettate ad I.R.A.P. tulle quelle attività caratterizzate da un’organizzazione anche minima; organizzazione che deve ritenersi sussistente ogniqualvolta il contribuente utilizzi nell’esercizio della propria attività produttiva, professionale o imprenditoriale, lavoro altrui o beni strumentali di valore economico non marginale.

2.1. Come rilevato dalle Sezioni Unite di questa Corte, “l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce ex lege presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività” (Sez. U, sentenza 14/04/2016, n. 7371); al riguardo la Corte ha poi ulteriormente precisato che resta “salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa” (Sez. 6 – 5, Ordinanza 26/09/2016, n. 18920).

2.2. Nel caso in esame la C.T.R. trovandosi in presenza di uno studio legale composto da due avvocati, privo di collaboratori con

“utilizzo di mezzi e consumi energetici in misura molto ridotta”, ha ritenuto evidente che l’attività professionale venisse “svolta dagli stessi professionisti che esercitavano in maniera individuale l’opera intellettuale dalla quale veniva prodotto il reddito”; presupposti che avrebbero consentito di escludere l’assoggettabilità dell’associazione all’I.R.A.P., in assenza di comprovata autonomia.

2.3. L’argomentazione è errata. Questa Corte condivide e dà continuità all’orientamento, già precedentemente espresso, secondo cui l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sè idonea (come testualmente affermato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3) a far presumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorchè non di particolare onere economico, nonchè dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’imposta regionale sulle attività produttive (I.R.A.P.), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (Cass. Sez. 5, 20/07/2018, n. 19403; id. 25/06/2018, n. 16623; id. 24/11/2016, n. 24088).

2.4. Alla natura associata dello svolgimento dell’attività professionale non poteva, pertanto, che conseguire l’assoggettabilità all’I.R.A.P., salvo la prova della circostanza, che tuttavia non risulta sia stata mai nemmeno allegata, che i proventi fossero frutto dell’attività individuale di ciascun professionista (Cass. Sez. U, 14/04/2016, n. 7371).

3. Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorso dei contribuenti avverso il diniego di definizione agevolata del giudizio va rigettato; va viceversa accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, e rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso dei contribuenti avverso il diniego di definizione agevolata del giudizio, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, conv. dalla L. n. 136 del 2018; accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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