Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1154 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. III, 21/01/2020, (ud. 14/06/2019, dep. 21/01/2020), n.1154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSSETTI Marco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22149/2016 R.G. proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via

Cesare Beccaria, n. 29, presso la sede dell’Avvocatura dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonietta Coretti,

Vincenzo Triolo e Vincenzo Stumpo;

– ricorrente –

contro

T.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1135 del Tribunale di Foggia pubblicata il 14

aprile 2016;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letto il ricorso.

Fatto

RITENUTO

L’I.N.P.S. ha proposto opposizione avverso l’espropriazione presso terzi intrapresa ai suoi danni dall’avvocato T.A., nella qualità di difensore distrattario delle spese legali liquidate in un contenzioso previdenziale.

L’INPS si opponeva a detta esecuzione, deducendo l’assenza del titolo esecutivo e, comunque, l’improcedibilità della stessa.

Il giudice dell’esecuzione rigettava l’opposizione e disponeva l’assegnazione delle somme.

Introdotto il giudizio nel merito, il Tribunale di Foggia rigettava l’opposizione e condannava l’Ente opponente al pagamento delle spese processuali.

Contro tale decisione l’I.N.P.S. ha proposto ricorso, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, con quattro motivi. La T. non ha svolto in questa sede attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Il ricorso proposto dall’I.N.P.S. è inammissibile, in quanto avverso la sentenza in questione doveva essere proposto appello.

Infatti, avverso le sentenze che decidono le opposizioni proposte ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il rimedio impugnatorio è quello dell’appello. Hanno fatto eccezione solamente le sentenze pubblicate nella “finestra temporale” compresa fra la data dell’entrata in vigore della L. 24 febbraio 2006, n. 52, (che aveva modificato l’art. 616 c.p. introducendo la regola della inappellabilità) e quella della L. 18 giugno 2009, n. 69 (che ha ripristinato il regime dell’appellabilità).

Com’è noto, l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va operata con riferimento esclusivo alla qualificazione giuridica dell’azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, a prescindere dalla sua esattezza o dalle indicazioni della parte (Sez. 3, Sentenza n. 12872 del 22/06/2016, Rv. 640421; Sez. L, Sentenza n. 21520 del 22/10/2015, Rv. 637395).

Nella specie non vi è dubbio che il Tribunale abbia espressamente esercitato il potere di qualificare la domanda, avendo osservato che “nel caso di specie è stata promossa opposizione all’esecuzione e non già un’opposizione agli atti esecutivi; tale qualificazione è del tutto evidente, esaminando le ragioni di doglianza dell’opponente” (pag. 3).

Pertanto, in ossequio al principio sopra citato, l’I.N.P.S. era onerata di proporre appello, anzichè ricorso per cassazione.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Poichè la parte vittoriosa non ha svolto attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè l’ente ricorrente deve essere condannato al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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