Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11536 del 06/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/06/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 06/06/2016), n.11536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16509/2014 proposto da:

D.C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E SIACCI

4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO BENINCASA giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 148/52/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 20/03/2013, depositata il 09/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

La CTR di Napoli ha respinto l’appello di D.C.M. contro la sentenza n. 182/08/2010 della CTP di Caserta che aveva già respinto il ricorso del contribuente ad impugnazione di avviso di accertamento per maggiore IRPEF relativa all’anno 2003, avviso consequenziale a quello emanato nei confronti della società “Giada sas” ai fini della tassazione (“per trasparenza”) dei maggiori redditi imputabili ai fini IRPEF anche ai soci dei maggiori ricavi accertati in capo alla menzionata società, nella quale la D. C. era stata socia con quota del 50%.

La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem” ad elementi di fatto risultanti da altri documenti (allegati o riprodotti nelle parti essenziali), quali nella specie l’altro avviso di accertamento riferito alla anzidetta società.

Quanto al merito, la CTR osservava che la documentazione prodotta dalla menzionata società nella causa alla stessa relativa non consentiva di superare il dato incontrovertibile della mancanza, nel registro dei beni della ICC srl, dei mezzi che sarebbero stati noleggiati alla società “Giada sas”. Neppure la documentazione bancaria prodotta in atti consentiva di ricondurre con certezza i movimenti “ai pagamenti effettuati in favore della ICC srl”.

La contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’Agenzia non si è difesa se non con costituzione finalizzata a conservare la facoltà di partecipare all’udienza di discussione.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il primo motivo di censura (improntato alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, assorbente rispetto agli altri) la parte ricorrente si duole in sostanza dell’omessa pronuncia, da parte del giudice del merito e in controversia caratterizzata da litisconsorzio necessario tra le parti, sulla questione dell’integrazione del contraddittorio.

Il motivo di impugnazione appare fondato ed è preliminare rispetto anche all’esame della fondatezza della eccezione di illegittimità dei provvedimenti impugnati, siccome risulta manifesto che il giudice di appello non ha affatto provveduto sulla questione relativa al necessario contraddittorio tra soci e società.

Ed invero, l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra i predetti soggetti, avrebbe imposto al giudicante di sollevare d’ufficio la questione, indipendentemente dall’espressa censura di parte.

Infatti, con nota pronuncia che ha determinato il cambiamento di un risalente indirizzo giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008), questa Corte ha avuto modo di evidenziare che:

“In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”.

Poichè è pacifico che nella specie qui in esame il contraddittorio non sia stato integrato – nei confronti dei restanti soci e della società in relazione al reddito della quale dovrà essere stabilito il reddito da partecipazione imputabile alla parte qui ricorrente – e poichè non risulta ricorrere nella specie di causa il presupposto esonerativo considerato da questa Corte nella sentenza n. 14815/2008, in ossequio al principio sopra richiamato non resta che annullare la pronuncia qui impugnata e rimettere la controversia al giudice di primo grado (la CTP di Caserta), affinchè quest’ultima provveda al rinnovo di tutta la procedura irritualmente esperita, previa l’integrazione del contradditorio nei confronti delle altre parti necessarie.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 10 dicembre 2015.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite posso essere compensate in relazione ai gradi di merito ed al giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, provvedendo sul ricorso, annulla la decisione impugnata e rinvia alla CTP di Caserta che, in diversa composizione e previa integrazione del contraddittorio tra le parti necessarie, provvederà nuovamente sul ricorso introduttivo. Spese di lite integralmente compensate.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2016

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