Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11533 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. II, 25/05/2011, (ud. 11/03/2011, dep. 25/05/2011), n.11533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

UNIVERSAL DIAMOND s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del

ricorso, dagli Avvocati PUCCI Pietro Carlo e Simona Ricci,

elettivamente domiciliata in Roma, via Riccardo Grazioli Lante n. 9,

presso lo studio del primo;

– ricorrente –

contro

STUDIO PANESI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 539 del 2009,

depositata il 15 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11 marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, il quale nulla ha osservato rispetto alla

relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che Universal Diamond s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza parziale con la quale il Tribunale di Massa, in accoglimento della domanda di Studio Panesi s.r.l., ha disposto il trasferimento a quest’ultima, previo pagamento del residuo prezzo, del compendio immobiliare promesso in vendita dalla Universal Diamond s.r.l. con preliminare del 26 novembre 1999;

che l’appellante ha sostenuto che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto la perdurante operatività del preliminare nonostante proprio Studio Panesi s.r.l. avesse comunicato, con raccomandata del 29 gennaio 2002, la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto, di cui aveva intimato l’adempimento entro dieci giorni con l’avvertenza che, in difetto, il contratto avrebbe dovuto considerarsi risolto;

che ha resistito al gravame Studio Panesi s.r.l. e la Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 15 maggio 2009, ha rigettato il gravame;

che, richiamato il contenuto della clausola contrattuale, la Corte d’appello ha ritenuto che la stessa non fosse riconducibile all’art. 1456 cod. civ., perchè si riferiva in modo ampio a tutte le obbligazioni nascenti dal contratto e perchè la formulazione della stessa aveva reso necessaria un’espressa diffida ad adempiere; prova questa della mancanza dell’effetto di risoluzione automatica che la clausola di cui al citato art. 1456, comma 2, ricollega alla semplice dichiarazione della parte interessata all’esatto e tempestivo adempimento dell’obbligazione;

che, per altro verso, ha osservato la Corte d’appello, la richiesta di adempimento contenuta nella lettera del 29 gennaio 2002 non poteva essere equiparata alla diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 cod. civ., giacchè con detta lettera Studio Panesi s.r.l. chiese di dare esecuzione agli obblighi assunti e di stipulare il definitivo, riservandosi di optare in prosieguo, a fronte di un persistente inadempimento, per la risoluzione del preliminare;

che, del resto, ha osservato ancora la Corte territoriale, la richiesta di adempimento è incompatibile solo con il già intervenuto esperimento dell’azione giudiziale di risoluzione; non è invece preclusiva di una successiva domanda di adempimento la merci dichiarazione unilaterale della parte di ritenere il contratto risolto;

che rientrava, quindi, nella discrezionalità esclusiva della promissaria, acquirente la scelta di avvalersi della diffida ad adempiere rimasta priva di esito positivo e di chiedere in giudizio la risoluzione del preliminare, oppure di rinunciarvi e di agire ex art. 2932 cod. civ.;

che la cassazione di questa sentenza è richiesta da Universal Diamond s.r.l. sulla base di un unico complesso motivo; l’intimata non ha svolto attività difensiva;

che la ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alle seguenti circostanze: se la clausola contrattuale fosse o no una clausola risolutiva espressa; se, in caso affermativo, l’averla invocata determinasse la risoluzione di diritto e la conseguente impossibilità di chiedere in un momento successivo l’adempimento; se la raccomandata del 29 gennaio 2002 costituisse una diffida ad adempiere e, in caso affermativo, se essa operasse di diritto la risoluzione del vincolo contrattuale; se la richiesta della promissaria acquirente pur non determinando una risoluzione di diritto del preliminare, avesse comunque precluso, ex art. 1457 cod. civ., di chiedere in un momento successivo l’adempimento;

che, secondo la ricorrente, l’interpretazione che della clausola e della raccomandata ha dato la Corte d’appello sarebbe contraria alle evidenze documentali perchè in realtà nella citata raccomandata la Studio Panesi s.r.l. aveva definito la clausola contrattuale come clausola risolutiva espressa e aveva dichiarato di volersene avvalere e di ritenere risolto il contratto;

che la ricorrente formula, quindi, i seguenti quesiti di diritto:

“1) se, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1453, 1456 e 1457 c.c.,. la predetta clausola risolutiva espressa abbia efficacia risolutoria di diritto e pertanto, dopo averla Studio Panesi s.r.l.

invocata stragiudizialmente e aver dichiarato l’intervenuta risoluzione del predetto contratto, possa successivamente chiedere in giudizio l’adempimento; 2) se, ai sensi dell’art. 1454 c.c., la predetta diffida ad adempiere produca, l’effetto di risolvere di diritto il predetto contratto; 3) se, ai sensi dell’art. 1457 c.c., allo spirare del termine di dieci giorni concesso per l’adempimento da Studio Panesi s.r.l. a Universai Diamond s.r.l. nella predetta raccomandata del 29.1.2002, senza che Studio Panesi s.r.l. avesse comunicato a Universal Diamond s.r.l. la mutata volontà nel termine di tre giorni, determini la risoluzione del contratto preliminare di diritto”;

che, ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta la prevista relazione, depositata il 22 dicembre 2010, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(..) Il ricorso è inammissibile.

La ricorrente, invero, svolge le proprie sintetiche argomentazioni senza dare conto delle ragioni in base alle quali la Corte d’appello ha esplicitamente escluso che la clausola contrattuale fosse una clausola risolutiva espressa e la lettera raccomandata del 29 gennaio 2002 non precludesse la successiva richiesta in sede giudiziaria della domanda di adempimento. E’ noto che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati (…). La denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass., n. 4178 del 2007; Cass., n. 13777 del 2007, in motivazione; Cass., n. 15604 del 2007).

Orbene, il motivo di ricorso in esame non risponde ai requisiti ora richiamati, giacchè, da un lato, non evidenza violazione di regole di ermeneutica contrattuale; dall’altro, non esplicita le ragioni per le quali la Corte d’appello ha ritenuto di individuare il significato della clausola contrattuale e della lettera raccomandata non precludessero la successiva proposizione della domanda di adempimento ex art. 2932 cod. civ., sarebbero contraddittorie. La Corte d’appello, del resto, sulla base del significato che ha ritenuto dovesse essere attribuito agli indicati atti, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in tema di proponibilità della domanda di adempimento pur dopo la diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 cod. civ. (Cass., n. 6891 del 2005) Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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