Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11530 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, nei cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

S.E.P.A. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta delega in calce al controricorso,

dall’Avv. CREMISINI Lelio, elettivamente domiciliata nel relativo

studio in Roma, Via Domenico Millelire, 6;

– intimata –

avverso la sentenza n. 127/13/2006 della Commissione Tributaria

Regionale di Milano – Sezione n. 13, in data 12/07/2006, depositata

il 02 ottobre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24 marzo 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il P.M., Dott. SORRENTINO Federico.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 29505/2007 R.G., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 127/13/06, pronunziata dalla C.T.R. di Milano, Sezione n. 13, il 12.07.2006 e DEPOSITATA il 02 ottobre 2006.

Con tale decisione, la Commissione di merito, ha rigettato l’appello della Agenzia delle Entrate, ritenendo che la stessa avesse tardivamente esercitato la pretesa fiscale.

2 – L’impugnazione di che trattasi, che riguarda cartella di pagamento, relativa all’IRPEF dell’anno 1995, si articola in due mezzi, con cui si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia, nonchè violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25 e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 43.

3 – L’intimata società, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

4 – La preliminare di rito, sollevata con il controricorso, non può trovare ingresso in questa sede, trattandosi – come puntualizzato dalla stessa Agenzia (pag. 3 rigo 7 e seg.ti) di eccezione, relativa a questione legata da un rapporto di pregiudizialità logico- giuridica a quella decisa, già sollevata davanti al Giudice di primo grado, dallo stesso implicitamente rigettata, cui in appello era stata fatta acquiescenza e che, pertanto, non può essere riproposta per saltum in sede di legittimità, ostandovi il giudicato interno (Cass. 20143/2005, n. 8851/2001, n. 9823/99).

4 bis – Considerato che il primo motivo non può essere condiviso, sia alla stregua del principio secondo cui il vizio di omessa pronuncia non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto (Cass. n. 3403/2004), sia pure in base al principio secondo cui l’azione sottesa a contestare la pretesa fiscale può essere svolta dal contribuente, indifferentemente nei confronti dell’Ente creditore o del Concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass. n. 16412/2007).

4 ter – Considerato, altresì, che anche il secondo mezzo appare privo di fondamento, in base al principio per cui “in tema di riscossione delle imposte sui redditi, il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 156 – dando seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 280 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 25 -, ha fissato, al comma quinto bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il D.Lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (Cass. n. 4745/2006, n. 1435/2006, n. 16826/2006).

Considerato che con le precitate sentenze è stato, pure, precisato che la norma, di chiaro ed inequivoco valore transitorio, trova applicazione, come tale, non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle ancora sub iudice.

Considerato, che l’impugnata decisione appare in linea con i principi e con il quadro normativo, venutosi a delineare a seguito delle modifiche apportate, alle previgenti disposizioni di legge in materia, dal sopravvenuto del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, convertito in L. n. 156 del 2005.

Considerato che la CTR ha rigettato l’appello dell’Agenzia rilevando, fra l’altro, che la notifica della cartella di pagamento doveva essere effettuata la pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, e quindi – trattandosi di dichiarazione relativa all’anno 1996 per redditi dell’anno 1995 – entro il 31 dicembre 2001, mentre la stessa era avvenuta, tardivamente, il 19.06.2003.

5 – Ciò posto e considerato, si propone, dunque, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., la trattazione del ricorso in camera di consiglio e, in applicazione dello ius superveniens e dei richiamati principi, il relativo rigetto per manifesta infondatezza.

Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

Considerato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori;

Visti il ricorso, il controricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato;

Considerato che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro tremilacento, di cui Euro cento per spese vive ed Euro tremila per onorario, oltre contributo, spese generali ed accessori di legge, mentre quelle delle fasi di merito, avuto riguardo all’epoca del consolidarsi degli applicati principi, vanno compensate;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Agenzia al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro tremilacento, come da parte motiva; compensa quelle dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

 

 

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