Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11518 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. I, 30/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15979/2019 proposto da:

S.M., domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Almiento;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/1/2021 dal cons. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M., cittadino nigeriano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Lecce, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto la istanza intesa al riconoscimento, in via principale, dello status di rifugiato, in subordine della protezione sussidiaria ovvero della protezione umanitaria (cfr.pag.1 decreto), e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e/o falsa applicazione di una “norma giuridica sostanziale o processuale… per avere il Tribunale mutato illegittimamente il rito rispetto allo strumento processuale ex art. 702 bis c.p.c. (monocratico) utilizzato dal ricorrente e l’applicazione del rito il D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis (collegiale) disposta dal Tribunale”, sebbene la domanda del ricorrente fosse stata “senza equivoco alcuno modulata solo ed esclusivamente ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3”; 2) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 e della mancata applicazione dell’onere probatorio attenuato avendo il decidente ricusato l’accesso alla misura invocata sul rilievo di aspetti secondari del racconto del ricorrente e senza valutarne le difficili condizioni personali; 3) della nullità dell’impugnato provvedimento per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, non avendo il decidente proceduto all’esame del ricorrente; 4) della nullità dell’impugnato provvedimento non avendo il decidente ottemperato al dovere di cooperazione istruttoria acquisendo informazioni e documenti rilevanti ex Cass. S.U. n. 27310/2008 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8 e risultando il provvedimento viziato da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e dall’omessa valutazione sulla situazione epidemica in atto nel paese (febbre di Lassa; 5) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, anche in relazione al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 349, art. 28 alla L. 14 luglio 2017, n. 110, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria, quantunque non possa essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, e sia vietata l’espulsione dello straniero quando possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o vi possa correre gravi rischi; 6) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 8 CEDU, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo il decidente pronunciato il predetto rigetto in punto di protezione umanitaria senza considerare il percorso integrativo ed il livello di integrazione raggiunto dal richiedente nel nostro paese ed astenendosi dall’operare la comparazione tra la sua condizione attuale e quella cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.

Memoria del ricorrente ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

E’ in contrario assorbente il principio che “nella vigenza del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d), e comma 4, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, prima della modifica introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 3, lett. a), conv. con modif. dalla L. n. 132 del 2018, sulla domanda di protezione umanitaria la competenza per materia appartiene alla sezione specializzata del tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario ovvero secondo il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis ss. c.p.c., tuttavia quando il ricorrente per sua scelta abbia cumulato la domanda di protezione umanitaria con quelle aventi per oggetto lo “status” di rifugiato o la protezione sussidiaria, assoggettate allo speciale rito camerale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, egli non può poi dolersi della mancata pronuncia di inammissibilità della domanda di protezione umanitaria, in applicazione del divieto di “venire contra factum proprium” di cui all’art. 157 c.p.c., comma 3, secondo il quale la nullità non può mai essere opposta dalla parte che vi ha dato causa” (Cass., Sez. I, 30/01/2020, n. 2120).

Nè alla regolazione della vicenda in applicazione dell’affermato principio è opponibile l’argomento enunciato nel motivo non essendo esso debitamente suffragato in punto di autosufficienza, poichè a fronte dell’afferenza del procedimento anche alla materia della protezione internazionale, risultante dalle motivazioni adottate dal Tribunale, la contraria allegazione che il ricorso avrebbe ad oggetto “senza equivoco alcuno” ed “esclusivamente” la richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari non è accompagnata dalla riproduzione del relativi passaggi del relativo ricorso introduttivo (del tutto inidonea a tal fine essendo la tardiva allegazione di tale documento alla memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 9), sicchè essa, non soddisfacendo il precetto dell’autosufficienza del ricorso, anche alla luce delle ragioni già altrove chiarite da questa Corte (Cass., Sez. VI-I, 22/07/2020, n. 22284), non merita alcun seguito.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

Premesso che il Tribunale, pur dando atto dell’inverosimiglianza del racconto reso dal richiedente, ha decretato il rigetto della protezione umanitaria evidenziando l’insussistenza in capo al richiedente di fattori di vulnerabilità utilmente valutabili, nonchè l’inconsistenza dell’allegazione afferente alla pretesa integrazione sociale raggiunta nel nostro paese, la declinata censura, a mezzo della quale si allega che la credibilità delle dichiarazioni del richiedente la protezione non possa essere esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni dell’esposizione dei fatti su aspetti secondari e isolati, non esaurisce la totalità delle rationes decidendi alla radice degli enunciati tribunalizi che sviluppano l’argomento della non credibilità del ricorrente solo ad colorandum.

La censura non si confronta perciò con tutte le ragioni della decisione sicchè il ricorrente, per i noti principi già affermati da questa Corte (Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118), difetta di interesse alla sua disamina.

4. Il terzo motivo di ricorso è privo di pregio.

E’ principio stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 5973). Si è peraltro ancora precisato, nel confermare il principio de quo, che l’audizione non si rende necessaria “a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass., Sez. I, 7/10/2020, n. 21584), circostanze queste che nella specie il motivo omette di indicare.

5. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

La doglianza circa la mancata spendita, da parte del Tribunale, dei poteri istruttori officiosi è del tutto generica ed è intesa unicamente a sollecitare una rivalutazione del quadro fattuale.

Il Tribunale, pur dando atto della minaccia alla sicurezza interna del paese di provenienza legata alla presenza jidahista, ha tuttavia osservato alla stregua delle fonti informative internazionali che essa riguarda prevalentemente le regioni del Nord del paese, escludendo che il grado delle violenze che caratterizzano l’area di provenienza del richiedente (Edo State), imputabile ad un elevata attività criminale, “raggiunga un livello così elevato da comportare per i civili per la sola presenza nell’area in questione il concreto rischio di vita o ai sensi delle lett. a), b) e c) del medesimo art. 14”, in tal modo intendendo rappresentare, anche alla luce degli elementi estrapolabili dalla disciplina della protezione sussidiaria, l’insussistenza nella specie delle condizioni legittimanti l’accesso alla protezione umanitaria.

A fronte di siffatto giudizio la doglianza si rivela del tutto astratta poichè reitera in modo generico e non pertinente argomenti e considerazioni privi di ogni accento critico rispetto alle ragioni della decisione e ha finalità meramente rivalutative.

La doglianza motivazionale non si palesa di alcuna consistenza, posto che il provvedimento impugnato è debitamente e logicamente motivato, e non evidenzia perciò il lamentato contrasto tra affermazioni irriducibili, avendo invero il Tribunale disatteso le istanze richiedenti a mezzo di argomentazioni che escludono motivatamente la ricorrenza nella specie delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria.

La doglianza afferente all’omesso esame del fatto epidemico non si allinea al parametro normativo evocato, dovendo invero escludersi che in essa possa ravvisarsi l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, trattandosi, piuttosto, di profilo istruttorio, tanto più che il Tribunale non ha fatto mancare al riguardo il proprio giudizio, dando atto, alla stregua delle informazioni risultanti dai siti internazionali, del favorevole decorso dell’epidemia.

6. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso, anch’essi esaminabili congiuntamente per unitarietà delle censure, sono inammissibili.

Il Tribunale ha osservato che la generica violazione dei diritti fondamentali nel Paese di origine, individuabile alla radice delle declinate contestazioni non trova riscontro sulla base del racconto reso “in una condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani fondamentali” che possa giustificare l’allontanamento dal paese di origine, in questo contesto rilevando inoltre che, pur trovandosi nel territorio nazionale da tempo, non risulta che il richiedente abbia conseguito una sufficiente integrazione sociale nel nostro paese, non documentando neppure una regolare posizione lavorativa.

La trascritta motivazione mette, dunque, in primo luogo in evidenza, l’insussistenza di fattori di vulnerabilità, inerenti alla mancanza, nel paese di origine, delle condizioni minime che garantiscano al richiedente un’esistenza dignitosa, tale da esporre lo stesso al rischio della privazione dei diritti fondamentali. E sotto questa angolazione rimarca correttamente la lacunosità della prospettazione richiedente in punto di allegazione, poichè il procedimento azionato con la domanda di asilo, pur comportando un’attenuazione dell’onere probatorio, non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808).

Nè l’istante può far leva sulle condizioni del paese di provenienza, dato che la situazione di vulnerabilità deve necessariamente correlarsi alla sua vicenda personale, diversamente finendo per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto col parametro normativo evocato (Cass., Sez. VI-I, 2/04/ 2019, n. 9304); cosi come del resto non è di per sè decisivo, alla luce delle considerazioni esternate dal decidente che evidenziano senza contestazioni l’insussistenza di “decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale”, il dato costituito dal livello di integrazione nel nostro paese (Cass., Sez. U, 13/11/2019, n. 29459).

7. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

8. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della I sezione civile il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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