Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11516 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. I, 15/06/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 15/06/2020), n.11516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6226/2018 proposto da:

Sicep s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via delle Medaglie

d’oro 113, presso lo studio dell’avvocato Sanguedolce Patrizia,

rappresentata e difesa dall’avvocato Rondini Giovanni, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F. Ingegneria s.p.a. in amministrazione straordinaria, in

persona dei Commissari Straordinari pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, p.za Cola Di Rienzo 92, presso lo studio

dell’avvocato Nardone Elisabetta, rappresentata e difesa

dall’avvocato Dominici Fabio, giusta procura in calce al

controricorso;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 750/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.p.a. F., impresa in amministrazione straordinaria dall’aprile 2000, ha convenuto avanti al Tribunale di Perugia la s.r.l. Sicep, per la revoca D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 49 e art. 67 L. Fall. di una serie di pagamenti effettuati con mezzi anormali e di una serie ulteriore di pagamenti.

Con pronuncia depositata nel novembre 2014, il Tribunale ha accolto le pretese attoree.

2.- E’ seguito l’appello avanti alla Corte di Perugia. Che, con sentenza depositata il 12 ottobre 2017, ha respinto l’impugnazione.

3.- Quanto alla sussistenza della scientia decoctionis, la sentenza ha rilevato, in primo luogo, la “pacifica, fino ad assumere rilievo di fatto notorio, condizione di difficoltà in cui versava l’intero gruppo F. considerata la contiguità territoriale del luogo in cui opera l’impresa ((OMISSIS))”.

Ha inoltre sottolineato, tra l’altro, la “”specialità” con cui è stata attenzionata la commessa in questione”, che, per questo, “non poteva non passare inosservata alla Sicep”. “Nel caso in esame si registra un arresto delle forniture in mancanza di pagamento e la ripresa fino alla conclusione dei lavori. La Sicep non nega, nè può negare, che la prosecuzione dell’opera è avvenuta sulla base della peculiare attenzione prestata dal committente poichè della F. in quanto tale erano conosciute le difficoltà”.

4.- In punto di anormalità dei pagamenti fatti oggetto di revoca, la Corte territoriale ha rilevato che tale carattere emergeva da “presunzioni e netti argomenti di prova”.

Si tratta, in particolare, di forma di “pagamento delegato alla Fercredit”: “l’intervenuto mutamento delle originarie condizioni contrattuali (da rimessa diretta a mandato di pagamento a Fercredit) induce ad attribuire al sistema approntato il carattere e la consistenza di uno strumento anomalo per effettuare i pagamenti e che riproduce la fattispecie di cui all’art. 67, comma 1, n. 2 L. Fall.”. “Elemento confermativo della anomalia e della consapevolezza della Sicep” – si aggiunge – “sta nel successivo documento n. 57 del 26.3.1999 con cui, dopo 8 giorni, si delega il pagamento di L. 250.000.000 alla Fercredit perchè secondo gli accordi si è ritenuto… non opportuno far passare i fondi per i canali ordinari; ciò fa ragionevolmente ritenere che, senza acquisire questa sicurezza, la Sicep non avrebbe dato seguito, nè avrebbe completato la procedura”.

5.- Avverso il provvedimento della Corte umbra ricorre la s.r.l. Sicep, affidandosi a un motivo di cassazione.

Resiste, con controricorso, la procedura.

6.- Il ricorrente ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- Secondo quanto dichiarato dal ricorrente, il motivo è stato “articolato in due titoli” e “in sei sub-motivi”, che sono stati svolti secondo un'”unica trattazione progressiva”, in ragione della assunta loro “stretta correlazione”.

Nei fatti, i due “titoli” sono rispettivamente intestati: “omesso, insufficiente e contraddittorio esame sul fatto decisivo della controversia della inscientia decoctionis in capo alla Sicep s.r.l.”; “violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, n. 2 e comma 2 L. Fall.”. A loro volta, i sei “sub-motivi” risultano intestati nei seguenti termini: “sui fatti omesi o erroneamente e non adeguatamente esaminati”; “i punti essenziali della motivazione oggetto di impugnazione”; “i due bonifici non erano anormali -inscientia decoctionis”; “tutti gli altri pagamenti erano normali mancata prova a carico della procedura della scientia decoctionis”; “i molteplici indizi sull’effettiva inscientia decoctionis; “conclusioni e giurisprudenza sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 67, commi 1 e 2, L. Fall. Cassazione senza rinvio”.

8.- Nel concreto del suo svolgimento, il motivo di ricorso si snoda lungo gli enunciati qui di seguito riferiti.

8.1.- “La prima erronea interpretazione e conseguente motivazione riguarda i due bonifici… a seguito della spontanea adesione della F. Ingegneria al mero sollecito di pagamento della Sicep a mezzo di due semplici solleciti (eseguiti con mere raccomandate a.r.)”: secondo la sentenza questi pagamenti sono “avvenuti grazie al versamento “anomalo” effettuato dalla Fercredit, mentre da parte Sicep, si afferma che siano avvenuti, come è vero, grazie a due bonifici normalissimi dal conto corrente della F. al conto corrente della Sicep”.

8.2.- “La seconda erronea interpretazione riguarda la importante circostanza che i detti due pagamenti erano i primi della fornitura della Sicep e che quest’ultima dopo quei pagamenti non aveva sospeso alcuna attività cautelare o esecutiva, perchè si era limitata a inviare un semplice sollecito e niente di più”.

8.3.- “Non vi è prova di nessun mandato a Fercredit, nè di nessun accordo tra le parti, perchè – sottolineiamo – il pagamento è stato spontaneo da c/c ( F.) a (Sicep). Vi è “contraddittorietà, insufficienza ed errore nell’esame dell’intero fatto pacifico, sia sulla interpretazione della natura dei due primi bonifici (se anomali o no), che degli indizi al fine di acclarare, secondo la consolidata giurisprudenza, se ricorreva o meno la effettività della scientia decoctbnis”.

8.4.- Diversamente da quanto affermato nella sentenza della Corte di Appello, i bonifici de quibus non realizzavano una sorta di ipotesi di delegazione, ma piuttosto si deve dire che invece raffigurano una semplicissima ipotesi di una operazione di finanziamento dei crediti (interno tra Finanziaria Fercredit e F.) che la finanziaria interna della stessa Ferrovie dello Stato, committente principale, aveva eseguito sui primi crediti in corso di scadenza”.

8.5.- “Secondo la Suprema Corte, la conoscenza (dello stato di insolvenza) deve essere effettiva, per cui la richiesta effettività non si concilia con l’affermato “sospetto” che Sicep avrebbe dovuto avere per tutta la durata del contratto che altrimenti aveva un’esecuzione regolare”.

8.6.- Nella realtà, i giudici del merito avrebbero dovuto rilevare che “il disegno delle F. di mascherare le sue reali condizioni economiche aveva raggiunto lo scopo del premio di accelerazione e soprattutto lo scopo che le fornitrici e, tra esse, la Sicep fossero rimaste nella più assoluta inscientia decoctionis”.

8.7.- “La ricorrente Sicep non poteva conoscere lo stato di decozione perchè altrimenti non avrebbe firmato il contratto di fornitura de quo nell’ottobre 1998″; ” F. ha saputo ben mascherare il suo stato di crediti con le banche anche per tutto il 99 avendo ottenuto finanziamenti per 47 miliardi di lire”; il cantiere in cui forniva Sicep era proseguito in maniera più che regolare”; “vi era stata volontà (sconosciuta alla Sicep) della F. di pagare regolarmente i fornitori di quel cantiere”; F. eseguiva un pagamento normale entro appena 10 giorni circa dal ricevimento del sollecito”; “tutti gli altri successivi pagamenti fino al saldo erano stati regolari (assegni bancari) “temporalmente tempestivi”; “dal bilancio delle F. al 31.12.98 e dalla relazione sulla sua gestione al 30.06.98 emergeva un quadro generale che denotava grandi e prestigiose aspettative”.

8.8.- I giudici del merito avrebbero dovuto valutare che le circostanze esterne e concrete erano tali da far ritenere, a un imprenditore di ordinaria prudenza e avvedutezza, che la F. si trovasse in una situazione normale di esercizio di impresa”.

9.- Il ricorso è inammissibile.

Lo stesso viene a richiedere una nuova valutazione degli elementi materiali della fattispecie concreta, a più riprese valutando come errata, insufficiente e contraddittoria la motivazione concretamente posta in essere dalla sentenza della Corte di Perugia.

E’ noto, peraltro, che l’attuale versione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 non ammette più la rilevazione, nel giudizio di legittimità, del c.d. vizio di motivazione. Nell’attuale struttura normativa risulta ammesso solo il vizio di omesso esame di fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti.

Il concreto svolgimento di un motivo ascritto a tale vizio suppone, comunque, l’individuazione e isolamento del fatto storico che si assume non essere stato considerato; l’indicazione delle ragioni specifiche e concrete per cui l’esame dello stesso risulterebbe decisivo; l’indicazione, altresì, degli atti e dei modi in cui – nei precedenti gradi del processo – l’omesso fatto decisivo è stato introdotto nel contesto del giudizio.

Il ricorso non risponde a tali pur necessari presupposti, limitandosi ad affastellare circostanze, cose, allegazioni e valutazioni. Nulla in particolare segnala – la constatazione si manifesta immediata – il “dove” e il “come” il ricorrente avrebbe introdotto, nei gradi del merito, le evenienze di cui, oggi, viene a lamentare una mancata considerazione.

10.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 5.600.00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 1 5 % e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma del comma 1 bis dell’art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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