Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11512 del 15/06/2020
Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 15/06/2020), n.11512
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18890-2019 proposto da:
J.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ANDREA PIZZINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA;
– intimato –
avverso il decreto n. R.G. 2603/2018 del TRIBUNALE di TRENTO,
depositato il 07/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Vella
Paola.
Fatto
RILEVATO
che:
1. il Tribunale di Trento ha rigettato le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, proposte dal cittadino ghanese J.S., di religione cristiana ed etnia Dagarti, il quale dichiarava di essere fuggito dal Ghana (regione Upper-West) dopo essere rimasto ferito in violenti scontri tra il gruppo Dagarti cui apparteneva e un gruppo di etnia Gonja, di religione musulmana, da cui temeva di essere ucciso in caso di rimpatrio;
2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, mentre l’intimato non ha svolto difese;
3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
4. con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2,8 e art. 27 comma 1-bis, “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5)”, per avere il tribunale erroneamente ritenuto l’occasionalità e sporadicità del pericolo cui sarebbe esposto il ricorrente in caso di rimpatrio – posto che “l’insubordinazione e la ribellione dei Dagarti contro l’ordine tradizionale imposto dai Gonja concretizza un atto illegale che prevede, di regola, la pena capitale” (v. rapporto Amnesty International 2017-18) – il quale darebbe invece vita ad una situazione di violenza indiscriminata che giustifica l’invocata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c);
4.1. il motivo è inammissibile, poichè, al di là della sua rubrica, afferisce alle valutazioni di merito effettuate dal tribunale, il quale, dopo aver riscontrato specifiche incongruenze temporali e geografiche nel racconto del ricorrente (v. pag. 6 del decreto), ne ha rilevato altresì la genericità quanto ai rischi subiti e ai pericoli paventati (trattandosi di scontri etnici risalenti all’anno 2014), dando atto che da fonti qualificate e aggiornate “in tempo pressochè reale” (quale il sito viaggiaresicuri.it del Ministero degli esteri) non risulta “in essere alcun conflitto di carattere etnico o razziale localizzato nella Upper-West Region, nè in altre aree del territorio ghanese”;
4.2. di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito come sia “inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019);
5. con il secondo mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, sempre “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5)”) per avere il tribunale trascurato la documentazione prodotta dal ricorrente (limitandosi a definirla irrilevante), la sua integrazione sociale in Italia (anche ai fini della valutazione comparativa con le condizioni di vita in caso di rientro in Ghana) e il lungo periodo trascorso a lavorare in Libia;
5.1. la censura soffre delle medesime ragioni di inammissibilità rilevate per il precedente motivo, limitandosi a contrapporre generiche deduzioni alle valutazioni di merito del tribunale in punto di protezione umanitaria (Cass. Sez. U, 34476/2019; Cass. 24155/2017, 22707/2017, 6587/2017, 195/2016), peraltro senza rispettare il canone dell’autosufficienza, se si considera che nel decreto impugnato si discorre della allegazione di altre circostanze ai fini della pretesa vulnerabilità del ricorrente (quali “il sovraffollamento delle carceri in Ghana e la sua condizione di analfabetismo”);
5.2. il motivo è poi del tutto fuori centro con riguardo alla permanenza in Libia, avendo questa Corte più volte segnalato che il transito in un paese diverso da quello di origine rileva solo se il ricorrente alleghi, sulla base di specifiche circostanze, di aver subito eventi traumatici tali da ingenerare una condizione di vulnerabilità rilevante ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (ex Cass. 4455/2018, 2861/2018, 13858/2018, 29875/2018, 13096/2019), mentre nel caso di specie nessuna allegazione in tal senso è rinvenibile nel ricorso;
6. alla inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese processuali, in assenza di difese della parte intimata;
7. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. Sez. U, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020