Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11512 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.10/05/2017),  n. 11512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11271-2016 proposto da:

D.F.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato LUCA BONIFAZI;

– ricorrente –

contro

DE.FE.RI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 54,

presso lo studio dell’Avvocato SIRO UGO VINCENZO BARGIACCHI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

DE.FE.BR., DE.FE.FR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1223/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/02/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere ALBERTO GIUSTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza n. 949 del 2005, in accoglimento della domanda di De.Fe.Ri. nei confronti dei fratelli L., Fr. e De.Fe.Br. (rimasti contumaci in primo grado), ha dichiarato la parte attrice proprietaria per intervenuta usucapione dell’immobile sito in (OMISSIS);

che la Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 24 febbraio 2016, ha dichiarato inammissibile l’appello di D.F.L., per non avere questa ottemperato nel termine di legge assegnato dalla Corte ad integrare il contraddittorio;

che – a tal fine – la Corte d’appello ha rilevato che, con ordinanza collegiale del 10 giugno 2009, l’appellante era stata autorizzata, su sua richiesta, a rinnovare la notificazione dell’atto di appello nei confronti dell’appellata De.Fe.Br., atteso che quella effettuata per mezzo del servizio postale non poteva dirsi perfezionata, mancando l’avviso di ricevimento;

che – ha proseguito la Corte distrettuale – all’udienza successiva la parte appellante non ha depositato la nuova notifica, chiedendo fissarsi udienza per la precisazione delle conclusioni, nè, al momento della decisione, risulta allegato in atti l’appello rinotificato con allegato il verbale autorizzativo;

che la Corte di Roma ha poi precisato che si tratta all’evidenza di procedimento che vede quali litisconsorti necessari tutte le parti del giudizio di primo grado, formalmente comproprietarie del fabbricato nel quale, all’ultimo piano (frutto di sopraelevazione), si trova l’appartamento in ordine al quale è stata dichiarata l’usucapione in favore della parte attrice De.Fe.Ri.;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello De.Fe.Lu. ha proposto ricorso, con atto notificato il 2 maggio 2016;

che la sola De.Fe.Ri. ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che la ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Considerato che va innanzitutto affermata la validità della instaurazione del procedimento camerale dinanzi all’apposita sezione, giacchè la proposta notificata in data 14 marzo 2017 contiene l’indicazione della ipotesi prefigurata (manifesta infondatezza del ricorso), in conformità di quanto richiesto dal novellato (ad opera della L. 25 ottobre 2016, n. 197, di conversione del D.L. 31 agosto 2016, n. 168) art. 380-bis c.p.c.;

che in materia di procedimento di legittimità, il citato art. 380-bis c.p.c. non prevede che la “proposta” del relatore di trattazione camerale possa e debba essere motivata, potendo essa contenere sommarie o schematiche indicazioni, ritenute dal presidente meritevoli di segnalazione alle parti, al momento della trasmissione del decreto di fissazione della camera di consiglio, al fine di una spontanea e non doverosa agevolazione nell’individuazione dei temi della discussione, senza che possa riconoscersi un loro corrispondente diritto (Cass., Sez. 6-3, 22 febbraio 2017, n. 4541);

che il primo motivo denuncia violazione degli artt. 115, 291, 331 c.p.c. e art. 87 disp. att. c.p.c., per avere il giudice di appello dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione per omessa notifica dell’atto di citazione in appello ad una delle controparti nel termine perentorio assegnato, nonostante l’appellante avesse effettivamente provveduto all’incombente, e senza disporre la ricerca dei documenti mancanti nè la ricostruzione del fascicolo;

che il motivo è manifestamente infondato;

che infatti, nell’ipotesi in cui sia disposta l’integrazione del contraddittorio, la parte appellante ha l’onere di fornire la prova dell’avvenuta notifica nel termine fissato, altrimenti il giudice deve dichiarare l’appello inammissibile;

che dal motivo di ricorso non risulta che l’appellante D.F.L. abbia provveduto a dare dimostrazione di avere ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’appellata De.Fe.Br. producendo il relativo atto all’udienza, facendo verbalizzare la relativa circostanza, o depositandolo in cancelleria;

che in mancanza di ciò, non constando quando e come sia avvenuto il rituale deposito dell’atto di appello rinotificato, la Corte d’appello non aveva alcun onere di disporre la ricerca del documento o la ricostruzione del fascicolo;

che il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 115, 132, 276 e 331 c.p.c. per essere stato dichiarato il litisconsorzio necessario di una parte senza la prova agli atti del processo, sia di primo che di secondo grado, della titolarità del diritto di proprietà sul bene conteso e nella specie della sua qualità di erede, risultando la motivazione assolutamente priva di motivazione;

che il motivo è inammissibile, perchè contesta per la prima volta in cassazione i presupposti di fatto alla base della qualità di litisconsorte necessario di De.Fe.Br., in una fattispecie nella quale, nei gradi di merito, non è mai stata posta in dubbio la detta qualità, essendo costei stata convenuta in giudizio, risultando formalmente comproprietaria del fabbricato oggetto della richiesta di usucapione e avendo la stessa appellante chiesto di essere autorizzata a rinnovare la notifica nei suoi confronti;

che pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

che ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), applicabile ratione imporli. (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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