Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11511 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 15/06/2020), n.11511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18841-2019 proposto da:

J.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato NICOLETTA MARIA MAURO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 4460/2018 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 17/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Vella

Paola.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Lecce ha rigettato le domande di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ovvero umanitaria, proposte dal cittadino gambiano J.A., il quale dichiarava di essere fuggito dal Gambia nel 2015 (pervenendo in Italia nel 2017) e di temere di farvi rientro non già a causa dei due arresti subiti quale manifestante contro il presidente Jammeh (stante il mutamento della situazione socio-politica) bensì a “in ragione di sortilegi che alcuni familiari (…) invidiosi dei suoi successi scolastici, avevano fatto contro di lui”;

2. il ricorrente ha proposto un unico motivo di ricorso per cassazione, mentre l’intimato non ha svolto difese;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il ricorrente lamenta l’omessa valutazione di fatti decisivi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, segnatamente la mancata considerazione – ai fini della ritenuta esclusione di condizioni di vulnerabilità – “che in Gambia permane un clima generale di instabilità, insicurezza, violenza diffusa ed indiscriminata, nonchè una grave compromissione delle libertà dell’individuo”, oltre che “una percentuale di disoccupazione giovanile dell’80% non chè un altissimo tasso di povertà”;

5. la censura è inammissibile in quanto non rispetta il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (ex plurimis Cass. 17247/2006, 18587/2014), qui non rispettati, non risultando assolto l’onere del ricorrente di indicare – ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020), restando esclusa la possibilità di denunziare in questa sede la mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. U, 33017/2018);

6. la censura è altresì del tutto generica, ai fini della protezione umanitaria essendo necessario “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 23778/2019, 1040/2020) e al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte, pur ribadendo che “l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, hanno tuttavia precisato che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il 91.10 livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza” (Cass. Sez. U, nn. 29459, 29460, 29461 del 2019; Cass. 4455/2018, 630/2020).

6.1. ai fini di una simile verifica – effettuabile dal giudice anche esercitando i propri poteri istruttori officiosi – risulta “necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei perchè da essi possa desumersi che il suo rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. 27336/2018, 8908/2019, 17169/2019).

7. alla inammissibilità del ricorso non segue la statuizione sulle spese, in assenza di difese della parte intimata; sussistono però i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. Sez. U, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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