Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11510 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. I, 30/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 683/2019 proposto da:

E.C., domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Almiento;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 31.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/1/2021 dal cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.C., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con cui il Tribunale di Lecce, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto le istanze intese al riconoscimento delle misure della protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della nullità dell’impugnato provvedimento per violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 non avendo il decidente proceduto all’esame del ricorrente; 2) della nullità dell’impugnato provvedimento, non avendo il decidente ottemperato al dovere di cooperazione istruttoria acquisendo informazioni e documenti rilevanti ex Cass. S.U. n. 27310/2008 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8 e risultando il provvedimento viziato da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e dall’omessa valutazione sulla situazione epidemica in atto nel paese (febbre di Lassa); 3) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 avendo il decidente denegato l’accesso alla misura della protezione sussidiaria malgrado il paese di origine fosse caratterizzato da una condizione di violenza indiscriminata; 4) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19 anche in relazione al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 349, art. 28 alla L. 14 luglio 2017, n. 110 e all’art. 10 Cost. e art. 3 CEDU avendo il decidente parimenti denegato l’accesso alla misura della protezione umanitaria, quantunque non possa essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario e sia vietata l’espulsione dello straniero quando possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o vi possa correre gravi rischi; 5) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 8 CEDU, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo il decidente pronunciato il predetto rigetto in punto di protezione umanitaria senza considerare il percorso integrativo ed il livello di integrazione raggiunto dal richiedente nel nostro paese ed astenendosi dall’operare la comparazione tra la sua condizione attuale e quella cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.

Memoria del ricorrente ex art. 380-bis1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo di ricorso non ha pregio.

E’ principio stabilmente invalso nella giurisprudenza di questa Corte che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Cass., Sez. I, 28/02/2019, n. 5973). Si è peraltro ancora precisato, nel confermare il principio de quo, che l’audizione non si rende necessaria “a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass., Sez. I, 7/10/2020, n. 21584), circostanze queste che nella specie il motivo omette di indicare.

3. Il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati insieme, sono inammissibili.

La doglianza circa la mancata spendita, da parte del Tribunale, dei poteri istruttori officiosi, cui si salda la contestazione declinata con il terzo motivo di ricorso, è del tutto generica ed è intesa a sollecitare unicamente una rivalutazione del sottostante quadro fattuale. A fronte invero delle fonti informative menzionate nel decreto, in ragione delle quali il Tribunale ha ritenuto di poter affermare che “nel sud della (OMISSIS) non si rilevano conflittualità tali da giustificare la concessione della protezione sussidiaria, non essendo presente una violenza indiscriminata e diffusa sul territorio di interesse”, l’istante non indica quali altre diverse fonti informative avrebbero potuto indirizzare diversamente il responso tribunalizio, sicchè la doglianza ha solo valenza meritale.

La doglianza motivazionale non si palesa di alcuna consistenza, posto che il provvedimento impugnato è debitamente e logicamente motivato e non evidenzia perciò il lamentato contrasto tra affermazioni irriducibili, avendo invero il Tribunale disatteso le istanze richiedenti a mezzo di argomentazioni che, pur non trascurando l’emergere di tensioni politico-sociali legate allo sfruttamento delle ricchezze petrolifere, escludono motivatamente che esse mettano, tuttavia, capo all’ipotesi della violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

La doglianza afferente all’omesso esame del fatto epidemico non si allinea al parametro normativo evocato, dovendo invero escludersi che in essa possa ravvisarsi l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, trattandosi, piuttosto, di profilo istruttorio su cui il Tribunale non ha fatto mancare il proprio giudizio, dando atto, alla stregua delle informazioni risultanti dai siti internazionali, del favorevole decorso dell’epidemia.

4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, anch’essi esaminabili congiuntamente per unitarietà delle censure, sono infondati.

Il Tribunale ha osservato che la generica violazione dei diritti fondamentali nel Paese di origine, individuabile alla radice delle declinate contestazioni “non trova riscontro in una condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani” che possa giustificare l’allontanamento dal paese di origine ed ha rilevato che riguardo alla vita trascorsa in Italia “il ricorrente nulla ha dedotto sul punto”, non rappresentando perciò alcun fattore di stabile radicamento nel nostro paese, valutabile alla stregua dell’art. 8 CEDU.

La trascritta motivazione mette, dunque, in primo luogo in evidenza, l’insussistenza di fattori di vulnerabilità, inerenti, segnatamente, alla mancanza, nel paese di origine, delle condizioni minime che garantiscano al richiedente un’esistenza dignitosa, tale da esporre lo stesso al rischio della privazione dei diritti fondamentali. E sotto questa angolazione rimarca correttamente la lacunosità della prospettazione richiedente in punto di allegazione, poichè il procedimento azionato con la domanda di asilo, pur comportando un’attenuazione dell’onere probatorio, non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808). Lacunosità a cui non può porre rimedio l’accento posto sulle condizioni del paese di provenienza, dato che la situazione di vulnerabilità deve necessariamente correlarsi alla sua vicenda personale, diversamente finendo per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto col parametro normativo evocato (Cass., Sez. VI-I, 2/04/ 2019, n. 9304).

Nè alcun peso, alla luce delle considerazioni esternate dal decidente che evidenziano l’insussistenza senza contestazioni di “decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale”, riveste il dato, peraltro meramente asserito dal ricorso, costituito dal livello di integrazione sociale nel nostro paese (Cass., Sez. U, 13/11/2019, n. 29459).

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

 

 

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