Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11505 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 15/06/2020), n.11505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17882-2019 proposto da:

K.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI VILLARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE per il riconoscimento della protezione

internazionale di PALERMO;

– intimata –

avverso il decreto 5489/2018 del TRIBUNALE di MESSINA, depositato il

02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Vella

Paola.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Messina ha rigettato le domande di riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria proposte dal cittadino bangladese K.A., il quale dichiarava di essere fuggito dal Bangladesh per le difficoltà economiche della propria famiglia e di non potervi fare ritorno per timore delle pressioni subite dai suoi familiari per la restituzione del prestito contratto per allontanarsene;

2. il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre gli intimati non hanno svolto difese;

3. a seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. b), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, nonchè l’omesso esame del fatto decisivo relativo al rischio per il ricorrente di subire le ritorsioni degli usurai con i quali la sua famiglia aveva contratto l’ingente prestito necessario per consentirgli di fuggire dal suo Paese, tenuto conto della mancata protezione all’uopo fornita dalle istituzioni bangladesi;

4.1. il motivo è inammissibile, poichè trascura la preliminare ratio decidendi del tribunale circa la non credibilità del racconto del ricorrente – in quanto privo di qualsivoglia allegazione, nonchè ricco di lacune e contraddizioni – che integra valutazioni di merito non adeguatamente censurate in questa sede (ex multis, Cass. 5114/2020, 21142/2019, 3340/2019, 32064/2018, 30105/2018, 27503/2018, 16925/2018);

5. con il secondo mezzo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè l’omesso esame del fatto decisivo del soggiorno in Libia, erroneamente ritenuto paese di mero transito;

5.1. la censura è infondata, in quanto il transito in un paese diverso da quello di origine (nel caso di specie la Libia) rileva solo se il ricorrente alleghi, sulla base di specifiche circostanze, di aver subito eventi traumatici tali da ingenerare una condizione di vulnerabilità rilevante ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (ex multis, Cass. 4455/2018, 2861/2018, 13858/2018, 29875/2018, 13096/2019), mentre nel caso di specie le allegazioni del ricorrente sono del tutto generiche (avendo egli semplicemente “raccontato di essere stato picchiato e di avere dovuto contrarre, per poter lasciare la Libia, un nuovo e maggiore debito con gli usurai”);

6. il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per essere stato completamente omesso il giudizio comparativo/valutativo sulla vulnerabilità del ricorrente, alla luce degli “standard minimi per una vita dignitosa” in Bangladesh e del suo percorso di studio e inserimento sociale in Italia;

6.1. il motivo è inammissibile perchè generico, a fronte della motivazione del tribunale circa il mancato assolvimento dell’onere dell’istante “di dedurre specificamente le lesioni alla sfera dei propri diritti personalissimi” nonchè la mancanza di prova “di un grado adeguato di integrazione sociale in Italia”, anche alla luce dei progressi compiuti nel Bangladesh per la “riduzione del tasso di povertà”, il tutto sulla base di valutazioni di merito non adeguatamente sindacate in questa sede (Cass. Sez. U, 34476/2019; Cass. 24155/2017, 22707/2017, 6587/2017, 195/2016);

7. al rigetto del ricorso non segue la statuizione sulle spese, in assenza di difese di tutte le parti intimate;

8. sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019; Cass. Sez. U, 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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