Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11503 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 15/06/2020), n.11503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19078-2019 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO BONATESTA;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80014130928 COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA SEZIONE DI

FORLI’-CESENA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 2386/2019 depositato il 22-05-2019 il Tribunale di Bologna ha respinto il ricorso di D.M., cittadino del Senegal, avverso il provvedimento della Commissione Territoriale di Bologna- Sezione Forlì-Cesena- con cui era dichiarata inammissibile, in quanto reiterata, la sua domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale. Il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente, con la reiterazione della domanda, non avesse addotto nuovi elementi, nè una nuova situazione, ulteriore e diversa, rispetto a quella in precedenza valutata, nè una differente situazione del Paese di origine con riguardo alla zona di provenienza. Il Tribunale ha, di conseguenza, ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Senegal, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “violazione del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3) e sub 5)”. Deduce che la valutazione di attendibilità è stata effettuata in spregio alla norma citata, senza un idoneo supporto motivazionale e senza alcuna verifica della compatibilità del racconto con le fonti esterne e internazionali, con particolare riferimento alla effettiva possibilità di violenze poste in essere dal gruppo dei Tidjani.

2.1.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2, e art. 14, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3”. Assume che gli sia stato negato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza effettuare alcuna verifica sulle condizioni della regione di appartenenza, ma semplicemente sulla base del giudizio di inattendibilità della vicenda personale.

2.2.Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ” (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32) in relazione all’art. 360 comma 1 sub 3 c.p.c.”. Ad avviso del ricorrente è stata negata la protezione umanitaria senza effettuare alcuna verifica sulla regione di appartenenza, con particolare riferimento alle violenze poste in essere dai Tidjani nei confronti di persone di etnia diversa, senza considerare la vulnerabilità del richiedente per le sue condizioni socio culturali, nonchè senza la valutazione del suo inserimento sociale. Si duole della mancata considerazione, da parte del Tribunale, della circostanza, posta alla base della nuova domanda di protezione, relativa all’attacco subito dai suoi famigliari ed alla fuga di questi ultimi da quel territorio, reputando erroneamente i Giudici di merito come false le dichiarazioni rese anche in relazione alla mancanza di contatti con la famiglia, mentre detta circostanza era compatibile con una fuga repentina dal villaggio.

2.3. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3”. Deduce che la Commissione aveva deciso senza nemmeno conoscere le ragioni del richiedente, dato che non lo aveva sentito, e senza considerare gli elementi nuovi forniti dal medesimo ed esposti nel procedimento di primo grado e ripropone la doglianza di errata valutazione di inattendibilità delle nuove circostanze addotte.

3. Sono inammissibili i motivi primo, secondo e quarto, da esaminare congiuntamente per la loro connessione.

Le suddette censure, formulate sub specie del vizio di violazione di legge e del vizio motivazionale, sono attinenti al giudizio di credibilità ed alla valutazione della situazione del Paese di origine del ricorrente e si risolvono nella prospettazione di una ricostruzione fattuale difforme da quella accertata dal Tribunale (Cass. n. 3340/2019). I Giudici di merito hanno esaminato le nuove ragioni addotte, dopo aver proceduto all’audizione personale del richiedente, ed hanno escluso, con adeguata motivazione (Cass. n. 8053/2014), la sussistenza di nuovi elementi, oppure di una nuova situazione, ulteriore e diversa, rispetto a quella in precedenza valutata, oppure di una diversa situazione del Paese di origine, con riguardo alla zona di provenienza. In dettaglio il Tribunale ha esaminato le nuove dichiarazioni del ricorrente e ne ha ravvisato, spiegando le ragioni, la non credibilità per incoerenza ed implausibilità, in base ai criteri di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 5. Se il racconto è inattendibile, non deve attivarsi il potere istruttorio ufficioso, ai fini del riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) (Cass. n. 14283/2019), ed è apprezzamento di fatto, censurabile solo nei limiti precisati da questa Corte (Cass.n. 30105/2018), anche la valutazione della situazione generale del Paese, che, nel caso di specie, è stata descritta compiutamente dal Tribunale, con indicazione delle fonti di conoscenza.

Le doglianze si sostanziano, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico delle forme di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

3. Anche il terzo motivo è inammissibile.

Occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Il ricorrente adduce di essere soggetto vulnerabile perchè perseguitato nel suo Paese, in contrasto con l’accertamento di fatto del Giudice di merito di cui è detto, senza allegare situazioni individualizzanti (Cass. n. 9304/2019). Deduce altresì di essere integrato nel territorio italiano, ma il fattore dell’integrazione sociale e lavorativa diventa recessivo in assenza di vulnerabilità (Cass. S.U. 29459/2019 citata; Cass. n. 4455/2018).

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la tardiva costituzione del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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