Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11503 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.10/05/2017),  n. 11503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18473-2015 proposto da:

IREN SPA, (già ENIA SPA, già TESA – TECNOLOGIA, ENERGIA, SERVIZI,

AMBIENTE PIACENZA SPA), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 271,

presso lo studio dell’avvocato COSTANTINO TESSAROLO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante, in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA

29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

ESTER ADA SCIPLINO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO e ANTONINO SGROI;

– resistente –

e contro

EQUITALIA CENTRO SPA, AGENTE RISCOSSIONE REGIONI TOSCANA, EMILIA

ROMAGNA, SARDEGNA, ABRUZZO, UMBRIA e MARCHE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 52/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto i (riuniti) ricorsi in opposizione dell’odierna ricorrente (all’epoca denominata TESA – tecnologia, Energia Servizi Ambiente Piacenza s.p.a. e, quindi, ENIA s.p.a.) avverso le cartelle esattoriali aventi ad oggetto crediti INPS per contributi dovuti a titolo di cigs, cigo, mobilità e disoccupazione, e dichiarato la sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società sulla base di quattro motivi;

2.1. che l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI s.p.a. (Società di cartolarizzazione dei crediti INPS), ha depositato procura;

2.2. che Equitalia Centro s.p.a. è rimasta intimata;

2.3. che parte ricorrente ha depositato memoria;

Considerato:

3. che il primo motivo di ricorso, nella parte in cui, deducendo plurime violazioni di legge, censura la decisione impugnata per avere ritenuto dovuti i contributi per cigs e cigo e il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 16 per avere la sentenza impugnata ritenuto dovuto il contributo di mobilità, sono manifestamente infondati alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., tra le altre, Cass. ord. n. 9185 del 2015, seni n. 14847 del 2009, n. 5816 del 2010, n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318, n. 27513 del 2013, n. 14089, n. 13721 del 2014) la quale ha ripetutamente affermato che le società a capitale misto (tra le quali, per come pacifico, è annoveratile la società odierna ricorrente) aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni; che non scalfisce la validità delle su esposte considerazioni l’entrata in vigore del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali;

4.1 che, non scalfisce la validità delle su esposte considerazioni l’entrata in vigore del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali;

4.2 che, in particolare, come chiarito da Cass. n. 7332 del 2017, ciò che sembra dirimente è che, in ogni caso, abbia o meno natura innovativa il disposto del D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10 asserzione quest’ultima già confutata da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, secondo cui non è dato inferire dall’art. 10, su citato e dall’art. 20 D.Lgs. cit. – che definisce il campo di applicazione delle norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale senza far riferimento alle imprese a capitale in parte o totalmente pubblico – che in precedenza le società a capitale misto non erano soggette alla contribuzione per cassa integrazione ordinaria e straordinari) -, l’intervento successivo operato dal legislatore con la legge di stabilità del 2015 ha comunque ripristinato il D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, espressamente escluso dalla disposizione abrogatrice contenuta nell’art. 46;

4.3 che, pertanto, dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico;

4.4. che il primo motivo di ricorso, nella parte in cui deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere il giudice di appello reso una motivazione per relationem in maniera difforme da come consentito, è manifestamente infondato, in quanto il giudice di appello ha indicato gli estremi delle pronunce di merito richiamate, dando atto che si trattava di decisioni adottate in contenzioso identico a quello oggetto del presente giudizio; ha inoltre richiamato, a confutazione delle ragioni poste con il primo motivo di appello, le pronunce di legittimità che avevano escluso il diritto all’esonero contributivo per le società a capitale misto;

4.5. che, pertanto, la motivazione risulta quindi conforme alle prescrizioni di legge alla luce dell’insegnamento di questa Corte, secondo il quale, quando la motivazione richiama un orientamento giurisprudenziale consolidato, riportando anche le massime in cui esso si è espresso, la motivazione deve ritenersi correttamente esposta da tale richiamo, che rinvia – in evidente ossequio al principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che giustifica ampiamente la mancata ripetizione delle argomentazioni di un orientamento giurisprudenziale consolidato, ove condivise dal giudicante e non combattute dal litigante con argomenti nuovi appunto alla motivazione risultante dai provvedimenti richiamati, sicchè il dovere costituzionale di motivazione risulta adempiuto “per relationem”, per essere detta motivazione espressa in provvedimenti il cui contenuto è conoscibile. (v. tra le altre, Cass. n. 13708 del 3.7.2015);

5. che il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui, deducendo violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1827 del 1935, art. 40 comma 1, n. 2 e del D.P.R. n. 818 del 1957, art. 36 nonchè dell’art. 51 ccnl Federgasacqua del 17.11.1995 e del Protocollo 11.3.2002 allegato al ccnl 10.3.2002 Federgasacqua, nonchè degli artt. 43 ccnl Federambiente del 22.5.2003, censura la decisione per avere ritenuto che le clausole pattizie della contrattazione collettiva di diritto comune non possono ricomprendersi fra “le norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico” del personale, di cui al D.P.R. n. 818 del 1957, art. 36 non ritenendole idonee a determinare il requisito) della stabilità è manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito che, non essendo ricomprese le clausole pattizie di cui alla contrattazione collettiva di diritto comune fra le “norme regolanti lo stato giuridico e il trattamento economico”, l’eventuale stabilità d’impiego garantita da detta contrattazione collettiva non potrebbe di per sè condurre all’esenzione contributiva in difetto di domanda di accertamento al riguardo da parte del datore di lavoro e di conseguente riconoscimento di detta stabilità da parte dell’Autorità amministrativa competente (ex plurimis, Cass. ord. n. 9185 del 2015 Cass. n. 18455 del 2014, n. 8022 del 2013; n. 24524 del 2013; n. 20818 del 2013);

5.2. che l’ulteriore deduzione con la quale si sostiene l’errore della sentenza impugnata per avere escluso la stabilità di impiego anche per il periodo antecedente a quello, decorrente dal 21 novembre 2007, riconosciuta con D.M. 15 aprile 2008, non è sorretta dall’autosufficiente riferimento agli atti e documenti di causa posti a base del motivo, avendo, in particolare, parte ricorrente omesso di specificare il contenuto dell’invocato D.M. e di indicare la sede di relativa produzione nell’ambito del giudizio di merito (non essendo idonea a soddisfare tale requisito il mero rinvio agli atti di causa (v. ricorso pag. 19);

5.3. che questa Corte ha ripetutamente affermato che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. tra le altre, Cass. n. 26174 del 2014); che il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento e il secondo mediante trascrizione o riassunto nel ricorso del suo esatto contenuto (Cass. n. 2861 del 2014, n. 2427 del 2014, n. 2966 del 2011). In altri termini, occorre non solo che la parte precisi dove e quando il documento asseritamente ignorato dai primi giudici o da essi erroneamente interpretato sia stato prodotto nella sequenza procedimentale che porta la vicenda al vaglio di legittimità; ma al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. n. 761 del 2014, n. 24448 del 2013, n. 22517 del 2013), occorre altresì che detto documento ovvero quella parte di esso su cui si fonda il gravame sia puntualmente riportata nel ricorso nei suoi esatti termini (Cass. n. 748 del 2014, n. 15634 del 2013);

5.4. che l’inosservanza anche di uno soltanto di questi oneri viola il precetto di specificità di cui al citato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e rende il ricorso conseguentemente inammissibile (Cass. n. 14216 del 2013, n. 23536 del 2013, n. 23069 del 2013, n.. 26174 del 2014);

6. che il quarto motivo di ricorso con il quale si deduce violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater e L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, per avere il giudice di appello condannato essa 1società al pagamento dell’ulteriore contributo previsto dall’art. 1 quater, pur essendo i ricorsi di primo grado stati depositati nell’anno 2004 è manifestamente infondato in quanto dal chiaro disposto della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 17 e 18 si evince che, ai fini della sussistenza dell’obbligo di pagamento al doppio del contributo unificato, occorre avere riguardo alla data di instaurazione del giudizio di impugnazione e non a quello di primo grado, conseguendone la inconferenza del riferimento alla data di instaurazione dei giudizi di primo grado, posta a base della censura;

6. che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

7. che non si fa luogo al regolamento delle spese di lite, essendosi l’INPS limitato al deposito della procura di lite, senza svolgere attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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