Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11501 del 12/05/2010
Cassazione civile sez. I, 12/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11501
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
O.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via S. Tommaso
d’Aquino 108, presso l’avv. FALBO Giovanni, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Fallimento dell’Impresa F.lli Proietti s.p.a. in persona del
curatore;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1526/04 del
29.3.2004.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
4.3.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 23.11.1981 e 26.4.1982 il fallimento della Impresa Fratelli Proietti s.p.a. promuoveva azione di responsabilità nei confronti dei due amministratori O.L. e M.C. che si erano succeduti nel tempo, chiedendo la loro condanna solidale al pagamento di somma corrispondente al passivo accertato.
I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda, il giudizio veniva sospeso, essendo pendente processo penale per i reati di bancarotta fraudolenta, documentale e preferenziale, e quindi riassunto con atto del 7/8.2.1995 dopo la definizione del giudizio penale, concluso con sentenza del tutto liberatoria (assoluzione perchè il fatto non sussiste) per la bancarotta fraudolenta, con sentenza di estinzione del reato per amnistia per la bancarotta semplice (così derubricata l’originale imputazione di bancarotta fraudolenta), con sentenza di estinzione del reato per prescrizione per la bancarotta preferenziale.
Il tribunale, accogliendo la domanda, condannava i convenuti al pagamento di L. 5.250.000.000, con decisione che veniva impugnata dall’ O. e dal fallimento di M., nel frattempo intervenuto, e quindi confermata dalla Corte di Appello di Roma.
In particolare la Corte Territoriale, disattese le eccezioni pregiudiziali di tardività della riassunzione e della mancata autorizzazione da parte del giudice delegato all’esercizio dell’azione di responsabilità, riteneva nel merito che non fossero ravvisabili profili di responsabilità con riferimento ai fatti contestati in relazione all’imputazione di bancarotta fraudolenta, mentre diversamente doveva dirsi per gli addebiti posti a base della bancarotta preferenziale, rispetto ai quali era emerso che il M. aveva incassato due assegni di complessive L. 256.773.000 tratti sul conto corrente intestato alla società ed O., analogamente, aveva riscosso un assegno di L. 58.785.043.
Le giustificazioni addotte al riguardo – secondo la Corte territoriale – sarebbero poi risultate sfornite di prova e comunque, anche a voler dar credito all’assunto degli appellanti, i prelievi sarebbero risultati illegittimi mancando l’autorizzazione dell’organo deliberante della società.
Avverso la decisione O. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui non resisteva il fallimento intimato.
La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 4.3.2010.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il solo motivo di impugnazione O.L. ha denunciato vizio di motivazione per il fatto che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare la normativa di cui all’art. 652 c.p.p. (che attribuisce efficacia di giudicato all’accertamento circa l’insussistenza del fatto o alla circostanza che l’imputato non lo ha commesso nel giudizio civile promosso dal danneggiato), nonchè il dato relativo alla posizione egemone nell’ambito societario del P., che avrebbe escluso la corresponsabilità di altri soggetti.
Quanto infine all’acquisizione da parte sua di L. 58.765.043, si sarebbe trattato di restituzione di somma precedentemente anticipata, operazione fra l’altro compiuta quando esso ricorrente non rivestiva cariche sociali.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile.
Ed infatti l’art. 365 c.p.c., impone, a pena di inammissibilità, che il ricorso per cassazione sia sottoscritto da avvocato iscritto in apposto albo munito di procura speciale, per tale dovendosi intendere quella conferita con specifico riferimento alla fase e grado del processo da instaurare innanzi alla Cassazione, sulla base di una puntuale valutazione della decisione da impugnare.
Nella specie viceversa il ricorso è stato proposto in virtù di mandato apposto a margine dell’atto di appello, come d’altra parte riconosciuto dallo stesso ricorrente nel preambolo del ricorso, sicchè il ricorso risulta inammissibile.
Nulla va infine disposto in ordine alle spese processuali, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010