Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11501 del 10/05/017

Cassazione civile, sez. VI, 10/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.10/05/2017),  n. 11501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4159-2015 proposto da:

IREN EMILIA SPA, in persona dell’amministratore delegato e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA SILVAGNA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante, in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEL CREDITI

INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

EMANUELE DE ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO e LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 800/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che la Corte di appello di Bologna, pronunziando sull’appello di Iren Emilia s.p.a., ha confermato la decisione di primo grado di rigetto del ricorso della società inteso all’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo contributivo per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, per cassa integrazione e per mobilità di cui alle note di rettifica ed agli avvisi bonari emessi dall’istituto previdenziale ed, in accoglimento della domanda riconvenzionale di quest’ultimo, ha condannato la opponente al pagamento dei contributi, oltre sanzioni ed accessori;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Iren Emilia s.p.a. sulla base di due motivi;

2.1. che l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI s.p.a. (Società di cartolarizzazione dei crediti INPS), ha resistito con tempestivo controricorso;

2.2. che parte ricorrente ha depositato memoria;

Considerato:

3. che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, rappresentato dalla necessaria continuità del servizio pubblico erogato dalla ricorrente, con conseguente impossibilità di questa di accedere agli ” ammortizzatori sociali” di cui alla contribuzione pretesa dall’INPS ed il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3 e alla L. n. 223 del 1991, art. 7, commi 1 e 16 e art. 16, comma 1 sono manifestamente infondati alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., tra le altre, Cass. ord. n. 9185 del 2015, sent n. 14847 del 2009, n. 5816 del 2010, n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318, n. 27513 del 2013, n. 14089, n. 13721 del 2014) la quale ha ripetutamente affermato che le società a capitale misto (tra le quali, per come pacifico, è annoverabile la società odierna ricorrente) aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità;

3.1. che, in particolare, è stato ritenuto che non può incidere, a questi fini, la definizione di “organismo di diritto pubblico” dettata dall’ordinamento comunitario, in materia di servizi pubblici, nella quale sono compresi gli organismi dotati di personalità giuridica – finanziati dallo Stato o da enti pubblici o la cui gestione è sottoposta al controllo pubblico – istituiti per soddisfare specifiche finalità di interesse generale “non aventi carattere industriale o commerciale” (cfr. direttiva cee n. 50 del 1992, cit., recepita con D.Lgs. n. 157 del 1995), poichè la materia qui in esame riguarda esclusivamente le imprese “industriali” degli enti pubblici o dello Stato ai fini della esenzione dai contributi per la cassa integrazione e la mobilità (così Cass. n. 5816 del 2010 e Cass., n. 20818 del 2013,.; v. pure Cass. sez. Un., n. 5491 del 2014);

3.2. che, non scalfisce la validità delle su esposte considerazioni l’entrata in vigore del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali;

3.3. che, infatti, come chiarito da Cass. n. 7332 del 2017, ciò che sembra dirimente è che, in ogni caso, abbia o meno natura innovativa il disposto del D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10 asserzione quest’ultima già confutata da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, secondo cui non è dato inferire dall’art. 10, su citato e dall’art. 20 D.Lgs. cit. – che definisce il campo di applicazione delle norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale senza far riferimento alle imprese a capitale in parte o totalmente pubblico – che in precedenza le società a capitale misto non erano soggette alla contribuzione per cassa integrazione ordinaria e straordinari) -, l’intervento successivo Operato dal legislatore con la legge di stabilità del 2015 ha comunque ripristinato il D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3 espressamente escluso dalla disposizione abrogatrice contenuta nell’art. 46;

3.4. che, pertanto, dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico;

3.5. che in base alle considerazioni che precedono, applicato l’art. 360-bis c.p.c., n. 1, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

4. che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione all’INPS delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 9.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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