Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1150 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 19/01/2011), n.1150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27390/2008 proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI 36, presso

lo studio dell’avvocato CATAUDELLA Antonino, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MANTEGNA ALESSANDRI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

D.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN GODENZO

59, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE AIELLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato BONDI’ Giuseppe, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1041/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/07/2008 R.G.N. 1130/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16.5.2003 il Tribunale di Palermo ha respinto la domanda proposta in data 17.12.1997 da D.B., dipendente dell’Enel spa, inquadrato nella categoria B/1 del ccnl del settore con qualifica di “addetto commerciale”, volta ad ottenere l’accertamento del proprio diritto ad essere inquadrato nella categoria A/SS ovvero, in subordine, nella categoria A/1S con decorrenza dal 21.6.1994 e con condanna dell’Enel spa al pagamento delle conseguenti differenze retributive, oltre accessori di legge.

La sentenza è stata riformata dalla Corte d’Appello di Palermo che, in accoglimento del gravame interposto dal D., ha dichiarato il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nella categoria A1 dal 21.9.1994 condannando l’Enel Distribuzione spa, già Enel spa, a corrispondergli le relative differenze retributive dal 21.6.1994, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di entrambi i gradi.

Ha ritenuto la Corte d’Appello che le mansioni svolte dal ricorrente, siccome emerse dalla prova testimoniale, rientrassero effettivamente tra quelle “di concetto con funzioni direttive” ovvero tra quelle “rilevanti per il contenuto specialistico che implichino responsabilità di identico livello”, proprie della categoria A1.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’Enel Distribuzione spa, affidandosi ad un unico motivo cui resiste con controricorso il D..

L’Enel ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso l’Enel denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., nonchè omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, sull’assunto che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto della necessità che, ai fini dell’applicazione dell’art. 2103 c.c., l’assegnazione alle mansioni superiori si protragga per il periodo indicato dalla stessa norma (e cioè per il periodo fissato dai contratti collettivi e comunque per un periodo superiore tre mesi).

2.- La censura è infondata. Come risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, la Corte d’Appello, nel riconoscere il diritto del ricorrente all’inquadramento nella categoria A1, si è rigorosamente attenuta al costante insegnamento della S.C. secondo cui l’attribuzione al lavoratore della qualifica corrispondente alle mansioni svolte deve avvenire seguendo un procedimento logico articolato in tre fasi successive, occorrendo accertare in fatto le attività concretamente svolte dal lavoratore, individuare poi la qualifica rivendicata e le mansioni alla stessa riconducibili secondo la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, e verificare infine che le prime corrispondano a queste ultime (cfr. ex plurimis Cass. 5128/2007, Cass. 18214/2006, Cass. 3069/2005, 17561/2004, Cass. 5942/2004).

E’ stato ulteriormente precisato che, ai fini della determinazione dell’inquadramento spettante al lavoratore alla stregua delle qualifiche previste dalla disciplina collettiva, il giudice del merito deve dapprima identificare le qualifiche o categorie, interpretando le disposizioni collettive secondo i criteri di cui all’art. 1362 c.c., e segg.; deve poi accertare le mansioni di fatto esercitate e deve infine confrontare le categorie o qualifiche così identificate con le mansioni svolte in concreto dal lavoratore. Di queste, mentre la prima operazione logica può essere censurata in sede di legittimità anche per violazione dei canoni ermeneutici anzidetti, le altre due operazioni logiche, che attengono ad apprezzamenti di fatto, sono censurabili solo per vizi di motivazione, escluso peraltro che entrambe le censure possano fondarsi sulla mera deduzione da parte del ricorrente di un convincimento opposto a quello del giudice di merito (Cass. 26234/2008, Cass. 26233/2008, Cass. 17896/2007, Cass. 11037/2006, Cass. 2174/99, Cass. 9874/98, Cass. 5899/91).

Nella specie, la Corte territoriale ha accertato, con motivazione logica ed esauriente, che il lavoratore è stato adibito per oltre un anno, ovvero per tutto il periodo dal giugno 1994 al settembre 1995, a mansioni di rilevante contenuto specialistico, con responsabilità di livello pari a quello degli impiegati con funzioni direttive, e dunque riconducibili alla declaratoria contrattuale della categoria Al (che contempla appunto “le mansioni di concetto con funzioni direttive o mansioni rilevanti per il contenuto specialistico che implichino responsabilità di identico livello”).

Come risulta chiaramente dalla motivazione della sentenza (cfr. in particolare pagg. 10 e 11 della stessa sentenza, laddove si fa riferimento alla attività di “programmazione” dei corsi, ai “contatti” con tutti i NAS del territorio nazionale, alla conduzione dei corsi, alla partecipazione a riunioni organizzative, etc.), la Corte d’Appello ha avuto riguardo, nell’operare il raffronto di cui sopra, al complesso delle mansioni svolte dal ricorrente nel periodo in esame, ritenendo che tutte le suddette mansioni, in quanto evidentemente collegate e strettamente dipendenti le une dalle altre, e non soltanto quelle inerenti alla presenza del lavoratore ai corsi di c.d. primo soccorso, dovessero ritenersi corrispondenti a quelle proprie della categoria A1.

Nella sentenza impugnata, per quanto si è detto, non è dato, quindi, ravvisare la dedotta violazione dell’art. 2103 c.c., nè il vizio di motivazione che viene denunciato, sullo stesso punto, con l’unico motivo di ricorso.

3.- L’impugnazione deve essere pertanto respinta.

4.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro 24,00, oltre Euro 3.000,00 per onorario, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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