Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11499 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 15/06/2020), n.11499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18871-2019 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANNA ROSA ODDONE;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE IN I ERNAZIONALE DI TORINO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 10/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con decreto n. 3078/2019 depositato il 10-05-2019 il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso di A.C., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della relativa domanda da parte della locale Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che la ragione di fuga allegata fosse solo di natura economica e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Nigeria e dell’Enuga State, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3), o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Con il secondo motivo lamenta “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Deduce che il Giudice del merito, ha erroneamente valutato la situazione politica della Nigeria, che assume essere diversa da quella descritta nel decreto impugnato, in ragione della netta prevalenza nel Paese dei musulmani. Ad avviso del ricorrente il Tribunale non ha “globalmente preso in esame gli aspetti più critici della realtà sociale e politica del Paese di provenienza del ricorrente, aspetti che impediscono la formazione di una coscienza civile nei cittadini adeguata alle istanze di cambiamento ed emancipazione dei singoli e del mondo. In caso di specie pare un esempio lampante di tale situazione, che pertanto avrebbe dovuto essere correttamente approfondita, tenendo anche conto della precarietà e della corruttibilità del sistema giudiziario nigeriano”. In base alla fonte che cita (sito internet viaggiare sicuri) nel centro sud e sud est del Paese è elevata l’attività criminale. Adduce il ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto valutare la possibilità di concedergli quanto meno la protezione umanitaria, in considerazione del suo percorso di integrazione in Italia. Inoltre, nella parte intitolata sintesi dei motivi, deduce che “Nessuna considerazione è stata attribuita alle condizioni di salute del ricorrente che in sede di audizione avanti alla Commissione ha enunciato i problemi fisici intervenuti proprio in conseguenza delle vicissitudini patite. L’organizzazione sanitaria nigeriana non consente certamente ai cittadini in difficoltà finanziaria di accedere alle cure e tanto meno alla prevenzione”.

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

3.1. Quanto alla denuncia, comune ad entrambi i motivi, del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte “In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia” (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

Premesso che nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato nel 2012- il decreto impugnato è stato depositato il 10-5-2019 -, la censura di cui trattasi è inammissibile in quanto formulata secondo il paradigma previgente del vizio motivazionale.

3.2. Le doglianze, anche nella parte in cui si denuncia la violazione di legge (primo motivo), sono, in ogni caso e sotto altro profilo, inammissibili per la loro estrema genericità, non contenendo specifici richiami alla ratio decidendi del decreto impugnato e neppure essendo pertinenti alla vicenda personale del richiedente, alla quale sono estranee questioni di appartenenza religiosa, considerata la ragione meramente economica di fuga dal Paese accertata dal Tribunale e non censurata.

3.3.Ugualmente del tutto generica e inammissibilmente diretta ad una ricostruzione fattuale difforme da quella motivatamente effettuata dai Giudici di merito (Cass. n. 30105/2018) è la doglianza relativa alla situazione generale della Nigeria e dell’Enuga State, descritta nel decreto impugnato con indicazione delle fonti di conoscenza, tra le quali è espressamente menzionata anche la medesima fonte richiamata in ricorso (sito internet viaggiare sicuri).

3.4. In ordine al diniego della protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, parimenti non è specificata in ricorso quale sia la condizione di vulnerabilità del ricorrente, che è stata esclusa con motivazione adeguata dal Tribunale, e non sono indicati i fatti il cui esame risulterebbe omesso, anche a voler interpretare la denuncia del vizio motivazionale (secondo motivo) ritualmente formulata secondo il paradigma vigente. Solo nella sintesi dei motivi il ricorrente richiama ragioni di salute non specificate, senza, tuttavia, minimamente confrontarsi con la motivazione del decreto impugnato, secondo cui il ricorrente, in base alle risultanze in atti, gode di buona salute e non presenta problematiche necessitanti di cure eseguibili solo in Italia. Infine, il fattore di integrazione sociale e lavorativa diventa recessivo in assenza di vulnerabilità (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata).

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la tardiva costituzione del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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