Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11498 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. I, 12/05/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 12/05/2010), n.11498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.C. (c.f. (OMISSIS)), A.A.,

S.O., nella qualità di eredi di A.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO 8, presso l’avvocato

DE LUCA MICHELE, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati PIETROSANTI ANGELO, PIETROSANTI MARIO LAURO, PIETROSANTI

LUCA MARIA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI POMEZIA;

– intimato –

sul ricorso 27965-2005 proposto da:

COMUNE DI POMEZIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Commissario

Straordinario Prefettizio pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LATINA 61, presso l’avvocato MAROTTA EDOARDO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.C., A.A., S.O., nella

qualità di eredi di A.A., elettivamente domiciliati

in ROMA, P. LE CLODIO 8, presso l’avvocato DE LUCA MICHELE,

rappresentati e difesi dagli avvocati PIETROSANTI MARIO LAURO,

PIETROSANTI LUCA MARIA, PIETROSANTI ANGELO, giusta procura a margine

del ricorso principale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2592/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e rigetto del ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A., premesso che il Comune di Pomezia aveva assoggettato un terreno di sua proprietà a procedimento di espropriazione definito con Decreto Ablativo emanato dal Presidente della Giunta regionale del Lazio il 20.06.1994, che l’indennità di espropriazione era stata definitivamente determinata nella somma di L. 750.682.000 a seguito di giudicato formatosi nel giudizio di opposizione alla stima amministrativa da lui proposto e deciso con sentenza del 21.09.1998, confermata in questa sede di legittimità, con sentenza n. 14518 del 2000, che il medesimo Comune, con Delib.

Giuntale del 27 agosto 1990, aveva anche deciso l’occupazione quinquennale in via d’urgenza del suo bene, che, inoltre, con sentenza del 3.05.2002 il Tribunale di Roma si era dichiarato incompetente per materia a decidere sulla domanda, da lui introdotta il 20.11.1990, volta ad ottenere la condanna dell’ente locale al pagamento della dovuta indennità da occupazione legittima per il periodo 27.08.1990-27.08.1995, tanto premesso riproponeva la medesima domanda alla Corte di appello di Roma, con atto di citazione notificato il 13.07.2002.

Con sentenza del 18.05-6.06.2005, l’adita Corte di appello, respinta l’eccezione di prescrizione formulata dal convenuto Comune di Pomezia, determinava l’indennità di occupazione legittima in misura pari agli interessi legali sull’indennizzo espropriativo di L. 750.682.000, da convertire in euro, interessi da riferire a ciascun anno o frazione di anno di occupazione d’urgenza, protrattasi dal 27.08.1990 al 20.06.1994, data del decreto ablativo; condannava, pertanto, il suddetto Comune a depositare presso la Cassa DDPP l’importo capitale così determinato, con interessi legali decorrenti dal 13.07.2002, data della domanda giudiziale, nonchè a rifondere le spese di lite.

La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:

– che l’eccezione del Comune, di prescrizione del diritto fatto valere dall’ A., doveva essere disattesa, dal momento che, ai sensi degli artt. 2943 e 2945 c.c., il decorso del relativo termine decennale era stato interrotto nel 1990, quando il medesimo A. si era rivolto al Tribunale di Roma per ottenere dal Comune di Pomezia l’indennizzo di nuovo poi preteso con il presente giudizio, iniziato il 13.07.2002, e che detto effetto interruttivo, passibile di protrarsi sino alla formazione del giudicato, era durato quanto meno sino alla data della sentenza conclusiva d’incompetenza resa dal Tribunale, ossia sino al 3.05.2002 che l’indennità di occupazione legittima poteva essere riconosciuta non per l’intero quinquennio inizialmente previsto ma solo fino al 20.06.1994, data antecedente, di adozione del decreto di espropriazione e conseguentemente di cessazione dell’occupazione.

Avverso questa sentenza C. ed A.A. nonchè S.O., quali eredi di A.A., hanno proposto ricorso per cassazione notificato il 23.09.2005 ed illustrato da memoria. Il Comune di Pomezia ha resistito con controricorso notificato il 2.11.2005 e proposto ricorso incidentale, cui i ricorrenti in via principale hanno resistito con controricorso notificato il 21.11.2005. Il Comune ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

A sostegno del ricorso principale gli A. e la S. denunziano “Violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Si dolgono che i giudici di merito abbiano violato la rubricata disposizione e, comunque, omesso di pronunciarsi sulla proposta domanda di attribuzione degli interessi sull’indennità di occupazione con decorrenza dalla scadenza di ogni annualità al saldo.

Con il ricorso incidentale il Comune di Pomezia denunzia “Violazione dell’art. 2945 c.c.. Erronea motivazione”.

Sostiene che la corte avrebbe dovuto attribuire effetti istantanei e non permanenti alla causa interruttiva della prescrizione, dal momento che il giudizio definito con la sentenza d’incompetenza funzionale non era continuato ma si era estinto, essendo stato proposto un giudizio del tutto nuovo, indipendente da quello originario, che, dunque, non avrebbe potuto essere ritenuto riassunto nel termine semestrale.

Il ricorso incidentale, che in via logica e giuridica esige esame prioritario, è ammissibile ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 2 e art. 366 c.p.c., ben potendosi dal suo contenuto desumere le censure mosse alla sentenza impugnata, ma non fondato. Quando, a seguito di sentenza dichiarativa dell’incompetenza del giudice adito, sia stata posta in essere un’attività processuale astrattamente riconducibile al modello della riassunzione, spetta al giudice davanti al quale la riassunzione stessa sia stata effettuata stabilire se essa, come concretamente attuata, sia tempestiva e, più in generale, risponda ai requisiti di forma e di contenuto necessari perchè si verifichi l’effetto della continuazione del processo davanti al giudice ad quem e sia evitata l’estinzione (cfr. cass. 199701968; in tema cfr cass. 199800974), verifica che nel caso di specie si è evidentemente risolta, seppure per implicito, in senso affermativo. Tale valutazione positiva non appare censurabile per il profilo formale prospettato dal Comune di Pomezia, dal momento che la parte può provvedere alla riassunzione, anzichè con comparsa o ricorso al giudice per la fissazione dell’udienza di prosecuzione, con citazione ad udienza fissa, purchè la stessa possieda tutti i requisiti formali previsti dall’art. 125 disp. att. cod. proc. civ., indispensabili per il raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 50 c.p.c., consistente nel compimento di un atto di parte prima che sia trascorso il termine perentorio entro il quale va promossa la prosecuzione del giudizio – ed in tal caso è sufficiente la notifica alla controparte prima della scadenza del termine medesimo per impedire l’estinzione del processo, come è avvenuto nel caso di specie (in tema, cfr. Cass SU 200727183; 199604394).

Fondato è invece, l’unico motivo del ricorso principale.

Ogni occupazione temporanea e d’urgenza di beni immobili, imposta dall’esigenza di una più celere esecuzione dell’opera dichiarata di pubblica utilità rispetto ai tempi occorrenti per le procedure espropriative ingenera un’obbligazione indennitaria volta a compensare medio tempore, per tutta la durata dello stato di indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento.

Gli interessi dovuti sull’indennità di occupazione legittima, in quanto diretti a compensare il proprietario della mancata disponibilità dei frutti che avrebbe percepito periodicamente, decorrono dalla scadenza di ciascuna annualità trascorsa sino alla cessazione dell’occupazione ((cfr cass. 200920446), quale momento di maturazione del relativo diritto e vanno corrisposti fino alla data dell’adempimento dell’obbligazione principale con il deposito dell’indennità presso la Cassa Depositi e Prestiti. Ai fini dell’attribuzione di tali interessi compensativi si rende irrilevante il fatto che l’indennità di occupazione legittima venga liquidata sulla base del computo degli interessi legali sull’indennità di espropriazione, non valendo l’adozione di un tal criterio a trasformare, in obbligazione di interessi, quella che rimane un’obbligazione di reintegrare il proprietario, rispetto al pregiudizio subito in conseguenza del mancato godimento dell’immobile (in tema, cfr. ex plurimis, cass. 200920446; 200609410; 200605520;

200210535; 199806722).

Accolto, dunque, l’unico motivo del ricorso principale e conseguentemente cassata in parte qua l’impugnata sentenza, ben può procedersi sulle esposte premesse, alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., e, dunque, a statuire che gli interessi legali sull’indennità di occupazione legittima decorrano dalla data di maturazione di ciascuna annualità di occupazione e non da quella successiva del 13.07.2002, come già stabilito dalla Corte distrettuale, confermando nel resto ed anche in ordine al regime delle spese, l’impugnata pronuncia.

Il soccombente Comune di Pomezia va, infine, condannato a rimborsare ai ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, accoglie il principale, cassa in parte qua la sentenza impugnata e pronunciando nel merito, dichiara decorrere gli interessi legali dalla data di maturazione di ciascuna annualità. Condanna il Comune di Pomezia a rimborsare ai ricorrenti in via principale le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge. Conferma nel resto la sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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