Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11494 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. I, 30/04/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 30/04/2021), n.11494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 9662/2016 proposto da:

M.A., M.B., M.B., e M.M., tutte

rappresentate e difese dagli Avv.ti Paolo Piva, e Antonio Andreoli,

anche disgiuntamente, giusta procura speciale in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrenti –

contro

Comune di Montechiarugolo, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, giusta

procura speciale in calce al controricorso, dal Prof. Avv. Giorgio

Pagliari, e dall’Avv. Francesco Braschi, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Viale Parioli,

n. 180;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1691/2015,

pubblicata il 13 ottobre 2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/03/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Bologna ha determinato l’indennità di espropriazione, relativa al terreno di proprietà di Ma.Ma.Ro., M.A., M.B., M.B. e M.M., sito nel Comune di (OMISSIS), di mq 4.228, destinato a parcheggio pubblico, nella somma di Euro 27.500,00.

2. Il giudizio era stato promosso sia dal Comune di Montechiarugolo, che aveva ritenuto eccessiva l’indennità determinata dalla Commissione Provinciale Espropri con verbale n. 6 del 19 gennaio 2010, in Euro 295.960,00, sul presupposto della natura edificabile dell’area espropriata; sia dalle proprietarie che avevano chiesto il riconoscimento della somma di Euro 951.000,00.

3. La Corte di appello di Bologna, dopo avere espletato la consulenza tecnica d’ufficio, ha affermato che:

– la originaria destinazione urbanistica dell’area (zona G5, ossia zona per parcheggio pubblico di tipo P1-aree di sosta mista con mezzi leggeri e pesanti) comportava una cosiddetta zonizzazione che non recava alcuna localizzazione lenticolare dell’opera pubblica, che si era verificata soltanto con l’approvazione del progetto dell’opera pubblica, con la conseguenza che il vincolo di destinazione esistente al momento della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (Delib. G.C. 20 dicembre 2004, n. 224 e successivo decreto di esproprio con determinazione del Responsabile del settore n. 324 del 2 maggio 2007) aveva natura meramente confermativa e il terreno non aveva natura edifica bile;

– in ogni caso, anche i precedenti strumenti urbanistici, sia il P.R.G. del 1983, approvato nel 1985, che quello del 1989, approvato nel 1991, avevano destinato il terreno espropriato a verde pubblico;

– la L.R. n. 20 del 2000, art. 6, comma 1, prevedeva che l’oggetto della normativa legislativa statale o regionale non fosse il vincolo, ma l’interesse pubblico insito nelle caratteristiche del territorio e relativo alla tutela dei beni ambientali e culturali e, nel caso in esame, era indubbio che l’interesse pubblico derivante dalla collocazione del terreno era quello connesso alla tutela del castello di Montechiarugolo, la cui appartenenza al patrimonio culturale trovava disciplina nel D.Lgs. n. 42 del 2004 ed era tale normativa che integrava la fonte di previsione dello specifico interesse pubblico insito nelle caratteristiche del territorio e ispirato alla tutela dei beni culturali menzionato dalla L.R. n. 20 del 2000, art. 6, comma 1;

– il terreno in esame aveva natura non edificabile e l’esistenza del vincolo imposto dall’art. 18 del R.U.E. non poteva non condizionare in modo definitivo la suscettibilità edificatoria dell’area, finendo per vanificarla;

– il consulente d’ufficio aveva escluso concrete utilizzazioni a fini di lucro (quali la destinazione ad attività sportiva o a posti auto scoperti da rendere commerciabili) differenti da una ipotetica destinazione agricola e che la possibilità, affermata dalle proprietarie, di realizzare strutture sportive dotate di fabbricati idonei ad ospitare spogliatoi, attività accessorie per il tempo libero e punti di ristoro, realizzabili in fabbricati aventi quattro metri di altezza, era generica e non supportata da una rigoroso indagine tecnica idonea a contrastare le conclusioni condivise del consulente tecnico d’ufficio;

– che andava anche riconosciuto l’aumento del 10% L. n. 244 del 2007, ex art. 2, comma 89, in considerazione dell’entità della somma inizialmente offerta dall’Ente espropriante.

4. M.A., M.B., M.B. e M.M. hanno impugnato la sentenza della Corte d’appello di Bologna con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. Il Comune di Montechiarugolo ha resistito con controricorso.

6. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed erronea applicazione della L.R. n. 20 del 2000 e della L.R. n. 37 del 2002; la violazione di norme regolamentari con particolare riferimento al vigente RUE del Comune di (OMISSIS).

Le ricorrenti censurano la ritenuta non edificabilità dell’area in esame e l’erroneità delle valutazioni giuridiche del consulente d’ufficio, che non aveva tenuto in considerazione il concetto di “edificabilità” previsto dalla L.R. n. 37 del 2002, artt. 20,21 e 22 e che aveva richiamato la “precedente destinazione a verde pubblico” attribuendole natura conformativa, dato che l’area era destinata a parcheggio a far tempo dal P.R.G. del 1998; che il vincolo in esame non era conformativo e che l’area pertanto doveva essere considerato area dotata di edificabilità legale e di fatto alla luce degli artt. 21 e 22 cit. L.R. che doveva essere considerato dal consulente d’ufficio al fine di dichiarare edificabile l’area in esame; il consulente tecnico d’ufficio aveva peraltro, in modo non comprensibile, escluso l’edificabilità dell’area pur in presenza dell’art. 18 del RUE e poi aveva riconosciuta a pag. 18 della perizia una determinata edificabilità dell’area.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte di appello non aveva considerato il valore comprensoriale, anche tenuto conto della L.R. n. 37 del 2002, art. 21 che, rimandando alla L.R. n. 20 del 2000, art. 6, comma 1, stabiliva che la pianificazione urbanistica accertava i limiti e i vincoli che derivavano da uno specifico interesse pubblico stabilito da leggi statali o regionali che, nel caso in esame, non imponevano alcuna limitazione; che il consulente tecnico d’ufficio non aveva mai fornito una risposta univoca al quesito limitandosi ad elaborare tre potenziali risposte tra di loro in evidente contrasto.

3. Tanto premesso, con ordinanza interlocutoria del 15 gennaio 2020, n. 726, questa Corte ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con l’art. 3 Cost., comma 1 e art. 117 Cost., comma 3, la questione di legittimità costituzionale della L.R. Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37, art. 20, comma 1, nella parte in cui stabilisce che, ai fini della determinazione dell’entità dell’indennità di esproprio, la possibilità legale di edificare è presente nelle aree ricadenti all’interno del perimetro del territorio urbanizzato individuato dal Piano Strutturale Comunale ai sensi della L.R. n. 20 del 2000, art. 28, comma 2, lett. d).

4. In particolare, è stato osservato che “l’indiscriminata attribuzione di “edificabilità legale”, in funzione della sola quantificazione dell’indennità di espropriazione, ai terreni espropriati ricadenti nel perimetro urbanizzato secondo le previsioni del Piano Strutturale Comunale, determina una irragionevole quantificazione “al rialzo” della indennità medesima all’interno dei confini della Regione Emilia Romagna rispetto al restante territorio nazionale, ogni qualvolta i terreni medesimi siano privi di effettiva vocazione edificatoria” e ciò “pare rappresentare un vulnus al principio di uguaglianza formale, in quanto è pregiudicata l’esigenza di garantire, sul territorio nazionale medesimo, parità di trattamento nella strutturazione di un istituto squisitamente privatistico qual è il diritto di proprietà”.

5. Va, quindi, disposto il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso in attesa della decisione della Corte Costituzionale.

P.Q.M.

rinvia il ricorso a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte Costituzionale e dispone che, all’esito della decisione della Corte Costituzionale, la cancelleria trasmetta il fascicolo al Presidente per la fissazione di una nuova udienza camerale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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