Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11492 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. II, 15/06/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 15/06/2020), n.11492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20143-2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO, 29,

presso lo studio dell’avvocato MARILENA CARDONE, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO e PROTEZIONE INTERNAZIONALE

BERGAMO;

– intimata –

avverso il decreto n. cron. 2629/2019 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Presidente Dott. FELICE MANNA;

Fatto

IN FATTO

M.S., nato il (OMISSIS), domandava la protezione internazionale o, in subordine, umanitaria innanzi alla Commissione territoriale di Brescia. Deduceva al riguardo di essersi allontanato dal proprio Paese, perchè ingiustamente denunciato di aver ucciso il socio (di nome S.) del suo datore di lavoro, fatto cui non aveva nè partecipato nè assistito, ma della cui dinamica aveva appreso indirettamente. Precisava che per pagargli il viaggio il padre aveva contratto un mutuo usurario garantito da un immobile. Dichiarava, quindi, di temere, in caso di reimpatrio, le ritorsioni dei parenti della vittima e la condotta della polizia, solita arrestare senza svolgere indagini corrette.

Respinta l’istanza, egli adiva il Tribunale del luogo che, con decreto del 22.5.2019, rigettava il ricorso. A base della decisione, la ritenuta incongruenza dell’evoluzione temporale dei fatti narrati, che minava la complessiva genuinità del racconto. Oltre a ciò, dalla documentazione inerente alla relativa vicenda processuale emergevano molte discrepanze sui nominativi dei soggetti coinvolti. Osservava, ancora, che le fonti riferivano di un fiorente mercato nel Bangladesh di documenti pubblici falsi; che inserendo il birth certificate number e la data di nascita del richiedente nell’apposita applicazione del sito web del sistema di informazioni per la registrazione delle nascite della Repubblica del Bangladesh, il sistema restituiva un messaggio di non corrispondenza (“Matching birth records not found”); e che sempre le fonti a disposizione del Tribunale indicavano che nel caso di condanna in assenza l’autorità giudiziaria del Paese di provenienza poneva in essere una complessa procedura di pubblicità in cui si dava atto della latitanza dell’imputato, pubblicità di cui, però, nella specie non vi era traccia.

Il Tribunale escludeva, ancora, che ricorressero i presupposti della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), non essendovi in Bangladesh, in base alle COI (Country of Origin Information), situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata.

Quanto alla protezione umanitaria, il Tribunale rilevava che il richiedente non si trovava in una condizione di vulnerabilità soggettiva, giacchè godeva di buona salute, aveva una piena capacità lavorativa ed aveva lavorato sia in Italia che nel Paese d’origine, e che, per contro, la situazione in Bangladesh, pur con le sue significative criticità quanto al rispetto dei diritti fondamentali, non era tale da dare luogo ad un’emergenza umanitaria generalizzata.

Avverso tale provvedimento il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo enuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Premesso che in tema di protezione internazionale al richiedente debba essere concesso il beneficio del dubbio, sostiene parte ricorrente che la motivazione del Tribunale sulla credibilità del racconto appare meramente tautologica e che, per contro, il richiedente aveva precisato che il suo rientro in patria avrebbe causato serie conseguenze, vuoi per le violenze già subite, vuoi per non avere egli i mezzi economici necessari per pagare un avvocato. E lamenta, quindi, che non siano stati considerati, ai fini della richiesta protezione internazionale, gli atti di persecuzione cui il richiedente sarebbe andato incontro in caso di reimpatrio.

2. – Il secondo motivo allega la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non aver il Tribunale dato corso alla necessaria cooperazione istruttoria sul sistema giudiziario gambiano, e più in generale sulla sicurezza di quel Paese e sul rispetto ivi dei diritti umani, che aveva registrato negli ultimi anni un notevole peggioramento.

3. – Il terzo motivo espone la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Si assume che il Tribunale abbia rigettato la domanda di protezione umanitaria senza operare alcuna valutazione comparativa degli elementi di vulnerabilità legati alla vicenda personale del richiedente.

4. – Tutti e tre i motivi sono inammissibili, perchè eludono la ratio decidendi del decreto impugnato.

Ciascuna delle doglianze, infatti, riposa sul presupposto che le vicende narrate dal richiedente siano e debbano considerarsi intrinsecamente credibili, traendo da ciò solo e da ciò stesso le dedotte violazioni di legge. Per contro, le censure svolte non specificano in qual modo il giudice di merito avrebbe violato i criteri di valutazione previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, la cui ipotetica disattenzione soltanto avrebbe potuto giustificare la dedotta violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Nè la cooperazione istruttoria, di cui pure si lamenta l’omissione, avrebbe potuto essere attivata, in quanto, come già osservato dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (nn. 16925/18 e 28862/18).

E’ vana, pertanto, la denunciata violazione tanto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, quanto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, poichè il giudice di merito non ha mal governato dette norme, ma ne ha escluso l’applicazione per il difetto della precondizione di credibilità (del racconto) del richiedente. Questione su cui parte ricorrente non spende altro che una generica contestazione.

5. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., come (re)interpretato da S.U. n. 7155/17.

6. – Non va operato regolamento delle spese, in quanto lo scritto difensivo del Ministero per la sua assoluta genericità non corrisponde ai requisiti di cui all’art. 370 c.p.c..

7. – Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA