Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11491 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 25/05/2011), n.11491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

TIBURTINA PARTECIPAZIONI s.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv. Alimonti Sandro, elettivamente

domiciliata nello studio dell’Avv. Massimo Torre in Roma, via della

Conciliazione, n. 44;

– ricorrente –

contro

P.R. e I.G., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.

Brizzolari Maurizio, elettivamente domiciliati nel suo studio in

Roma, via della Conciliazione, n. 44;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO IDELDELCA s.r.l., in persona del curatore pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1037 in data 11 marzo 2010.

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

2 9 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Maurizio Brizzolari;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 7 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“Con atto di citazione notificato in data 17 dicembre 1990 P.R. e I.G. – premesso di avere sottoscritto in data 20 marzo 1979 con la società Ideldelca s.r.l.

una scrittura privata per la compravendita di un immobile sito in (OMISSIS), via (OMISSIS) – convenivano in giudizio il Fallimento Edildelca s.r.l. per sentirsi dichiarare proprietari dell’immobile de quo e per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate al convenuto.

Si costituiva il Fallimento, resistendo alla domanda. In data 25 settembre 2001 spiegava intervento autonomo la Tiburtina Partecipazioni s.r.l., al fine di sentirsi dichiarare legittima proprietaria dell’immobile in contestazione in virtù di ordinanza di trasferimento emessa in data 12 maggio 2003, a norma degli artt. 576 e 586 cod. proc. civ. e L. Fall., art. 108.

Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 16 settembre 2003, dichiarava trasferita in favore degli attori la proprietà dell’immobile dal 20 marzo 1979, data della scrittura privata di compravendita; ordinava al conservatore la cancellazione della trascrizione a favore della Tiburtina Partecipazioni s.r.l., dichiarando inefficace la relativa ordinanza di trasferimento alla stessa; condannava il Fallimento alla restituzione, in favore della società intervenuta, della somma di Euro 55.260,90, già percepita quale prezzo dell’aggiudicazione in sede concorsuale.

Hanno proposto appello principale il Fallimento e appello incidentale la Tiburtina Partecipazioni. La Corte d’appello di Roma, con sentenza in data 11 marzo 2010, ha rigettato entrambi i gravami.

La Corte territoriale ha rilevato: che “ambedue gli appellanti , principale ed incidentale, salvo rivendicare in capo alla curatela il diritto di sciogliersi dai vincoli assunti con il preliminare della società fallita, nulla hanno dedotto a fronte dell’assunto del Tribunale che l’adempimento del preliminare stesso da parte dei promittenti acquirenti, con particolare riguardo all’asserito saldo del prezzo dell’immobile, imponesse d’identificare la scrittura del 20 marzo 1979 alla stregua di una vendita definitiva”; che “la conseguente presa d’atto dell’effettiva alienazione dell’immobile agli odierni appellati esclude che alla curatela faccia effettivamente capo la facoltà di sciogliersi dal contratto, a ciò ostando quanto espressamente previsto dalla L. Fall., art. 72, comma 4”; che “quanto alla pretesa risarcitoria della Tiburtina Partecipazioni, poi, nulla è stato dedotto, e tanto meno dimostrato, in merito sia alla natura del preso illecito, sia al danno lamentato”.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso la Tiburtina Partecipazioni s.r.l., con atto notificato il 24 giugno 2010, sulla base di un motivo.

Hanno resistito con controricorso la P. e l’ I., mentre il Fallimento non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Con l’unico mezzo la ricorrente società Tiburtina Partecipazioni prospetta “erroneità della motivazione, erronea applicazione della legge e non conformità alle pronunce della Corte di cassazione”.

Si deduce che la Tiburtina Partecipazioni, impugnando la sentenza di primo grado, quali motivi di appello aveva indicato “la violazione della L. Fall., art. 72, e la contrarietà di detto provvedimento alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di cassazione, citando espressamente le pronunce della Cass. civ. nn. 4747/99, 2213/80, 70/87 e 1376/00″. E si lamenta che l’erronea e la mancata valutazione dei motivi di appello avrebbe impedito di accertare in concreto come la sentenza del primo giudice fosse viziata, perchè la L. Fall., art. 72, consentiva correttamente alla curatela del fallimento la facoltà di sciogliersi dal preliminare”.

Il motivo è inammissibile.

Il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto – deducibile come motivo di ricorso per cassazione osservando il principio dell’indicazione analitica delle ragioni di doglianza – deve essere denunciato mediante una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia (tra le tante, Cass., Sez. 3^, 18 maggio 2005, n. 10385).

Nel mezzo proposto, invece, vi è una affermazione apodittica della erronea applicazione di legge, non seguita da alcuna dimostrazione.

In esso, infatti, non si indicano specificamente le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumono erronee, e quindi neppure si prospetta in che misura o sotto quale profilo la soluzione adottata si ponga in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla dottrina. Quanto al vizio di mancata valutazione dei motivi di appello, la ricorrente omette di trascrivere, come era suo onere in base al principio di autosufficienza (tra le tante, Cass., Sez. Un., 28 luglio 2005, n. 15781), il tenore esatto dei motivi di gravame che la Corte territoriale non avrebbe esaminato.

Di più, la censura – là dove invoca la L. Fall., art. 72 e la facoltà della curatela di sciogliersi dal preliminare – non si confronta con la specifica ratio decidendi che sostiene e sorregge la sentenza della Corte d’appello, la quale ha rilevato che non era stata impugnata in appello la qualificazione della scrittura privata del 20 marzo 1979 come vendita definitiva, qualificazione che impediva l’applicabilità della L. Fall., art. 72 e quindi la facoltà di scioglimento da parte della curatela.

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e art. 375 cod. proc. civ., per esservi dichiarato inammissibile”.

Letta, la memoria dei controricorrenti.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

che non ricorrono i presupposti per la condanna del soccombente al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata o al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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