Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11490 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 25/05/2011), n.11490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.C., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale notarile, dall’Avv. Quarantino Giuseppe Iacono,

elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, via

Val di Lanzo,n. 79;

– ricorrente –

contro

S.E.R.E.C. – Società Edilizia Ricostruzioni e Costruzioni – a r.l.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e

difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso,

dall’Avv. Bucalo Sergio, elettivamente domiciliata nel suo studio in

Roma, via Golametto, n. 2;

– controricorrente –

e nei confronti di:

L.S.M.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1112 in data 18 marzo 2010.

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Giuseppe Iacono Quarantino;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’estinzione

del giudizio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 7 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: ” P.C. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la società Romana Mobiliare Immobiliare ’87 e L.S.M. per sentire dichiarare invalidi e comunque risolti gli atti, in data 30 maggio 1987, intervenuti tra essa istante ed il L.S., contenenti rispettivamente l’offerta di acquisto, e la relativa accettazione, dell’immobile sito in (OMISSIS), piazza del (OMISSIS), nonchè per sentire dichiarare invalido e comunque risolto il preliminare in data 5 giugno 1987, stipulato tra essa istante e la predetta società, per inottemperanza dei promissari acquirenti a quanto statuito dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 1464 del 1990, confermata in appello, e conseguentemente per sentir dichiarare nullo e privo di effetto il trasferimento della proprietà del bene, con condanna dei convenuti al risarcimento del danno.

I convenuti si sono costituiti, resistendo.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 48817 del 2002, ha respinto le domande.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1112 del 18 marzo 2010, ha rigettato l’appello e condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado. Per quanto qui rileva, la Corte d’appello ha in particolare osservato: che il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 14694 del 1991, ha trasferito dalla P.alla società Romana Mobiliare Immobiliare ’87 la proprietà dell’immobile in questione, subordinando l’effetto traslativo al pagamento da parte della predetta società del prezzo, pari a lire 516.000.000; che al rapporto originato dalla sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di eseguire un preliminare di compravendita è applicabile l’istituto della risoluzione per inadempimento; che, essendo l’obbligo di versare il prezzo divenuto attuale dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 cod. civ., la richiesta di pagamento di cui all’invito-diffida del 9 marzo 1995 era inidonea a determinare la risoluzione del rapporto, collocandosi quella intimazione in un momento antecedente al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva, avvenuto a seguito della pronuncia della Cassazione con sentenza 28 agosto 1998, n. 8553.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 giugno 2010, sulla base di quattro motivi. Ha resistito, con controricorso, la SEREC, società nella quale si è fusa per incorporazione la Romana Mobiliare Immobiliare ’87.

L’altro intimato – il L.S. – non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 100, 101 e 102 cod. proc. civ. e violazione dell’art. 648 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, dolendosi che la Corte d’appello abbia ritenuto precluso, per intervenuto giudicato, il riesame della questione del difetto di legittimazione passiva del L.S..

Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha rilevato che la posizione del L.S. è già stata oggetto di esame, nell’altro giudizio, con la sentenza del Tribunale di Roma n. 14694/1991, con la quale si è dichiarato – con statuizione passata in giudicato – il difetto di legittimazione passiva del L.S., essendo questi risultato estraneo ai rapporti instaurati con il contratto preliminare del 5 giugno 1987. Le norme degli artt. 100, 101 e 102 cod. proc. civ., non sono in grado di rimettere in discussione l’accertamento, coperto da giudicato, dell’estraneità del L.S. alla stipulazione del preliminare. Nè risulta pertinente il richiamo, con l’art. 648 cod. pen. pen., alla sentenza della Corte d’appello di Roma (che ha assolto il L.S. dal delitto di circonvenzione d’incapace), essendosi questa limitata ad affermare la competenza del giudice civile “da adirsi, ove non già adito, ai fini di una pregnante e definitiva valutazione in ordine alla validità degli atti giuridici prodromici alla vendita dell’immobile ed alla iniquità della pattuizione che ha generato il presente processo”, senza alcuna statuizione sul merito della questione. Con il secondo mezzo (violazione per falsa applicazione degli artt. 2932, 1453 e 1492 e ss. cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5), la ricorrente lamenta che la Corte romana abbia negato l’inadempienza della società, giustificandola con una contestualità “del pagamento e del trasferimento contraddetta dal testo della sentenza del Tribunale e, inoltre, concettualmente incomprensibile e frutto di un evidente vizio logico- giuridico”. Con il terzo mezzo (violazione per falsa applicazione degli artt. 2932, 1224, 1453 e 1492 e ss. cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5) ci si duole che la Corte d’appello abbia affermato che il rifiuto di corrispondere la somma pretesa dalla P. non comporta un inadempimento grave che può essere causa di risoluzione del rapporto.

I due motivi – i quali, stante il loro stretto collegamento, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

La Corte d’appello ha correttamente rilevato che, essendo l’obbligo di versare il prezzo divenuto attuale dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 cod. civ., la richiesta di pagamento di cui all’invito-diffida del 9 marzo 1995 era inidonea a determinare la risoluzione del rapporto, discendente dalla sentenza costitutiva, collocandosi quella intimazione in un momento antecedente al passaggio in giudicato di essa, avvenuto a seguito della pronuncia della Cassazione con sentenza 28 agosto 1998, n. 8553.

Così decidendo, la Corte territoriale si è attenuta al principio secondo cui nell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, l’esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale (Cass., Sez. Un., 22 dicembre 2010, n. 4059). L’esecutività provvisoria, pertanto, non può essere riconosciuta al capo relativo al pagamento del prezzo, poichè l’effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza, subordinatamente al pagamento del prezzo, si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell’immobile al patrimonio del promissario acquirente destinatario della pronuncia. In altri termini, la sentenza che dispone l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 cod. civ., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l’obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell’irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (Cass., Sez. 2^, 6 aprile 2009, n. 8250).

Il quarto motivo (altra violazione degli artt. 2932, 453 e 1492 cod. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. Civ., nn. 3 e 5) censura che la Corte territoriale abbia ritenuto che la società abbia continuato a validamente dimostrare la volontà di eseguire la propria prestazione, dando rilievo al deposito bancario della somma di L. 593.500.000. Esso non poteva viceversa essere preso in considerazione, perchè vincolato al rilascio di una quietanza liberatoria che desse atto dell’integrale avveramento della condizione traslativa dedotta nella sentenza n. 14694/1991 del Tribunale di Roma, così volendosi costringere la P. alla rinuncia di tutti gli interessi medio tampore maturati.

Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha correttamente evidenziato che nessun inadempimento è configurabile in capo alla società Romana Mobiliare Immobiliare ’87. Questa ha infatti messo a disposizione della P. il prezzo attraverso un deposito bancario: il sequestro liberatorio ex art. 687 cod. proc. civ. successivamente concesso dal Tribunale di Roma e l’instaurazione del giudizio di merito sull’esistenza dell’obbligo e sull’idoneità dell’offerta medesima sono circostanze che convalidano l’inesistenza dell’inadempimento in capo alla promissaria destinataria della sentenza costitutiva, non potendo la P. pretendere la corresponsione di interessi con decorrenza anteriore all’insorgenza dell’attualità dell’obbligo di corresponsione del prezzo.

In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e art. 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato”.

Considerato che con atto notificato il 25 marzo 2011 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 31 marzo 2011, il difensore della ricorrente, munito di procura speciale notarile, ha rinunciato al ricorso;

che, pertanto, il processo deve essere dichiarato estinto per intervenuta rinuncia;

che, non avendo la parte controricorrente aderito alla rinuncia, la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il ricorso per intervenuta rinuncia e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate in Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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