Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1149 del 18/01/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2018, (ud. 25/10/2017, dep.18/01/2018),  n. 1149

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con due mezzi, nei confronti della Puliarte Soc. Coop. a r.l. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale della Puglia ha accolto l’appello della società contribuente, ritenendo illegittimo il recupero dei crediti d’imposta per incremento occupazionale, L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex art. 7, computati dalla società contribuente per gli anni dal 2002 al 2005 ma secondo l’Ufficio non spettanti perchè riferiti a quattro lavoratori che risultavano essere stati, nei ventiquattro mesi precedenti l’assunzione, soci lavoratori di altra cooperativa di lavoro denominata Multiate Soc. Coop. a r.l.;

che secondo la Commissione regionale tale circostanza non poteva infatti ostare al riconoscimento del credito d’imposta atteso che, “nel silenzio legislativo sulla natura giuridica del rapporto tra socio lavoratore e cooperativa, prima dell’entrata in vigore della L. n. 142 del 2001,… i soci lavoratori non sono da ritenersi lavoratori dipendenti”;

che la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1;

considerato che con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. deciso nei termini esposti in assoluto contrasto con quanto disposto dal comma 11 del citato articolo, a mente del quale “ai fini delle agevolazioni previste dal suddetto articolo, i soci lavoratori di società cooperativa sono equiparati ai lavoratori dipendenti”;

che con il secondo motivo la ricorrente denuncia altresì insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere i giudici a quibus erroneamente fatto riferimento alla normativa di cui alla L. n. 142 del 2001, senza considerare che nel caso in esame trova applicazione la normativa speciale di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7, comma 11;

ritenuto che il primo motivo – il quale, diversamente da quanto obiettato nel controricorso, risulta corredato da quesito di diritto adeguato (poichè riassume le ragioni della decisione impugnata e vi contrappone la diversa regula iuris che si afferma doversi correttamente applicare) – è fondato;

che, infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. Cass. 16/10/2015, n. 20975), la disposizione di cui della L. n. 388 del 2000, art. 7, al comma 11, non può che valere tanto ai fini di cui al comma 1 della stessa norma (a mente del quale “ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1 ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, è concesso un credito di imposta”), in modo che sia agevolato l’incremento occupazionale anche da parte di cooperative disposte ad assumere, quanto ai fini di cui al comma 5, lett. b) (a mente del quale “il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta a condizione che:… b) i nuovi assunti non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi…”), in modo che sia agevolato l’incremento occupazionale a favore di soggetti assolutamente privi di un precedente rapporto lavorativo, quale che esso fosse;

che con tale disposizione il legislatore – consapevole delle incertezze che potrebbero derivare dal fatto che, secondo quanto affermato dalla più consapevole giurisprudenza, “in tema di cooperative di produzione e lavoro, anche nel regime previgente alla L. 3 aprile 2001, n. 142, spetta al giudice di merito verificare se, accanto al rapporto associativo, sussista un distinto rapporto di lavoro, autonomo o subordinato” (v. in proposito Cass. n. 8346 del 2010) – ha evidentemente inteso sancire tout court, autoritativamente, l’equiparazione tra i soci lavoratori di società cooperative e i lavoratori dipendenti, in modo da evitare ogni possibile dubbio che possa condizionare il riconoscimento dell’agevolazione ad un complesso accertamento di fatto in sede giurisdizionale;

che si tratta del resto di una equiparazione alla quale il legislatore ha fatto ricorso altre volte, come ad es. nel D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 2 o ancora nell’art. 50 T.U.I.R. ove al comma 1, lett. a), si assimilano i compensi percepiti dai lavoratori soci di cooperative ai redditi da lavoro dipendente;

che il ricorso merita pertanto accoglimento, restando assorbito l’esame del secondo motivo;

considerato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto dei ricorsi introduttivi;

che avuto riguardo alla natura della controversia e allo svolgimento del processo si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di ambo i gradi del giudizio di merito;

che alla soccombenza segue la condanna della società controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, rigetta i ricorsi introduttivi.

Compensa integralmente le spese di ambo i gradi del giudizio di merito.

Condanna la società controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 3.500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2018

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