Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11488 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 25/05/2011), n.11488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Z.F., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Brentarolli Silvio e

Romolo Reboa, elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo

in Roma, via Flaminia, n. 213;

– ricorrente –

contro

M.I., C.C., C.N.C. e

C.P., rappresentati e difesi, in forza di procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avv. Clementi Paolo e Anna

Chiozza, elettivamente domiciliati nello studio di quest’ultima in

Roma, via Dei Savorelli, n. 11;

– controricorrenti –

e contro

G.M.C. e G.E., rappresentati e difesi,

in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.

Andrea Leoni e Stefano Conti, elettivamente domiciliati nello studio

dell’Avv. Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

– controricorrenti –

e sul ricorso proposto da:

G.M.C. e G.E., rappresentati e difesi,

in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.

Andrea Leoni e Stefano Conti, elettivamente domiciliati nello studio

dell’Avv. Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

– ricorrenti in via indentale –

contro

M.I., C.C., C.N.C. e

C.P., rappresentati e difesi, in forza di procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avv. Paolo Clementi e Anna

Chiozza, elettivamente domiciliati nello studio di quest’ultima in

Roma, via Dei Savorelli, n. 11;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n.

1853 in data 26 ottobre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentiti gli Avv. Federica Manzi, per delega, ed Anna Chiazza;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 7 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “La controversia ha ad oggetto la risoluzione giudiziale, per inadempimento, di un contratto preliminare, stipulato in data 2 aprile 1994 tra C.A., promittente venditore, da una parte, e G.G. e Z.F., dall’altra, avente ad oggetto due negozi, siti al piano rialzato del fabbricato di via (OMISSIS), a (OMISSIS).

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 1853 depositata il 26 ottobre 2009, in riforma delle pronunce, non definitiva e definitiva, emesse dal Tribunale di Verona, ha dichiarato risolto per inadempimento di Z.F. il preliminare di compravendita.

Ha rilevato la Corte territoriale che il preliminare di vendita era a corpo e non a misura, non potendo essere considerate, al fine di interpretare la volontà negoziale, le clausole, prive di sottoscrizione, contenute in un foglio separato, contenenti la misurazione dei due negozi e il conseguente conguaglio.

La Corte ha escluso l’avvenuto versamento, da parte dello Z., di somme superiori a quelle risultanti dagli atti e concordati, ed ha ritenuto accertato il rifiuto, da parte dello Z. di corrispondere l’intero prezzo pattuito.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello hanno proposto ricorso, in via principale, lo Z. e, in via incidentale, G.M.C. ed G.E., eredi di G. G..

Il ricorso principale è basato su sei motivi e l’incidentale su un unico mezzo.

Ad entrambi i ricorsi hanno resistito M.I., C. C., C.N.C. e C.P., nella qualità di eredi di C.A.. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 1350 cod. civ.. Il ricorrente sostiene che il documento manoscritto dal promittente venditore contenente le misure dei beni immobili oggetto di contratto preliminare, per poter costituire elemento integrativo di detto contratto, non occorre che sia sottoscritto dal promittente venditore, trattandosi di documento relativo ad elementi accidentali e non essenziali del contratto.

Il motivo è privo di fondamento.

Il contratto preliminare di vendita di un immobile è soggetto alla forma scritta ad substatiam. Ne discende che il requisito della forma scritta ad substantiam deve reputarsi necessario anche per le modificazioni delle clausole del preliminare che comportino il mutamento della tipologia del contratto definitivo divisato (da vendita a corpo a vendita a misura), perchè esse, in quanto sostitutive delle clausole originarie del contratto ed essendo relative ad un elemento essenziale, comportante l’influenza dell’estensione del bene sul prezzo pattuito, non possono non avere i medesimi requisiti delle clausole sostituite, dovendosi, conseguentemente, escludere la possibilità di una modifica per il tramite di un documento non sottoscritto dalle parti.

Il secondo mezzo (omessa o contraddittoria motivazione su un fatto controverso) lamenta il mancato esame da parte delle Corte d’appello del documento contratto preliminare nelle quietanze delle somme che il C. ha ammesso di avere ricevuto dallo Z., quietanze che dimostrerebbero il versamento, da parte dello Z., di L. 155.000.000, rispetto ad un prezzo concordato di L. 165.000.000.

La censura è priva di fondamento.

La Corte d’appello ha ritenuto documentalmente provato che, del prezzo pattuito di L. 165.000.000, siano stati pagati dallo Z. solo L. 120.651.374: L. 20.000.000, più L. 40.000.000, più L. 55.000.000, corrispondenti a L. 115.000.000 in linea capitale, oltre a L. 5.651.374 per rimborso della prima rata di mutuo.

Il ricorrente sostiene che dal testo del preliminare risulterebbe pagato un ulteriore acconto di L. 40.000.000, e che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare questa circostanza.

La censura non tiene conto che la dizione “quarantamilioni al 30-4- 2004”, che compare a pag. 4 del preliminare, concerne una pattuizione contrattuale circa la modalità del futuro pagamento, come è dimostrato dal fatto che, a pag. 3 del preliminare, dopo la quietanza del versamento del primo rateo di L. 20.000.000, contestuale alla stipula dell’atto, compare, con data 3 maggio 1994, la quietanza per il pagamento del secondo acconto di L. 40.000.000. Non appare pertanto decisivo l’elemento che il ricorrente addebita alla Corte di merito di avere trascurato, essendo evidente che, ove l’indicazione, con a margine la sottoscrizione del C., di “quarantamilioni al 30-4-2004” costituisse la quietanza di un avvenuto pagamento, la ricevuta dell’acconto (il 3 maggio 1994) della somma di L. 40.000.000 avrebbe dovuto essere qualificata come terzo, anzichè come secondo acconto.

Del pari non decisivo è lo stralcio della c.t.u. riportato dal ricorrente: l’affermazione, ivi contenuta, secondo cui “dal preliminare da lui depositato in fotocopia, risulterebbe che lo stesso ha versato in più tranches al C. la somma complessiva di L. 155.000.000”, si limita a riferire – come denota l’uso del modo condizionale – una ipotesi, derivante dalla ricostruzione dei fatti operata dallo Z., non un accertamento contabile compiuto dal consulente. Infondati sono il terzo ed il quarto motivo: essi – nel riproporre la questione dell’omessa o contraddittoria motivazione in relazione a quanto riportato nella c.t.u. contabile e nelle quietanze apposte sul preliminare con riferimento all’entità degli importi versati dallo Z. al C. – si risolvono, al di là della denuncia anche di violazione o falsa applicazione di norma di legge (art. 2702 cod. civ.), nella prospettazione di una diversa ricostruzione della vicenda e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che il giudice del merito ha compiuto con logica e motivata valutazione.

Il quinto motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) è infondato.

Esso muove da un inesatto presupposto in fatto, prospettando una ricostruzione della vicenda – l’avere lo Z. versato una somma (L. 155.000.000) di poco inferiore rispetto al prezzo dell’immobile – smentita dagli accertamenti compiuti dalla Corte di merito.

Resta di conseguenza assorbito l’esame del sesto motivo, con cui, denunciando vizio di motivazione, lo Z. sostiene che l’importo che la parte promittente venditrice dovrebbe restituire in seguito alla risoluzione del preliminare sarebbe pari all’equivalente in Euro di L. 155.000.000.

L’unico motivo del ricorso incidentale delle G. denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte di Venezia dichiarato la risoluzione in mancanza del presupposto della gravità dell’inadempimento, nonchè difetto assoluto di motivazione.

La censura è priva di fondamento.

La Corte d’appello ha dichiarato risolto il contratto preliminare per l’accertato rifiuto, da parte del promissario acquirente, di corrispondere l’intero prezzo pattuito, pari a L. 165.000.000. La Corte territoriale ha rilevato che fra il prezzo concordato ed il prezzo pagato “restava … la differenza non pagata pari ad L. 44.348.626” e “che la somma reale dovuta dall’acquirente era anche superiore, perchè il mancato pagamento delle rate di mutuo aveva fatto lievitare l’importo dovuto alla banca”.

Correttamente, pertanto, la Corte di merito ha dichiarato la risoluzione per inadempimento, attesi, per un verso, la natura di prestazione essenziale del pagamento del prezzo, destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, e, per l’altro, l’entità dell’inadempimento della correlativa obbligazione.

In conclusione, i ricorsi possono essere trattati in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., per esservi, entrambi, rigettati”.

Lette le memorie depositate, in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio, dal ricorrente Z. e dai controricorrenti M. e C..

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ.;

che le osservazioni critiche contenute nella memoria del ricorrente in via principale non introducono elementi che inducano a rivedere le conclusioni della detta relazione, ma si risolvono in una inammissibile sollecitazione al riesame del merito della causa;

che, pertanto, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere rigettati;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale;

condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali sostenute dai controricorrenti M.I., C. C. ed altri, che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge; condanna le ricorrenti incidentali, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sostenute dai controricorrenti M.I., C.C. ed altri, che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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