Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11487 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. II, 15/06/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 15/06/2020), n.11487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10756-2016 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

114/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO

ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 1765/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositato il 17/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Ferriolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.G. ha presentato ricorso, articolato in tre motivi, avverso il decreto n. 1765/2015 della Corte di appello di Firenze, depositato in data 17 novembre 2015. L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensive.

Con ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3, depositato presso la Corte di appello di Firenze in data 30 gennaio 2015, R.G. chiese di ingiungere al Ministero della Giustizia il pagamento della somma di Euro 1.250,00, quale risarcimento del danno subito per la non ragionevole durata in relazione ad una causa di equa riparazione iniziata nel maggio 2010 dinanzi alla Corte di appello di Perugia e durata sino a luglio 2014, ovvero complessivamente oltre quattro anni.

Il magistrato designato della Corte di appello di Firenze, con decreto del 12 marzo 2015, accolse in parte il ricorso.

Propose opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, il Ministero della Giustizia, opposizione che la Corte di appello di Firenze accolse, respingendo la domanda di equa riparazione per intervenuta decadenza rispetto al giudizio di cognizione presupposto e dichiarando la propria incompetenza per territorio in favore della Corte d’appello di Perugia rispetto al giudizio di esecuzione presupposto, con condanna dei ricorrente al rimborso in favore del Ministero della Giustizia delle spese del procedimento. La Corte di Firenze evidenziò come la domanda di equa riparazione era stata depositata il 30 gennaio 2015, quando era ormai maturato il termine semestrale di decadenza rispetto alla definitività del giudizio di cognizione, conclusosi con sentenza della Corte di cassazione del 7 dicembre 2012, Quanto al successivo procedimento esecutivo davanti al Tribunale di Roma, “iniziato con la notificazione del precetto in data 11 settembre 2013” e terminato con l’ordinanza depositata in data 27 giugno e 2014 di assegnazione delle somme pignorate, la Corte d’appello ha ritenuto fondata l’eccezione di incompetenza per territorio formulata dal Ministero della Giustizia, dovendo essere investita della relativa autonoma domanda di equa riparazione la Corte d’appello di Perugia.

La ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I.Il primo motivo di ricorso di R.G. deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2, 3 e 4, e degli artt. 38 e 50 c.p.c., per avere la Corte di appello valutato separatamente il giudizio di cognizione e quello di esecuzione, mentre la causa presupposta doveva essere considerata come un unico ed unitario procedimento, neppure essendo corrette le contemporanee declaratoria di incompetenza territoriale su parte della domanda e definizione nel merito della residua controversia.

Il secondo motivo di ricorso censura la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4, per avere la Corte di appello di Firenze omesso di considerare il procedimento presupposto quale unico ed unitario processo, la cui definitività doveva coincidere con il momento del passaggio in giudicato del provvedimento emesso all’esito della fase esecutiva. Il decreto impugnato, dunque, avrebbe errato nel considerare tardiva la domanda di equa riparazione in relazione alla sola fase del processo di cognizione, con conseguente declaratoria di decadenza.

Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2014, per avere la Corte di appello posto a carico del ricorrente il pagamento delle spese del giudizio, a fronte di un consistente orientamento giurisprudenziale difforme, ed aver per di più liquidato tali spese in importo pari ad Euro 1.000,00, in misura, cioè, quasi sette volte superiore ai “minimi” (Euro 135,00) e due volte superiore rispetto ai “massimi” (Euro 486,00).

II. I primi due motivi di ricorso sono connessi e vanno perciò esaminati congiuntamente. Essi risultano fondati, alla luce dei principi enunciati da Cass. Sez. U, 23/07/2019, n. 19883.

Quanto alla decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 4, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, conv. dalla L. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato-debitore, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Firenze nell’impugnato decreto, va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva. Ai fini dell’individuazione della ragionevole durata del processo rilevante per la quantificazione dell’indennizzo previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, la fase esecutiva eventualmente intrapresa dal creditore nei confronti dello Stato-debitore inizia, peraltro, con la notifica dell’atto di pignoramento e termina allorchè diventa definitiva la soddisfazione del credito indennitario.

Nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo, da considerare unitariamente ai fini del riconoscimento del diritto all’indennizzo L. n. 89 del 2001, ex art. 2, non va tuttavia considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva, quest’ultimo invece potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

In tal senso, ai fini dell’individuazione del giudice competente sulla domanda di equa riparazione, L. n. 89 del 2001, ex art. 3, nella specie ratione temporis applicabile secondo la formulazione antecedente alla modifica apportata dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 777, deve aversi riguardo al distretto della corte d’appello in cui ha sede il giudice avanti al quale è stato introdotto l’unitario giudizio di equa riparazione presupposto, strutturato nella fase di cognizione sul diritto all’indennizzo e nella correlata fase esecutiva intrapresa nei confronti dello Stato.

L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, con la conseguente cassazione con rinvio della causa, comporta l’assorbimento del terzo motivo sulla regolamentazione e sulla liquidazione delle spese di lite, in quanto la relativa censura è diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla sentenza impugnata, a seguito del quale la liquidazione delle spese delle precorse fasi del giudizio va comunque effettuata dal giudice di rinvio, tenendo conto dell’esito finale del giudizio.

Devono quindi accogliersi, nei termini di cui in motivazione, il primo ed il secondo motivo del ricorso, con conseguente assorbimento del terzo motivo; il decreto impugnato deve essere cassato e la causa va rinviata, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, che si uniformerà agli enunciati principi e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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