Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11482 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. II, 12/05/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18747-2008 proposto da:

P.M. (OMISSIS) vedova I., I.I.

(OMISSIS), I.R. (OMISSIS), I.

L. (OMISSIS) quest’ultimo in proprio ex art. 86 c.p.c.

tutti eredi di I.T., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA B RIZZIERI 55, presso lo studio dell’avvocato IULIANO ROSALINDA,

i primi tre rappresentati e difesi dall’avvocato IULIANO LUIGI;

– ricorrenti –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA 29 SC. 9 INT. 2,

presso lo studio dell’avvocato CASALINUOVO ALDO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CALOGERO MARIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 238/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

dep. il 28/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato IULIANO Luigi, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Catanzaro con sentenza n. 2097/04, in accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 178.148.590 emesso in data 3.9.1999 dallo stesso Tribunale su istanza dell’avv. I.T., per competenze professionali rese nell’interesse della Regione Calabria in 22 giudizi innanzi al T.R.A., vertenti su identica questione e per la cui liquidazione valevano le tariffe di cui al D.M. 31 ottobre 1985,revocava il decreto ingiuntivo e condannava la Regione Calabria al pagamento in favore dell’opposto, della minor somma di Euro 5.174,39, oltre spese generali, IVA e CPA, e interessi al tasso legale sino al soddisfo,compensando le spese di lite. Avverso detta sentenza proponevano appello P.M. ved. I. e I. R., I. e L., quali eredi dell’avv. T. I., sostenendo l’inapplicabilità al caso in esame del D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 5, comma 4, sulle tariffe professionali, succeduto al D.M. 31 ottobre 1985, perchè i giudizi non erano stati riuniti, e richiamando in proposito la sentenza del TAR del Lazio n. 170/96, che aveva sanzionato l’illegittimità del D.M. 24 novembre 1990, art. 5 nella parte in cui prevedeva che,nei casi di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, anche se non risultava intervenuta la riunione delle cause, la parcella unica potesse essere aumentata per ogni parte, fino a un massimo di 10, del 20%, in quanto in contrasto con il principio di adeguatezza del compenso professionale all’importanza dell’opera svolta. La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 238/08, depositata il 28.4.08, ha accolto parzialmente l’appello proposto dagli eredi dell’avv. I.T. ed ha rideterminato in Euro 6.461,09 la somma dovuta,compensando nella misura di 1/2 le spese di entrambi i gradi del giudizio e ponendo a carico della Regione Calabria l’altra metà.

Osservava la Corte di merito che la previsione del D.M. 31 ottobre 1985, art. 5, comma 4 non considera che pure l’attività ripetitiva comporta comunque lo studio e la verifica di ogni posizione, per cui in applicazione del principio di adeguatezza del compenso all’opera prestata dal professionista, la normativa di riferimento poteva rinvenirsi nelle disposizioni attualmente vigenti – D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 4 secondo cui l’onorario unico può essere aumentato per ogni parte, oltre la prima, del 20%, fino a un massimo di dieci e, ove le parti siano in numero superiore, del 5% per ciascuna parte oltre le prime dieci e fino a un massimo di venti.

Per la cassazione della decisione ricorrono P.M. ved.

I. ed I., R. e I.L., esponendo due solo motivi,cui resiste l’intimata con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.M. 31 ottobre 1985, art. 5, comma 4 e D.M. 24 novembre 1990, n. 392 sulle tariffe professionali, nel punto in cui ha ritenuto illegittimo il D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 5 e che l’illegittimità comporti la disapplicazione anche della normativa del D.M. 31 ottobre 1985 che regolamenta il caso in esame,ignorando che la regola, secondo cui la parcella possa essere aumentata del 20% per ogni parte fino al massimo di sei e non al numero di affari trattatasi riferisce all’ipotesi in cui la prestazioni difensive siano state svolte in un unico processo.

Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione nel punto in cui non ha considerato che la regola della parcella unica aumentata del 20% sino a un massimo di sei, si riferisce all’ipotesi di pluralità di litisconsorti aventi nello stesso processo una posizione giuridica, sostanziale e processuale, unica e non è applicabile alla diversa ipotesi di identità di questioni comuni ad una pluralità di procedimenti promossi e definiti separatamente.

Il ricorso è chiaramente infondato in entrambe le sue proposizioni.

Contrariamente all’assunto dei ricorrenti la Corte di merito non ha affatto applicato al caso in esame la tariffa professionale di cui al D.M. 24 novembre 1990, n. 392, art. 5 bensì ha esplicitamente asserito che nel caso di specie trova applicazione D.M. 31 ottobre 1985, art. 5, comma 4, “atteso che l’opera professionale deve ritenersi esaurita con le pronunce del TAR, emesse in data 21.6.90″ e cioè in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.M. 24 novembre 1990; tuttavia in considerazione del maggiore onere professionale espletato dal professionista per il numero di affari trattativa applicato in via analogica,in ragione del principio di adeguatezza del compenso professionale all’importanza dell’opera svolto, affermato dall’art. 2233 c.c., comma 2 il criterio di liquidazione stabilito con la tariffa professionale n. 127/2004. Vale allora considerare che la tariffa professionale di cui al D.M. 31 ottobre 1985 non prevede affatto che il criterio di liquidazione stabilito dall’art. 5, comma 4, sia subordinato nella sua applicazione alla preventiva riunione dei processi,limitandosi a stabilire che”nei casi di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale,la parcella unica potrà essere aumentata,per ogni parte fino a un numero massimo di sei, del 20%”.

Orbene,è principio di diritto che in caso di successione di tariffe professionali forensi, gli onorari di avvocato devono essere liquidati in riferimento alla normativa vigente nel momento in cui l’opera complessiva è stata condotta a termine, con l’esaurimento o con la cessazione dell’incarico professionale. (Cass. civ. 19.12.2008 n. 29880). Conseguentemente al primo quesito di diritto devesi rispondere che non vi è stata disapplicazione o falsa applicazione del D.M. 31 ottobre 1985, art. 5, comma 4.

Al secondo che il medesimo non ha attinenza con la fattispecie sostanziale in esame.

In considerazione della materia trattata e del comportamento delle parti,le spese del giudizio di cassazione possono ritenersi compensate fra le stesse parti.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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