Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11479 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2011, (ud. 29/04/2011, dep. 25/05/2011), n.11479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI TERNI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO

ALESSANDRO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COOP CENTRO ITALIA SRL (OMISSIS), in persona del Presidente pro

tempore del Consiglio di Gestione, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARIANI MARINI LAURA, MARIANI

MARINI ALARICO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.R., C.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 56/2010 del TRIBUNALE di TERNI, depositata il

19/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con relazione in data 23.2.11 il consigliere designato per l’esame preliminare ex art. 380 bis c.p.c., riferiva e proponeva quanto segue:

“rilevato che l’impugnazione ha per oggetto una sentenza che,rigettando l’appello del Comune di Terni, ha confermato l’accoglimento delle opposizioni L. n. 689 del 1981, ex art. 22, avverso due ordinanze – ingiunzioni,emesse per la ritenuta violazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 16, ritenendoci pari del giudice di primo grado, che la vendita al dettaglio in favore di soci della cooperativa di consumo, effettuata nell’ambito di un esercizio aperto al pubblico e regolarmente autorizzato, ancorchè praticata a condizioni di favore,non fosse soggetta, alla particolare disciplina prevista dal citato art. 16;

ritenuto che i due motivi di ricorsi (deducenti, il primo, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 16, comma 1, 2, 3, e L. n. 689 del 1981, art. 1, il secondo,omessa e/o insufficiente motivazione) si palesano entrambi infondati, sulla base delle seguenti essenziali considerazioni:

a) l’art. 16 cit. D.Lgs. (imponente un’ apposita comunicazione al comune e l’esercizio dell’attività all’interno di locali non aperti al pubblico e privi di accessi dalla pubblica via) contiene una disciplina del tutto speciale, rispetto a quella generale,di cui alle precedenti disposizioni del testo normativo, che si applica nei soli casi in cui le vendite siano esclusivamente praticate nei confronti di una cerchia ristretta di persone (dipendenti di enti o imprese,militari,soci di cooperative di consumo, etc.) aventi titolo per l’accesso ai locali in cui avvengono;

b) nessuna disposizione contenuta nel decreto legislativo citalo prevede il divieto,per le cooperative che siano autorizzate,in base alle norme generali, all’esercizio del commercio al dettaglio erga omnes, ad effettuare anche vendite in favore dei propri soci nell’ambito dei locali aperti al pubblico;

c) nè le eventuali condizioni di favore praticate a questi ultimi possono comportare lo snaturamento dell’attività commerciale in questione,tenuto conto che la stessa comunque rimane diretta principalmente nei confronti del pubblico,mentre l’acquisizione della qualità di socio, sottoposta a condizioni non discriminatorie, costituisce soltanto un presupposto per la fruizione, a titolo promozionale, di sconti destinati ad una parte limitata della clientela;

d) i giudici di merito,per tanto, non sono incorsi in alcuna violazione o falsa applicazione della disposizione citata,che sarebbe stata applicabile soltanto nell’ipotesi di attivazione di una spaccio,riservato ad una ristretta cerchia di consumatori, nè del principio di irretroattività delle norme in materia di illecito amministrativo, considerato che il richiamo, da parte del giudice di appello, alla successiva disciplina contenuta nella L. n. 248 del 2006,va considerato quale mero argomento rafforzativo della resa e corretta interpretazione del dato normativo, ratione temporis applicabile, i cui principi informatori hanno trovato ulteriore conferma nella successiva e più dettagliala disciplina, attuativa di previgenti direttive comunitarie;

e) inconferente risulta il richiamo alla sentenza n. 12307/91 di questa S.C. relativa a fattispecie del tutto diversa;

f) inammissibile è infine la censura relativa al vizio di motivazione,non essendo riferita ad un punto o fatto decisivo della controversia all’interpretazione della legge,che nella specie risulta aderente sia alla lettera, sia alle finalità della stessa.

Si propone, conclusivamente, la reiezione del ricorso”.

Tanto premesso, i collegio, rilevato che non sono state depositate memorie dalle parti, nè formulate osservazioni in udienza dalle stesse o dal P.G.;

ritenuto di dover condividere le ragioni come sopra esposte dal relatore e di accoglierne, pertanto, la proposta di rigetto del ricorso;

tenuto conto, infine, della soccombenza, ai fini del regolamento delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore del resistente COOP CENTRO ITALIA, s.c.a.r.l., delle spese del presente giudizio,liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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