Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11478 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. II, 15/06/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 15/06/2020), n.11478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1541/2018 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BORGO PIO,

44, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SACCHETTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA PUSATERI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio

dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati MAURIZIO BALLARIN, NICOLETTA ONGARO,

ANTONIO IANNOTTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 856/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/10/2019 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione, con particolare riferimento al primo motivo;

udito l’Avvocato Stefano Sacchetto, difensore del ricorrente, che ha

chiesto di riportarsi agli atti depositati;

udito l’Avvocato Ginevra Paoletti con delega orale, difensore del

resistente, che ha chiesto di riportarsi agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.P., titolare dell’omonima ditta, proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione N. 820/2015, con la quale il Comune di Venezia gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 715,20 oltre alla confisca del natante di sua proprietà, a titolo di sanzione amministrativa, per la violazione della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 43 lett. a), in quanto, in violazione della sospensione dell’autorizzazione per il trasporto di persone, era stato sorpreso nello svolgimento del servizio di taxi acqueo.

1.1. Instauratosi il contraddittorio con la costituzione del Comune di Venezia, all’esito dell’istruttoria, il Tribunale rigettava la domanda.

1.2. La decisione di primo grado veniva confermata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza del 6.6.2017.

1.3. La corte distrettuale applicava l’art. 43, lett. a), della L.R Veneto, che sanziona l’esercizio di servizi pubblici non di linea per acqua in assenza della prescritta autorizzazione o licenza, sul presupposto che la sospensione della licenza fosse equiparabile all’assenza dell’atto autorizzativo.

1.4. Non ravvisava alcuna contraddittorietà nella condotta della Pubblica Amministrazione che aveva inserito lo Schultz nei turni dei tassisti d’acqua, nonostante la sospensione dall’esercizio dell’attività, sia perchè non sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario in relazione al sindacato dell’atto amministrativo, sia per omessa indicazione dell’atto amministrativo di cui si assume l’illegittimità.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.P. sulla base di due motivi.

2.1. Ha resistito con controricorso il Comune di Venezia.

2.3. Il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Corrado Mistri ha chiesto il rigetto del ricorso.

2.4. In prossimità dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L.R Veneto n. 63 del 1993, art. 43, comma 1, e dell’art. 4, comma 5, della L. n. 689 del 1981, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver equiparato il regime sanzionatorio del tassista che esercita il servizio di trasporto di persone senza licenza al tassista che svolga l’attività nel periodo in cui la licenza è stata sospesa. Tale errata interpretazione della legge condurrebbe ad equiparare illegittimamente il tassista abusivo al tassista che, pur rispettando le norme di sicurezza del trasporto, abbia violato la sanzione (il precetto?), con l’ulteriore e grave conseguenza dell’applicazione della sanzione accessoria del sequestro prevista dalla L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 43 comma 2. Inoltre, l’equiparazione della sospensione all’assenza di licenza sarebbe contraria al divieto di applicazione dell’analogia alle sanzioni amministrative, previsto dalla L. n. 689 del 1991, art. 1. Poichè, secondo il ricorrente, detta interpretazione era irragionevole, in via subordinata, chiedeva sollevarsi questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost..

1.1. Il motivo non è fondato.

1.2. La L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 41, prevede le ipotesi di sospensione, revoca e decadenza dell’autorizzazione e della licenza. La norma accomuna le tre ipotesi, stabilendo che:

“l’autorizzazione e la licenza possono essere sospese temporaneamente o revocate se il titolare:

a) non adempie agli obblighi stabiliti nel provvedimento di autorizzazione o di licenza;

b) non ottempera alle direttive e prescrizioni emanati dagli enti competenti in materia di trasporto pubblico non di linea;

c) contravviene alle disposizioni di leggi o di regolamenti in materia;

d) contravviene all’obbligatorietà della prestazione del servizio di taxi o di quello di gondola;

e) sostituisce abusivamente altri nel servizio;

f) non inizia il servizio entro il termine stabilito dall’autorizzazione o dalla licenza;

g) interrompe il servizio senza giustificato motivo;

h) non applica le tariffe in vigore.

1.3 L’art. 43 della medesima legge prevede le sanzioni amministrative, così disponendo:

“Ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali, ove il fatto costituisca reato ai sensi della normativa vigente, sono stabilite le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a) da Lire 500 mila a Lire 2 milioni in caso di esercizio di servi pubblici non di linea per via d’ acqua in assenza della prescritta autorizzazione o licenza;

b) da Lire 100 mila a Lire 400 mila in caso di inottemperanza agli obblighi stabiliti nel provvedimento di autorizzazione o di licenza;

c) da Lire 200 a Lire 800 mila in caso di violazione di disposizioni di legge o regolamenti.

1.4. La L.R. n. 63 del 1993, art. 44, prevede che “Alla violazione di cui all’art. 43, comma 1, lett. a), consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del natante.

1.5. L’equiparazione dell’assenza di autorizzazione e della sospensione, ai fini dell’applicazione della confisca, costituisce una scelta discrezionale del legislatore, alla quale sono sottesi interessi di tutela che giustificano tale scelta.

1.6. Essa trova espressione in diversi settori dell’ordinamento. Va richiamato, per esempio, il D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80 bis, introdotto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 142, il quale prevede, per chi guida durante il periodo di sospensione della patente disposta “per brevissima durata”, la misura di sicurezza della confisca obbligatoria del veicolo, senza differenziare la sua posizione da quella di chi guida senza avere mai ottenuto la patente o con patente revocata o sospesa a tempo indeterminato. Tale norma è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 28/07/1988, n. 932, investendo scelte discrezionalmente riservate al legislatore.

1.7. Anche sul versante penale, questa Corte si è espressa nel senso della equiparazione tra sospensione dell’autorizzazione ed assenza assoluta del titolo autorizzativo.

1.8. In particolare, oltre a Cass. Pen, n. 20439 del 15.2.2007 (dove si afferma che commette il reato di esercizio abusivo di una professione non solo colui che esercita un’attività sine titulo ma anche colui che la esercita in pendenza di un provvedimento di sospensione del titolo stesso) più di recente Cass. Pen., Sez. III n. 14273 del 9.4.2015 ha ribadito che “la sospensione dell’iscrizione comporta il venir meno, per tutto il periodo della durata, dell’efficacia del titolo necessario per poter esercitare le attività per le quali l’impresa è stata iscritta. Lo svolgimento dell’attività “medio tempore”…deve, pertanto, ritenersi effettuato in mancanza fisica dell’iscrizione, sospeso (e dunque mancante), per tutta la durata del relativo provvedimento”.

1.9. Correttamente, la corte di merito, nel differenziare le fattispecie di cui all’art. 43, lett. a) e c), ha evidenziato che, nel caso di specie, si era verificata la violazione di un provvedimento amministrativo e non di una legge o di un regolamento, tale da giustificare l’applicazione della sanzione di cui alla lettera c).

1.10. Del resto, questa Corte, con sentenza della VI Sezione Civile del 24/09/2015, n. 19012, occupandosi della medesima fattispecie, sotto il profilo della carenza di motivazione dell’ordinanza di confisca, per la sproporzione tra la sanzione pecuniaria irrogata e il valore del natante confiscato, in violazione del principio di proporzionalità estrapolato dalla L. n. 689 del 1981, art. 11, ha affermato il carattere obbligatorio della confisca in esame, escludendo che l’applicazione della medesima debba essere subordinata a una valutazione discrezionale del giudice.

1.11. La Corte ha anche accertato la compatibilità della misura rispetto ai principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 10 (Cass., Sez. 2, sent. n. 10200 del 2013). del 2011) in quanto la ratio della L.R. Veneto n. 63 del 1993, art. 44 non può essere ridotta alla semplice esigenza di garantire la solvibilità del soggetto sanzionato, ma deve essere ricondotta ai generali obiettivi di tutela e prevenzione che sono propri della normativa regionale e comunale.

1.12. Va, pertanto, dichiarata manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale della L.R. Veneto n. 63 del 1993, artt. 43 e 44, e della L. n. 689 del 1981, art. 20, nei termini suesposti, per incompatibilità con l’art. 3 Cost..

1.13. L’applicazione delle sanzioni amministrative, principali e accessorie, nel caso di sospensione dell’autorizzazione non confligge con il principio fondamentale di uguaglianza, dato che tale circostanza non è nella sostanza dissimile rispetto a quella dell’assenza dell’autorizzazione e merita pertanto un uguale trattamento sanzionatorio, imposto dai fini di regolamentazione della navigazione interna e di tutela dell’incolumità pubblica e dell’ambiente che permeano la disciplina in questione.

1.14. Invero, l’intera normativa in discussione, e in particolare la legge regionale n. 63 del 1993, ha come finalità precipua la salvaguardia di Venezia e la sicurezza della navigazione e la regolamentazione del traffico del servizio pubblico non di linea.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per contraddittorietà della motivazione in quanto la condotta della Pubblica Amministrazione aveva inserito lo Schultz nei turni dei tassisti d’acqua, nonostante la sospensione dall’esercizio dell’attività.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Sussiste il vizio di cui all’art. 132 c.p.c., soltanto qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile; in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cassazione civile sez. VI, 25/09/2018, n. 22598; Cass. Sez. 07/04/2014 n. 8053).

2.2. Il vizio di nullità è configurabile in quanto la sentenza è inidonea a raggiungere lo scopo, ovvero di spiegare le ragioni del decidere e non è configurabile, nemmeno sotto il profilo della violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando si denunci la contraddittorietà della motivazione, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

2.3. Nella specie, il vizio censurato non attinge l’esistenza della motivazione ma il suo contenuto.

3. Il ricorso va pertanto rigettato.

3.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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