Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11477 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 30/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 30/04/2021), n.11477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE X

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE AnnaMaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31253-2019 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in Roma, V. Gregoriana 54,

presso lo studio dell’avvocato Calcerano Giovanna, rappresentato e

difeso dagli avvocati Colarusso Olimpia, Colarusso Romano, in forza

di procura in calce al ricorso;

– ricorrente-

contro

G.M.J.E., rappresentata e difesa dall’avv. Cigliola

Giovanni, in forza di procura allegata al ricorso;

– controricorrente –

FONDAZIONE ENASARCO, ITALFONDIARIO SPA, BANCA POPOLARE PUGLIA E

BASILICATA SCPA, SPV PROJECT 1702 SRL;

-intimati-

avverso la sentenza n. 174/2019 della Corte d’appello di Lecce Sez.

distaccata di Taranto, depositata il 20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2020 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

In un giudizio di scioglimento della comunione fra ex coniugi, promosso da G.M.J.E. nei confronti di C.C., il convenuto, costituendosi in giudizio, deduceva che occorreva comprendere nella massa da dividere somme esistenti su un conto corrente e un libretto cointestati in nome di entrambi i coniugi, previo accertamento dell’obbligo dell’attrice di restituzione delle somme unilateralmente prelevate.

Il tribunale prima e la corte d’appello poi dichiaravano inammissibile tale istanza, qualificata come domanda riconvenzionale, in quanto non proposta nel termine ex art. 166 c.p.c..

Per la cassazione della sentenza il Cinefra ha proposto ricorso, affidato a tre motivi: il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 177 c.c., art. 167 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Si sostiene che il convenuto non aveva proposto una domanda riconvenzionale, ma aveva piuttosto chiesto che fossero inclusi nella divisione tutti i beni oggetto della comunione. Il secondo e il terzo motivo denunciano entrambi omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: i fatti a cui ineriscono le censure riguardano la stima di uno dei beni oggetto di divisione (secondo motivo) e la necessità che i valori fossero aggiornati, tenuto conto del tempo decorso dalla stima.

G.M.J.E. ha resistito con controricorso.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza.

La controricorrente ha depositato memoria.

Il primo motivo è infondato. E’ certo che, nelle comunioni che comprendono più beni, è consentita la divisione parziale quando i condividenti vi consentano o quando essa formi oggetto di domanda giudiziale che nessuno delle parti estenda, chiedendo la divisione dell’intero compendio. Secondo il ricorrente l’istanza di ampliamento non implica la proposizione di una domanda riconvenzionale, atteggiandosi piuttosto quale mera specificazione della originaria domanda di divisione. Fatto è, però, che il convenuto (attuale ricorrente) non aveva richiesto sic et simpliciter di estendere la divisione a beni comuni ulteriori oltre a quelli indicati nella domanda. La supposta estensione implicava il preventivo accertamento che l’attrice si era appropriata di un libretto bancario comune, riscuotendo l’intero saldo, e aveva unilateralmente prelevato denaro giacente su un conto corrente cointestato. Si richiedeva in altri termini, in via preliminare rispetto alla divisione, una statuizione che dichiarasse l’obbligo della compartecipe di ricostituire la comunione. Una siffatta richiesta, anche se proposta nel giudizio volto allo scioglimento della comunione, rimane autonoma e distinta dalla domanda di divisione. Si applicano perciò le forme e i termini previsti per le domande riconvenzionali (Cass. n. 5861/1991; n. 2747/1998; n. 15182/2019), come correttamente ha riconosciuto la corte d’appello.

Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili. Essi alludono a questioni, riguardanti la stima, che non sono menzionate nella sentenza impugnata, che si occupa solamente della inammissibilità della domanda riconvenzionale. Nonostante il silenzio della sentenza, il ricorrente non chiarisce se e con quale atto tali questioni furono sottoposte all’attenzione della corte d’appello. E’ stato precisato che “in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (Cass. n. 20694/2018). In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con addebito delle spese del giudizio di legittimità.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile / della Corte suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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