Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11477 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/05/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 12/05/2010), n.11477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 35034-2006 proposto da:

B.V., P.G., PO.GI.,

P.E., P.M., PE.GU., in qualità di

eredi di PE.EM., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAVALLARI EGISTO,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

AUTORITA’ PORTUALE DI GENOVA;

– intimato –

sul ricorso 1273-2007 proposto da:

AUTORITA’ PORTUALE DI GENOVA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

14, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAROLETTI CAMILLO,

giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

B.V., P.G., PO.GI.,

P.E., P.M., PE.GU., in qualità di

eredi di PE.EM.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 21/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/01/2006 r.g.n. 265/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato BARBANTINI MARIA TERESA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e assorbito l’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi al Tribunale di Genova (poi riuniti) i lavoratori in epigrafe indicati, premesso di aver lavorato alle dipendenze del Consorzio Autonomo del Porto (di seguito, CAP), trasformato successivamente in Autorità Portuale di Genova (di seguito APG), esponevano di essere titolari di pensione integrativa già erogata dal CAP sino all’entrata in vigore della L. 13 febbraio 1987, n. 26, art. 13 che aveva disposto il subentro dell’INPS nei compiti relativi all’erogazione dei trattamenti previdenziali.

Esponevano che la materia pensionistica per i dipendenti del CAP era regolata dalle “Norme transitorie sul trattamento di pensione del personale consortile”, approvate con D.M. 1 marzo 1977, secondo le modifiche approvate dall’Assemblea Generale del Consorzio con Delib.

16 dicembre 1987, n. 7 e andava calcolata sulle voci stipendio, aumenti periodici di anzianità, indennità combattenti e maggiorazione per prestazioni accessorie.

Per quanto riguarda la “maggiorazione per prestazioni accessorie” rilevavano che essa consisteva in una maggiorazione in percentuale unica da calcolarsi sull’ultimo stipendio base percepito dal lavoratore e che teneva conto di varie voci retributive.

Riferivano che questo procedimento era andato avanti sino al 1992, allorchè era stato unilateralmente modificato dall’Assemblea Generale con Delib. 28 luglio 1992 (cd. libro bianco). Infatti dal 1992 l’INPS aveva applicato la percentuale per la voce “maggiorazione indennità accessorie” non già sullo stipendio base effettivamente percepito al momento del pensionamento, ma sul puro stipendio tabellare del 4^ livello per tutti gli ex dipendenti inquadrati dal 4^ al 6^ livello e sul puro stipendio tabellare del 7^ livello per tutti gli ex dipendenti inquadrati dal 7^ al 9^ livello.

Ritenevano che la Delib. 28 luglio 1992 fosse affetta da nullità e quindi inapplicabile, con la conseguenza che doveva continuare ad applicarsi la Delib. 16 dicembre 1987.

Chiedevano pertanto al giudice adito di accertare che la voce “maggiorazione competenze accessorie” doveva essere computata applicando la percentuale del 44,56% alle voci retributive risultanti dall’ultima busta paga, nonchè di condannare l’Inps alla riliquidazione della pensione in godimento ed al pagamento delle somme determinate da CTU. L’INPS si costituiva ed eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto la L. n. 26 del 1987, art. 13 gli aveva attribuito funzioni di mera erogazione delle pensioni precedentemente gestite dal Fondo Consortile.

L’Autorità Portuale di Genova, chiamata in causa, si costituiva ed eccepiva a sua volta il proprio difetto di legittimazione passiva avendo la L. n. 26 del 1987, citato art. 13 trasferito all’INPS ogni competenza relativa alla liquidazione delle pensioni dei dipendenti.

Il Tribunale, con sentenza n. 1247 del 2004, accertata la legittimazione passiva sia dell’INPS che dell’Autorità Portuale, dichiarava la validità ed efficacia delle norme contenute nel “Trattamento di pensione del personale del Consorzio Autonomo del Porto di Genova” aggiornato al maggio 1992 e respingeva i ricorsi.

Proponevano impugnazione i lavoratori e la Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 21 depositata il 22 novembre 2006, dichiarava inammissibile l’appello per carenza di motivi logicamente riferibili alla motivazione della sentenza impugnata. Secondo la Corte territoriale gli appellanti avevano erroneamente ritenuto che il Tribunale avesse accolto le domande dichiarando non applicabile, in quanto inefficace, la Delib. 28 luglio 1992, respingendole solo sul “quantum”, mentre invece le domande erano state totalmente respinte.

Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso sostenuto da cinque motivi. L’INPS ha resistito con controricorso. L’Autorità Portuale ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato con un motivo, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., i pensionati censurano la sentenza impugnata per aver affermato che gli appellanti avevano erroneamente ritenuto che il Tribunale aveva dichiarato inefficace la Delib. 28 luglio 1992 e respinto le domande soltanto per la mancata specificazione del quantum. Rilevano, per contro, che nell’atto di appello avevano espressamente chiesto l’accertamento della nullità della delibera suddetta.

Con il secondo motivo, denunciando genericamente violazione di legge, oltre che vizi di motivazione, i pensionati lamentano che i giudici di appello non hanno affatto preso in esame il problema, sollevato con l’impugnazione, della inefficacia della Delib. 28 luglio 1992 per la mancata approvazione da parte del Ministero e per inosservanza dell’art. 9 delle Norme Transitorie, che disponeva l’automatico adeguamento delle pensioni agli importi delle retribuzioni all’esito di trattative con le OO.SS..

Con il terzo motivo di ricorso, i pensionati denunciano violazione della L. 13 febbraio 1987, n. 26, art. 13 (di conversione del D.L. 17 dicembre 1986, n. 873) e della L. n. 400 del 1988, art. 17 e addebitano ai giudici di appello di non aver considerato che le delibere consortili approvate dal Ministero costituivano fonti oggettive di diritto in quanto atto integrativo della norma di legge.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 99, 112, 115, 116 e 277 c.p.c. lamentano il mancato esame da parte del giudice del gravame dei documenti e delle altre prove prodotti in giudizio.

Con il quinto motivo, denunciando violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e vizi di motivazione, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere i giudici di appello preso in esame le varie argomentazioni portate dai pensionati nell’atto di appello a sostegno della tesi della inefficacia della Delib. 28 luglio 1992.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato l’Autorità Portuale di Genova, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 334 c.p.c., nonchè vizi di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver preso in esame l’appello incidentale con il quale L’Autorità Portuale aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato la legittimazione passiva di APG ed aveva escluso che la gestione e quantificazione dei trattamenti pensionistici stato devoluto per legge (L. n. 26 del 1987, art. 13) alla sfera esclusiva dell’INPS, erroneamente ravvisando un rapporto giuridico plurisoggettivo ed un litisconsorzio necessario con l’INPS. Il ricorso principale non è meritevole di accoglimento.

La Corte di Appello ha dichiarato inammissibile l’appello dei pensionati sul rilievo che i ricorrenti erano partiti da un presupposto di fatto errato, vale a dire che la decisione aveva accolto la loro domanda dichiarando inefficace il cd. libro bianco, respingendole sul quantum per erronea indicazione della percentuale applicabile e non ammettendo la chiesta consulenza tecnica. Invece dalla motivazione e dal dispositivo della sentenza emerge chiaramente che la domanda è stata respinta in quanto ritenuta infondata e, di conseguenza, senza che si passasse ad esaminare il “quantum”.

Queste affermazioni della Corte territoriale, poste a fondamento della pronuncia di inammissibilità dell’appello, non sono state adeguatamente censurate nel ricorso per cassazione.

Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo la Corte di Cassazione abilitata all’esame diretto degli atti delle cause di merito, i ricorrenti avrebbero dovuto trascrivere in ricorso (in modo completo o quantomeno nelle parti salienti) l’atto di appello e dimostrare che nel suddetto atto di impugnazione non erano affatto ravvisabili gli errori e la mancata attinenza dei motivi di appello con la argomentazioni del giudice di primo grado riscontrati dal giudice del gravame.

I ricorrenti nel primo motivo di ricorso hanno completamente omesso la trascrizione, anche parziale, dell’atto di appello, limitandosi a richiamare le pagine dell’impugnazione in cui i problemi erano stati trattati nonchè ad invocare la giurisprudenza di legittimità sulla specificità dei motivi di appello, mentre con i successivi motivi hanno riproposto le questioni di merito, non esaminate dal giudice di appello. Di conseguenza questa Corte non è stata messa in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure alla pronuncia di inammissibilità dell’atto di appello. Pertanto non si ravvisano valide ragioni per cassare la sentenza impugnata.

Il ricorso, dunque, deve essere respinto. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

La particolarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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