Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11474 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2011, (ud. 08/04/2011, dep. 25/05/2011), n.11474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

J.C.E.M. s.n.c, di Mazzarotto Achille & C. (p.i. (OMISSIS)), in

persona dei soci legali rappresentanti A. e M.

P., elettivamente domiciliati in Roma, via Tagliamento, 55,

presso lo studio dell’avv. Di Pietro n., che li rappresenta e difende

insieme con l’avv. R. Rechichi giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.D. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

Roma, viale Liegi, 42, presso lo studio dell’avv. Aloisio R.G., che

lo rappresenta e difende insieme con l’avv. A. D’Agostino, giusta

procura a margine del controricorso;

AXA ASSICURAZIONI s.p.a. (p.i. (OMISSIS)), in persona del suo

legale rappresentante, dott. R.M., elettivamente

domiciliato in Roma, via Otranto, 36, presso lo studio dell’avv.

Massano M., che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e

FALLIMENTO ITALNOLEGGI s.r.l., in persona del curatore, elettivamente

domiciliato in Mestre, via Calle del Sale, 9, presso lo studio

dell’avv. A. Franzoi;

A.G.N., elettivamente domiciliato in Jesolo, via

Barracuda, 5/1, presso lo studio dell’avv. R. Marigonda;

– intimati –

avverso la sentenza n. /09 della Corte d’appello di Venezia, del

18.2.2009, depositata il 25.11.2009;

vista la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. Felice

Manna;

udito l’avv. R.G. Aloisio, difensore del controricorrente R., che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito Favv. M. Massano, difensore della controricorrente Axa

Assicurazioni s.p.a., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza.

2 – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c. (tra parentesi e in corsivo le aggiunte e le correzioni di errori materiali):

“1. – Con un primo atto di citazione notificato il 22.10.1992 R. D., proprietario di un immobile su cui erano stati eseguiti lavori di scavo, funzionali ad opere di ristrutturazione edilizia, che avevano danneggiato il vicino fondo appartenente a G. A., conveniva quest’ultimo in giudizio, innanzi al Tribunale di Venezia, affinchè fosse accertato l’ammontare dei danni. Il convenuto aderiva alla domanda.

1.1. – Con un secondo atto di citazione notificato il 10.3.1994 R. D. conveniva in giudizio, sempre innanzi al Tribunale veneziano, lo stesso A.G. nonchè l’impresa appaltatrice dei lavori, la J.C.E.M. s.n.c., verso cui domandava il medesimo accertamento dei danni. La J.C.E.M. si costituiva e chiamava in garanzia propria e impropria, rispettivamente, la U.A.P. s.p.a., assicuratore per la responsabilità civile, e la Italnoleggi s.r.l., subappaltatore dei lavori in questione, cui imputava la responsabilità dell’evento lesivo. Riunite le due cause e autorizzate le chiamate in garanzia, la U.A.P. s.p.a. resisteva alla domanda, mentre per la Italnoleggi s.r.l., inizialmente dichiarata contumace, si costituiva il relativo Fallimento, intervenuto nelle more, che chiedeva dichiararsi l’improcedibilità o l’inammissibilità della domanda proposta.

1.2. -Il Tribunale lagunare, ritenuta la nullità della chiamata in causa della J.C.E.M., siccome sostanzialmente elusiva il disposto dell’art. 269 c.p.c., e, di riflesso, delle chiamate in garanzia effettuate dalla società convenuta, condannava il solo R.D. al risarcimento dei danni, che liquidava in Euro 21.288,71, oltre accessori, ponendo a carico dell’attore le spese sostenute da tutte le parti.

1.3. – Sull’appello principale del R. e incidentale condizionato, quanto alle sole spese di giudizio, del Fallimento Italnoleggi, la Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la J.C.E.M. a tenere indenne il R. di quanto questi avrebbe corrisposto all’ A., anche a titolo di spese processuali, rigettava l’impugnazione incidentale, condannava la J.C.E.M. a rifondere al R. le spese processuali di primo grado, la U.A.P. a pagare le spese di primo grado alla J.C.E.M., compensava le spese di primo grado tra A.G. e il Fallimento Italnoleggi, condannava la J.C.E.M. e la U.A.P, in solido fra loro alle spese dell’appello verso il R., condannava quest’ultimo alle spese dell’appello verso l’ A. e compensava le spese del grado tra il Fallimento Italnoleggi e la J.C.E.M..

In particolare, la Corte d’appello osservava che il richiamo all’art. 269 c.p.c. quale fondamento della nullità pronunciata dal giudice di prime cure non fosse pertinente in quanto (anche) nella seconda delle due cause instaurate R.D. rivestiva la qualità di attore, e non di convenuto, di guisa che la sua azione verso l’impresa appaltatrice dei lavori era del tutto ammissibile. Riteneva, inoltre, il giudice d’appello, che la domanda di condanna della J.C.E.M., proposta dal R. solo all’udienza di precisazione delle conclusioni, fosse ammissibile, in quanto detta società non solo non aveva ricusato il contraddittorio, ma aveva anche formulato domanda di manleva nei confronti della Italnoleggi, e nel merito fondata.

Riteneva, quindi, che la J.C.E.M., non avendo proposto appello incidentale condizionato, non potesse chiedere la condanna della U.A.P. a tenerla indenne per l’ipotesi di soccombenza verso il R..

Relativamente alle spese, osservava (per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità) che ai fini della valutazione della soccombenza virtuale nel rapporto tra la J.C.E.M. e la U.A.P., la clausola dattiloscritta sul modulo della polizza, da ritenersi prevalente ai sensi dell’art. 1342 c.c. rispetto alle condizioni generali di contratto predisposte nel modulo stesso, non lasciasse adito a dubbi sull’operatività dell’assicurazione nel caso in cui, come era avvenuto nella fattispecie, i danni fossero derivati da opere di scavo.

Quanto al rapporto processuale tra il R. e la J.C.E.M., considerava, infine, che la domanda di garanzia proposta dal primo verso la seconda era stata accolta e che, per contro, l’eventuale responsabilità della Itlanoleggi avrebbe avuto rilievo soltanto nei rapporti interni con la J.C.E.M., la quale, pertanto, doveva essere condannata a rifondere al R. le spese di entrambi i gradi di giudizio.

2. – Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre la J.C.E.M., articolando tre mezzi d’annullamento.

2.1, – Resistono con controricorso R.D. e la Axa Assicurazioni s.p.a., la quale ultima propone, altresì, ricorso incidentale, cui resiste, con controricorso, la J.C.E.M..

2.2. – Non ha(nno) svolto attività difensiva il Fallimento Italnoleggi s.r.l. (e A.G.).

3. – Con il ricorso principale si deduce, a) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 la violazione degli artt.183 e 184 c.p.c., nella loro formulazione anteriore alla L. n. 353 del 1990, e il vizio di motivazione sul punto concernente l’accettazione per facta concludenza da parte della J.C.E.M. del contraddittorio sulla domanda nuova di condanna al risarcimento dei danni, inizialmente non proposta; b) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione degli artt. 100, 343 e 346 c.p.c., dovendosi considerare non necessario che la parte convenuta, vittoriosa in primo grado, debba proporre impugnazione incidentale condizionata per far valere nei confronti dei terzi chiamati l’azione di garanzia rimasta assorbita per effetto della reiezione della domanda principale, essendo sufficiente a tal fine riprodurre, ex art. 346 c.p.c., la domanda assorbita; c) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver pronunciato ultrapetita, provvedendo sulla domanda di condanna al risarcimento del danno; e infine, ed) sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè il giudice d’appello ha omesso di pronunciarsi su una parte della domanda proposta dall’appellante, nel senso che il R. aveva chiesto la compensazione delle spese di primo grado tra lui stesso e A. G., per cui il giudice d’appello avrebbe dovuto liquidare le spese dell’intero giudizio e poi, come richiestogli, determinare la quota di queste da porre a carico della convenuta J.C.E.M.; invece, sostiene il ricorrente, il giudice d’appello per un verso ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta compensazione, e dall’altro è andato oltre i limiti della domanda, ponendo interamente a carico della J.C.E.M. le spese del primo grado di giudizio, senza tenere in alcuna considerazione che l’appellante aveva chiesto la compensazione delle spese di primo grado tra lui e A.G..

3.1. – Con il ricorso incidentale si deduce, i sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 la falsa applicazione dell’art. 1342 cc. e l’insufficiente motivazione circa il necessario giudizio d’incompatibilità tra clausole aggiunte e clausole del formulario, affinchè le prime prevalgano sulle seconde.

4. – I motivi del ricorso principale menzionati sub a) e c) del par.

3 che precede (erroneamente titolati ai sensi del n. 3, invece che del n. 4 del comma 1, dell’art. 360 c.p.c.) – da esaminare congiuntamente in quanto riguardanti una medesima censura di ultrapetizione, che lamenta ogni decisione di merito ulteriore a quella di mero accertamento della responsabilità del danno – sono infondati, in quanto confutabili a stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, cui parte ricorrente non oppone alcuna ragione di contrasto.

4.1. – Con riferimento al rito civile ordinario anteriore all’entrata in vigore della novella di cui alla L. n. 353 del 1990, è costante l’affermazione del principio che la domanda proposta all’udienza di precisazione delle conclusioni deve ritenersi ritualmente introdotta in giudizio, per accettazione implicita del contraddittorio, qualora la parte nei cui confronti essa è rivolta non ne abbia eccepito nella stessa udienza la preclusione, non essendo utile allo scopo l’opposizione fatta in comparsa conclusionale (Cass. S.U. n. 8596/98;

conformi, Cass. nn. 2658/99, 15185/01, 13750/02, 11064/03 e 21816/06).

4.1.1. – Nello specifico, la stessa parte ricorrente deduce che sia all’udienza di precisazione delle conclusioni del 23.6.1999, sia alle udienze successive la J.C.E.M. si limitò “a non reagire alle domande nuove proposte dal R.”, continuando “a precisare le proprie originarie conclusioni” come formulate nella propria “comparsa di costituzione e risposta nei confronti della Italnoleggi s.r.l. e della U.A.P. Assicurazioni s.p.a. e nell’atto della loro chiamata in causa” (così, testualmente, a pag. 22 del ricorso).

4.2. – Del pari infondato il motivo sub b), posto che la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte è in senso contrario a quanto la J.C.E.M., anche in tal caso, sostiene senza adeguata motivazione di contrasto.

4.2.1. – Ed infatti, qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l’ipotesi in cui (dele: non) venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346 cod. proc. civ., della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poichè la richiesta dell’appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l’appello principale (Cass. nn. 19145/04, 2061/04, 5249/06 e 9535/10).

4.3. – Anche il motivo sub ed) è manifestamente infondato in ciascuna delle proposizioni in cui si articola.

4.3.1. – Premesso che la richiesta di compensare le spese non costituisce domanda giudiziale, ma mera sollecitazione dell’esercizio di un potere ufficioso, la Corte territoriale non ha omesso alcuna pronuncia sulle spese di giudizio, ma ha provveduto regolandole tra l’ A. e il R., e, di riflesso, tra quest’ultimo e la J.C.E.M. Nè è minimamente sostenibile che il giudice d’appello avrebbe dovuto indicare la quota delle spese gravanti sulla J.C.E.M., visto che una tale specificazione presuppone l’applicabilità dell’art. 97 c.p.c., ossia una pluralità di parti soccombenti obbligate in via solidale o indivisibile, ovvero aventi comunanza di interessi o almeno convergenza di atteggiamenti difensivi (cfr. Cass. nn. 24757/07 e 6761/05), mentre nel caso di garanzia impropria – che ricorre nella specie – la condanna del garante a tenere indenne il responsabile per la soccombenza verso il danneggiato esclude in partenza anche una semplice comunanza difensiva fra i primi due.

5. – Anche il ricorso incidentale non può essere accolto, in quanto il motivo che lo sostiene difetta del (pre)requisito di autosufficienza, non riportando per intero il contenuto della clausola aggiunta e della parte del modulo o formulario rispetto al quale la clausola stessa andrebbe giustapposta, al fine di scrutinare la congruità e logicità della motivazione svolta al riguardo dal giudice d’appello”.

3- Con memoria presentata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, la J.C.E.M. s.p.a. sostiene che la relazione non avrebbe considerato che nel giudizio di primo grado detta parte non solo non aveva esplicitato alcuna accettazione del contraddittorio su domande nuove, ma altresì, all’udienza del 14.1.2003, fissata ai sensi dell’art. 189 c.p.c., nel precisare le proprie conclusioni aveva dichiarato espressamente di non accettare il contraddittorio su domande nuove.

Soggiunge, quindi, che la giurisprudenza richiamata dal relatore, lungi dall’indicare un momento finale o un termine ultimo entro cui sia eccepibile la preclusione dell’art. 184 c.p.c. (nel testo ante riforma di cui alla L. n. 353 del 1990), afferma che la domanda nuova deve ritenersi ritualmente introdotta in giudizio, per accettazione implicita del contraddittorio, ove la parte nei cui confronti è stata proposta abbia eccepito la novità solo con la comparsa conclusionale, e non nella stessa udienza. Ne consegue, conclude, che la non accettazione del contraddittorio può essere manifestata efficacemente finchè la causa non sia introitata in decisione.

L’assunto è infondato.

E’ la predetta parte ricorrente a non considerare che la giurisprudenza di questa Corte Suprema non si limita ad affermare che la ricusazione del contraddittorio su di una domanda nuova non può avvenire per la prima volta nella comparsa conclusionale, ma aggiunge, altresì, che l’accettazione oltre che espressa può essere manifestata anche in via implicita, allorchè la parte contro cui è innovata la domanda tenga una condotta processuale incompatibile con la volontà di rifiutare il contraddittorio.

E’ costantemente affermato, infatti, che nel regime normativo antecedente alla novella del codice di rito del 1990, la novità della domanda in primo grado non è eccezione riservata alla parte, ma rilevabile anche su iniziativa del giudice. Questo potere officioso, tuttavia, non è illimitato poichè si esaurisce allorquando la parte, che potrebbe avere interesse ad impedire l’ingresso della domanda, abbia dichiarato di accettare il contraddittorio o tenuto un comportamento implicante accettazione.

Tale comportamento non può essere ravvisato nel mero silenzio o nel difetto di reazione, anche prolungato nel tempo, alla domanda nuova, dovendo estrinsecarsi in un atteggiamento difensivo inequivoco concretantesi in una contestazione specifica riferita al merito della pretesa e non semplicemente affidata a formule di stile (v. Cass. n. 3159/01 e le successive tutte conformi).

Come evidenziato nella relazione (v. pag.3), è la stessa parte ricorrente ad affermare che all’udienza di precisazione delle conclusioni del 23.6.1999 e alle successive che ne seguirono la J.C.E.M. non reagì alle nuove domande del R., continuando a precisare le proprie originarie conclusioni così come formulate nella comparsa di costituzione e risposta e nell’atto di chiamata in causa della Italnoleggi s.r.l. e della U.A.P. Assicurazioni s.p.a.;

sicchè, tale essendo il fatto processuale, è di tutta evidenza che, come esattamente ritenuto dalla Corte d’appello nella sentenza impugnata, il mantenimento delle domande di garanzia è condotta incompatibile con la volontà di rifiutare il contraddittorio sulla domanda di condanna proposta dal R., le une supponendo necessariamente l’altra.

Il fatto che, successivamente, la stessa parte abbia esplicitato un opposto intento processuale, non muta i termini della questione.

Nel processo civile è immanente il principio di preclusione, che in una delle varie accezioni in cui esplica la propria complessa operatività, predica che le facoltà processuali si consumano (non solo per l’infruttuoso decorso dei termini perentori eventualmente stabili per compierle, ma anche) a causa del loro già compiuto e valido esercizio, sicchè non è dato alla parte di rimuoverne gli effetti esercitando una sorta di ius poenitendi, ove quest’ultimo non sia espressamente previsto dall’ordinamento. Ne deriva che la parte non può rifiutare espressamente il contraddittorio che abbia, sebbene in maniera implicita, precedentemente accettato, ancorchè la causa non sia stata ancora introitata in decisione.

4 – Nella discussione orale il procuratore della Axa Assicurazioni, infine, ha sostenuto di aver specificamente riportato, al contrario di quanto affermato nella relazione, lì dove si rileva il difetto di autosufficienza del ricorso incidentale, il contenuto delle clausole (sia quella del formulario predisposto dalla compagnia assicuratrice, sia quella aggiunta) la cui interpretazione forma oggetto di censura, e chiede, pertanto, l’accoglimento dell’impugnazione.

Anche tale replica non coglie affatto il senso di quanto esposto nella relazione.

E’ fermo orientamento di questa Corte che il ricorrente il quale, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. da ultima e per tutte, Cass. n. 17915/10).

Nello specifico, invece, il ricorso incidentale non riproduce il testo integrale delle clausole di cui si lamenta l’insufficiente o contraddittoria motivazione, ma si limita a citarle in maniera parziale, opportunamente alternando, per ricomporne un testo coerente all’interpretazione favorevole alla stessa parte, le frasi del difensore alle espressioni delle clausole, le quali ultime, lette senza l’ausilio finalisticamente orientato delle prime, risultano totalmente prive di senso compiuto.

Le uniche espressioni riportate tra virgolette, infatti, così suonano: “…compresi lavori di scavo…” (frase che la parte riferisce alla clausola che descriverebbe l’attività assicurata);

“dovuti ad assestamento, cedimento, franamento del terreno, da qualsiasi causa determinati” (frase riferita, sempre dalla parte, alla clausola di cui all’art. 17, lett. i del contratto prestampato);

ed ancora, “…impresa di costruzione fabbricati… lavori di scavo e demolizione… ristrutturazione e sopraelevazione… armature e rifiniture… preparazione e disarmo dei cantieri…” (frase, neppure intera, attribuita alla descrizione dattiloscritta sul frontespizio della polizza).

5 – Per quanto sopra, ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia, e non scalfite dalle repliche delle parti ricorrenti principale e incidentale.

6 – Ricorre, pertanto, il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 per la definizione camerale del processo, rigettando sia il ricorso principale, sia quello incidentale.

7 – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della J.C.E.M. e della UAP Assicurazioni verso R.D., mentre vanno compensate tra ricorrente principale e incidentale.

8 – La presente decisione, essendo conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve intendersi deliberata ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1).

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta entrambi e condanna la J.C.E.M. s.p.a. al pagamento delle spese in favore di R.D., che liquida in Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge; condanna inoltre la UAP Assicurazioni s.p.a. al pagamento delle spese in favore di D. R., che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge;

compensa integralmente le spese tra la J.C.E.M. s.p.a. e la UAP Assicurazioni s.p.a..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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