Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11474 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 12/05/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 12/05/2010), n.11474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23244-2006 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ETTORE

ROLLI 24, presso lo studio dell’avvocato SFORZA ARTURO, rappresentato

e difeso dall’avvocato SPAGNOLO GIUSEPPE, giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S.T. – AZIENDA SICILIANA TRASPORTI S.P.A.;

– intimata –

sul ricorso 24568-2006 proposto da:

A.S.T. – AZIENDA SICILIANA TRASPORTI S.P.A., con socio unico la

Regione Siciliana, già Azienda Siciliana Trasporti, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA OSLAVIA 39/F, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE CARLONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO TROTTA, giusta mandato a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ETTORE

ROLLI 24, presso lo studio dell’avvocato SFORZA ARTURO, rappresentato

e difeso dall’avvocato SPAGNOLO GIUSEPPE, giusta mandato a margine

del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 775/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 22/03/2006 R.G.N. 588/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato SPAGNUOLO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Siracusa, depositato in data 23.9.1999, G.F., premesso di aver lavorato presso l’Azienda Siciliana Trasporti (A.S.T.) di (OMISSIS) dal 11.9.1959 al 4.8.1992, esponeva che, pur essendo stato dichiarato inidoneo alla guida a seguito di apposito giudizio a tal fine proposto in considerazione delle sue condizioni di salute, la società datoriale aveva omesso di inserirlo negli elenchi quinquennali di esodo dei non idonei, previsti dalla L. n. 270 del 1998. Chiedeva pertanto la condanna dell’A.S.T. alla corresponsione del maggior trattamento cui avrebbe avuto diritto ove fosse stato inserito nel detto elenco, oltre al risarcimento dei danni materiali e morali subiti.

Con sentenza in data 29.5.2002 il Tribunale adito rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello il G. lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 6.10.2005, nella contumacia dell’appellata, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione G. F. con quattro motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso la società intimata, che propone a sua volta ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo di gravame.

Il G. resiste con controricorso al suddetto ricorso incidentale.

Lo stesso ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Preliminarmente va disposta la riunione ai sensi dell’art 335 c.p.c. dei due ricorsi perchè proposti avverso la medesima sentenza.

Col primo motivo di gravame il ricorrente principale lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 270 del 1988, art. 3 come interpretato dalla sentenza n. 60/1991 della Corte Costituzionale;

nonchè violazione dell’art. 2934 c.c., comma 2, art. 15 preleggi, art. 112 c.p.c., e art. 113 c.p.c., comma 1, art. 442 c.p.c., L. n. 153 del 1969, artt. 39 e 40, art. 2115 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

In particolare rileva il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto prescritto il diritto dallo stesso azionato, versandosi in tema di trattamento pensionistico non corrisposto, e segnatamente di “prepensionamento obbligatorio” secondo le previsioni della L. n. 270 del 1988, art. 3 e considerata l’imprescrittibilità del diritto a pensione.

Il motivo non è fondato.

In proposito ritiene il Collegio di dover evidenziare, siccome più volte ribadito da questa Corte, che nel rito del lavoro l’interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione, dal che consegue che il relativo giudizio comporta l’esame delle argomentazioni esposte dal giudice nella sentenza impugnata a suffragio delle proprie determinazioni.

Alla stregua di quanto sopra appare evidente che la Corte territoriale, nell’interpretazione ed individuazione del contenuto del ricorso introduttivo, ha aderito alla prospettazione del giudice di primo grado il quale aveva evidenziato che nel caso di specie l’azione proposta si configurava come azione risarcitoria per responsabilità contrattuale.

Ed invero, con il predetto ricorso ex art. 414 c.p.c., il G. non ha chiesto la corresponsione del trattamento pensionistico maggiorato (domanda che avrebbe potuto rivolgere esclusivamente all’Inps), ma ha bensì chiesto al datore di lavoro il maggior trattamento a titolo risarcitorio per l’omessa inclusione di esso ricorrente negli elenchi predetti.

Ne consegue che, se pur è vero che il diritto a pensione è irrinunciabile ed imprescrittibile, la statuizione del giudice, in applicazione del principio della domanda, non può che attenere alla domanda proposta. E nel caso di specie la domanda, alla stregua della ricostruzione operata dai giudici del merito, aveva contenuto esclusivamente risarcitorio.

Il suddetto motivo di gravame non può pertanto trovare accoglimento.

Col secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta inosservanza del litisconsorzio necessario con l’Inps; nullità della sentenza e del procedimento; violazione dell’art 2116 c.c., artt. 99, 102, 159 e 442 c.p.c., art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

In particolare rileva il ricorrente che, essendo stata dedotta con il ricorso introduttivo domanda di mutamento del titolo pensionistico, l’Inps assumeva la posizione di contraddittore necessario in quanto legittimato passivamente nella domanda per il conseguimento della prestazione assicurativa spettante.

Il motivo non è fondato atteso che, non versandosi – per come detto – in tema di azione volta a conseguire il trattamento pensionistico, non si configura alcun litisconsorzio necessario con l’Inps, quale ente erogatore della pensione.

Col terzo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2943 c.c., comma 1, artt. 669 octies e novies, 112, 115 e 116 c.p.c.; omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio; violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Rileva in particolare che erroneamente la Corte territoriale aveva omesso di valutare l’efficacia interruttiva dell’ordinanza emanata dal Pretore del lavoro in data 29.8.1987 nel precedente procedimento ex art. 700 c.p.c. incoato da esso ricorrente, e la conseguente sospensione del decorso del termine di prescrizione sino alla data (13 luglio 1998) di pubblicazione della sentenza adottata nel conseguente giudizio di merito.

Il motivo è inammissibile.

Osserva invero il Collegio che, per il principio di specificità e autosufficienza del ricorso, è necessario che nello stesso siano indicati con precisione tutti quegli elementi di fatto – e nel caso si tratti di atti documentali, che gli stessi siano riportati in ricorso o siano ad esso allegati – che consentano di controllare l’esistenza del denunciato vizio senza che il giudice di legittimità debba far ricorso all’esame degli atti.

Orbene, nel caso di specie parte ricorrente, nel proporre la suddetta censura, avrebbe dovuto riportare nel ricorso il contenuto della specifico motivo di appello concernente la omessa valutazione degli atti in questione, atteso che pregiudiziale ad ogni statuizione in ordine alla lamentata omessa o insufficiente motivazione da parte del giudice di appello su una specifica determinata questione, si appalesa l’accertamento della effettiva sottoposizione di tale questione al vaglio del suddetto giudice; ed avrebbe dovuto riportare nel ricorso (ovvero allegare allo stesso) il contenuto della suddetta ordinanza in data 29.8.1987 e della successiva sentenza pubblicata il 13.7.1998, onde consentire a questa Corte di riscontrare preliminarmente l’effettiva esistenza della censura sul punto e di valutare l’esistenza del vizio denunciato senza dover procedere all’esame dei fascicoli – d’ufficio o di parte – che a tali atti facciano riferimento.

Col quarto motivo di gravame il ricorrente lamenta inosservanza del giudicato interno; violazione degli artt. 1223, 1176, 1218, 2050 e 2087 c.c.; giudicato implicito; motivazione apparente sul fatto controverso decisivo per il giudizio; con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Rileva il ricorrente che la Corte territoriale aveva ritenuto la prescrizione del diritto azionato, uniformandosi peraltro alla sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda in quanto il fatto lesivo non assurgerebbe a “danno tutelabile”. Per contro l’illegittimo ritardo frapposto dal datore di lavoro al collocamento in pensione del lavoratore ai sensi della L. n. 270 del 1988, che si configura come violazione da parte della società degli obblighi contrattuali assunti, aveva ostacolato le attività realizzatrici dello stesso, determinando il conseguente insorgere di un danno non patrimoniale sotto il profilo del danno esistenziale.

Il motivo non è fondato.

Ed invero l’intervenuta prescrizione dell’azione risacitoria proposta non consente di procedere all’esame delle varie poste di danno reclamate.

Ne consegue che neanche sotto questo profilo il ricorso può trovare accoglimento.

Il proposto gravame va pertanto rigettato, ed in tale pronuncia rimane assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dalla società intimata con cui la predetta aveva rilevato che la Corte territoriale, essendosi soffermata unicamente sulla questione relativa alla prescrizione estintiva, aveva erroneamente ritenuto, in violazione della disposizione di cui alla L. n. 270 del 1988, art. 3 e senza motivare esplicitamente sul punto, l’esistenza delle condizioni legittimanti l’applicabilità del disposto della L. n. 270 del 1988, predetto art. 3.

A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente principale al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna il ricorrente principale alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 18,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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