Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11473 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 30/04/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 30/04/2021), n.11473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16724-2019 proposto da:

R.P.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANICIO

GALLO, 56, presso lo studio dell’avvocato GIAN LUCA MIGNOGNA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A., P.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

L.GO ALESSANDRIA del CARRETTO 18, presso lo studio dell’avvocato

SIMONA MARCHISELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO

PASQUALINI;

– controricorrenti-

contro

L.F.;

– intimata –

avverso il decreto RG. N. 51066/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositato il 12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

R.P.R. ha proposto ricorso con due mezzi, illustrati da memoria, per la cassazione del decreto della Corte di appello di Roma, in epigrafe indicato, nei confronti di P.A., di P.G. e dell’avv. Federica Lorenzetti, amministratrice di sostegno della ricorrente.

Alessandra e P.G. hanno replicato con controricorso; l’amministratrice di sostegno è rimasta intimata.

La Corte di appello ha confermato in toto il decreto del Giudice tutelare di Roma con il quale era stata disposta, su richiesta dei fratelli P., l’apertura dell’Amministrazione di sostegno nei confronti della madre R., rigettando il reclamo proposto da quest’ultima.

E stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Il primo motivo è articolato su due profili.

1.2. Con il primo profilo si denuncia la violazione di norme di diritto non meglio precisate e si sostiene che il decreto è viziato perchè, nelle more del giudizio di reclamo, la difesa della ricorrente non aveva potuto nè visionare, nè estrarre copia di alcuni documenti (verbale dell’udienza tenutasi innanzi al giudice tutelare il 29/3/2017 in cui risulterebbe essere stata esaminata la Dott.ssa Fo.; certificato medico rilasciato dalla stessa il 30/1/2017; rendiconto dell’Amministratrice di sostegno per l’anno 2017/2018; blocco appunti della Dott.ssa G.) con violazione dei diritti di difesa spettanti ex art. 113 Cost. e dell’obbligo posto a carico della Cancelleria ex art. 347 c.p.c., comma 3, che, se rispettati, avrebbero consentito di meglio controdedurre. Si duole inoltre che il fascicolo di primo grado sia stato rimesso al Giudice del reclamo in maniera incompleta e sostiene di aver potuto acquisire le risultanze dell’Esame Clinico del Dipartimento di salute mentale della (OMISSIS) in modo irrituale, tramite consegna brevi manu da parte del CTU F.S.. Sotto questo profilo, il motivo è inammissibile.

Va rammentato che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte, in conseguenza della denunciata violazione; ne deriva che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le concrete ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 26419 del 20/11/2020 e Cass. n. 23638 del 21/11/2016).

Nel caso di specie, il motivo è carente sul piano della specificità perchè quanto dedotto, circa le irregolarità e/o violazione del diritto di difesa, è accompagnato dalla mera prospettazione di potenziali pregiudizi, ma non illustra affatto quale concreto nocumento abbia subito l’esercizio del diritto medesimo.

Va aggiunto che – contrariamente a quanto assume la ricorrente la Corte di appello ha dato atto della regolare acquisizione del fascicolo di primo grado e che sia dalla sentenza che dal ricorso si evince che la ricorrente ha svolto ampia attività difensiva, compresa la produzione di una consulenza psichiatrica di parte a cura del Dott. C.M..

1.3. Con il secondo profilo si denuncia la nullità del decreto per violazione dell’art. 407 c.c. e dell’art. 113 Cost., deducendo che il pubblico ministero ebbe ad esprimere il parere negativo sul reclamo prima della scadenza del termine per il deposito delle note integrative, in modo aprioristico.

Anche sotto il secondo profilo, il motivo è inammissibile.

Giova premettere che l’obbligatorietà dell’intervento del pubblico ministero ex art. 407 c.c., u.c. ed ex art. 70 c.p.c., nel procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno, impone la comunicazione della pendenza della causa, per metterlo in grado d’intervenire, mentre la concreta assunzione di conclusioni e partecipazione ai singoli atti istruttori, per i quali non si richiede un formale avviso, rientra nelle scelte discrezionali del medesimo organo pubblico, al quale soltanto spetta eccepire o meno l’eventuale inefficacia degli atti compiuti prima della sua chiamata in causa (Cass. n. 12254 del 23/06/2020; Cass. n. 1593 del 7 marzo 1984); ne deriva che, essendo indiscusso che, nel presente caso, il pubblico ministero non solo ha avuto la possibilità di intervenire, ma ha anche esercitato i suoi poteri, la censura si esaurisce in una inammissibile critica all’atteggiamento in concreto assunto dalla parte pubblica.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

2.2. Il secondo motivo è inammissibile perchè, nonostante la rubrica, non risponde al modello legale del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, “…relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. ” (Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014), con la precisazione che l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio non ricomprende questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397 del 06/09/2019).

2.3. Nel caso in esame la censura, lungi dall’indicare specifici accadimenti o circostanze e di puntualizzarne la decisività, si sostanzia nella critica rivolta alla Corte di appello di “non avere tenuto in debita considerazione e di non avere fornito motivazione” in ordine ad una serie di eccezioni o critiche portate dalla ricorrente avverso lo svolgimento del procedimento e le risultanze istruttorie e si sostanzia nella richiesta di un riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità, al di fuori del perimetro prima delineato di applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore delle parti costituite con unico controricorso.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibili il ricorso;

– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 =, oltre Euro 100,00 = per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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