Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1147 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2010, (ud. 07/10/2009, dep. 22/01/2010), n.1147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

1. sul ricorso proposto da:

s.r.l. Complesso Polivalente Rossana, con sede in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma presso la cancelleria

della Corte di Cassazione insieme con l’avv. PREZIOSI Claudio che la

rappresenta e difende in forza della procura speciale rilasciata a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e li difende;

– controricorrente –

NONCHE’

2. sul ricorso incidentale (iscritto al n. 18330/06 di R.G.) proposto

da:

AGENZIA delle ENTRATE, ut supra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

la s.r.l. Complesso Polivalente Rossana detta;

– intimata –

entrambi i ricorsi avverso la sentenza n. 54/41/05 depositata il 23

marzo 2005 dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania;

Udita la relazione svolta nella Udienza pubblica del 7 ottobre 2009

dal Cons. Dott. D’ALONZO Michele;

sentite le difese delle parti, perorate da dall’Avv. Claudio

PREZIOSI, per la società, e dall’avv. Letizia GUIDA (dell’Avvocatura

Generale dello Stato) per l’Agenzia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per la dichiarazione di inammissibilità (in subordine,

per l’assorbimento) del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato all’AGENZIA delle ENTRATE il giorno otto maggio 2006 (depositato il 24 maggio 2006), la s.r.l. Complesso Polivalente Rossana – premesso che:

(1) il competente Ufficio, rilevato che per l’anno 1997 essa società non aveva tenuto e/o conservato le scritture contabili secondo il dettato di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39 ed al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22 e segg. (per cui la contabilità posta in essere doveva considerarsi inattendibile), evidenziata l’indeducibilità dei costi relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (FOI) per complessive L. 1.650.000.000 rilevate dall’esame dei conti bancari e contabili intestati ad essa società e ad alcuni significativi clienti e fornitori, con quattro separati atti (avviso di accertamento (OMISSIS); avviso di rettifica n. (OMISSIS);

avviso di accertamento n. (OMISSIS) e atto di contestazione (OMISSIS);) aveva (a) rettificato ai fini IRPEG – ILOR, imposta sul patrimonio ed IVA le dichiarazioni relative a detto anno (disconoscendo, in particolare, le fatture emesse dalle società C.P.R. e Tecno srl), (b) considerato indeducibile quella somma e (c) recuperato la perdita dichiarata ai fini dell’ imposta sul patrimonio, irrogando le corrispondenti sanzioni;

(2) lo stesso Ufficio, sempre a fronte delle presunte FOI, con altri due atti (avviso di accertamento n. (OMISSIS) e avviso di rettifica n. (OMISSIS)) aveva rettificato, rispettivamente, le dichiarazioni IRPEG – IRAP ed IVA concernenti l’anno 1998 contestando l’indebita detrazione di costi… per beni e servizi inerenti il costruendo opificio e disconoscendo l’IVA (pari a L. 129.000.000) indicata nelle fatture emesse dalla Nuova Edil Costruzione sas di Scolaro Antonio;

(3) con ulteriore atto (avviso di accertamento n. (OMISSIS)) era stata rettificata la dichiarazione IRPEG – IRAP dell’anno 1999 contestando che del contributo statale a fondo perduto (concesso con D. 28 luglio 1998, n. 878, pari a L. 9.812.000.000, la cui prima rata di L. 4.906.400.000 era stata ottenuta il (OMISSIS)) era stato indicato soltanto l’importo dell’intero contributo nella posta di bilancio ratei e risconti passivi senza tuttavia far transitare per il conto economico la quota incassata omettendo, quindi, di assoggettarla a tassazione quale sopravvenienza attiva -, in forza di due motivi, chiedeva di cassare (con ogni consequenziale provvedimento anche in ordine alle spese) la sentenza n. 54/41/05 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 23 marzo 2005) che aveva recepito soltanto per quanto attiene l’accertamento per il 1999 l’appello da essa proposto avverso la decisione (25/01/03) della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento la quale, previa riunione, aveva respinto tutti i suoi ricorsi:

(1) per la non sussistenza (a) della carenza di motivazione (essendo stato regolarmente notificato il processo verbale di constatazione) e (b) della illegittimità degli accertamenti (in quanto basati su riscontri bancari) nonchè (2) per l’impossibilità di attribuire…

importanza ai costi per la costruzione degli impianti (in quanto le operazioni in contestazione non comportanti movimentazioni in denaro riflettevano atti puramente cartolari ed erano finalizzate al solo scopo di fruire indebitamente di crediti d’imposta), nonchè, in merito all’inquadramento del contributo erogato nell’anno 1999, (3) perchè lo stesso veniva considerato sopravvenienza attiva da riportarsi in conto capitale.

Nel controricorso notificato il 13 giugno 2006 (depositato il 23 giugno 2006) l’Agenzia intimata, con la refusione delle spese, instava per il rigetto dell’avversa impugnazione e per l’accoglimento del ricorso incidentale (fondato su un solo motivo) spiegato a contrastare l’annullamento del recupero a tassazione del rateo contributo… incassato nel 1999.

Il primo ottobre 2009 la società depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., va disposta la riunione a quello proposto dalla società del ricorso dell’Agenzia avendo le due impugnazioni ad oggetto la medesima decisione.

2. Con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale ha, in primo luogo, respinto i motivi di appello della contribuente relativi all’emissione di fatture per operazioni inesistenti per gli anni 1997 e 1998 osservando:

– la motivazione della decisione di primo grado sul punto è pienamente condivisibile, sia in relazione alla ricostruzione di operazioni imputate a diverse società che hanno avuto rapporti diretti e/o indiretti con i sigg.ri B. – P. e, quindi, con il complesso Polivalente srl, raffigurati solo come atti cartolari, che relativamente ai riscontri bancari supportati da precise e riscontrate dichiarazioni rese da parte del direttore della B.C.I…. Sifo che da terzi imprenditori;

– la validità dell’operato dell’Ufficio si ricava dalla lettura del procedimento penale conclusosi con il patteggiamento che, nella sostanza, pur non costituendo… una prova, esprime un indirizzo di una certa attendibilità ai fini della valutazione del modus operandi della società;

– un secondo elemento che induce ad avallare le determinazioni impositive riguarda la presentazione dell’istanza di condono…

dell’imposta sul valore aggiunto apparendo piuttosto logico, dall’esame di tale comportamento, che l’accettazione del debito di imposta, anche se nella misura del 50%, e il relativo adempimento non può… essere inquadrato come un’ azione preventiva intesa ad evitare l’accollo di maggiori oneri tributari, trattandosi… di versamenti per importi piuttosto rilevanti (Euro 55.777,35 per il 1997 e Euro 33.311.47 per il 1998): dal momento che la società ha, autonomamente, riconosciuto di doversi assoggettare al pagamento dell’IVA calcolata sugli imponibili accertati ne deriva, consequenzialmente, l’automatica tassazione degli stessi ai fini IRPEG/ILOR per il 1997 e IRPEG/IRAP per il 1998;

– la tesi difensiva inerente l’importo di L. 1.080.000.000 per il 1997 con la quale si assumeva l’iscrizione del valore non nel suo conto economico bensì nelle immobilizzazioni non risulta…

condivisibile dal momento che ai fini economici e, quindi, fiscali, l’imputazione in più esercizi del costo in quote rappresenta sempre un ricavo non tassato;

– l’assenza di elementi difensivi specifici basati su riscontri documentati, relativamente agli addebiti riguardanti l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, induce, motivatamente, a dover ritenere fondata l’azione accertatrice dell’Ufficio.

Lo stesso giudice regionale – tenuto conto che l’Ufficio aveva contestato alla contribuente di avere indicato nei ratei e risconti passivi solo il contributo a fondo perduto ma non aveva fatto transitare per il conto economico la quota di L. 4.906.400.000 ottenuta il (OMISSIS), sottraendola a tassazione siccome sopravvenienza attiva -, di poi, in parziale accoglimento dell’appello della società, ha riformato la decisione di primo grado relativamente all’inquadramento fiscale del rateo del contributo pari a L. 4.906.400.000 incassato nel 1999 stabilendo l’imputazione dello stesso in conto impianti sulla base dell’iscrizione in bilancio nei risconti passivi per queste (testuali) ragioni:

– l’inquadramento del contributo attribuito alla società, ai sensi della L. n. 488 del 1992 e il relativo incasso nel 1999 del rateo di L. 4.906.000.000 assumono aspetti diversi, in relazione al trattamento tributario, sulla base della loro collazione in quanto la normativa generale riguardante contributi erogati dallo Stato e/o dagli Enti pubblici, a partire dal primo gennaio 1998, dispone l’inquadramento degli stessi o in conto esercizio o in conto capitale con la distinzione d’imputazione nel primo come ricavo e nel secondo quale apporto finanziario;

– la L. n. 488 del 1992 non ha espresso alcun indirizzo sulla natura del contributo e, quindi, sul suo trattamento tributario e l’assenza di una linea giurisprudenziale sui riflessi tributari dello stesso lascia ampi spazi d’inquadramento e, quindi, di trattamento fiscale;

– l’unico supporto interpretativo, anche se non privo di una certa incompletezza, è rappresentato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 100/E del 29 marzo 2002 nella quale vengono indicate due forme di qualificazione del contributo e precisamente in conto impianti e in conto capitale: è chiaro che nel primo caso lo stesso può essere preso in considerazione solo quando risulta erogato per l’acquisto di beni ammortizzabili concorrendo al reddito secondo il principio di competenza economica attuabile e precisamente o in diretta riduzione del costo di acquisto del bene e, quindi, con iscrizione di minori quote di ammortamento o nel caso d’iscrizione del bene al lordo del contributo con concorrenza al reddito, in relazione all’ammortamento del bene, sotto forma di quote di risconto passivo;

la qualifica di contributo in conto impianti presuppone la finalità dello stesso indirizzata all’acquisto di beni ammortizzabili a differenza di quella in conto capitale che prevede l’iscrizione, nel conto economico quale sopravvenienza attiva, nell’anno di incasso o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei successivi ma non oltre il quarto;

– la citata risoluzione permette d’intravedere una forma d’inquadramento del contributo erogato ai sensi della L. n. 488 del 1992 in relazione alle diverse tipologie di spese ammissibili: in particolare, oltre agli impianti e macchinari, vengono considerate ammissibili anche le spese per l’acquisto del suolo aziendale finalizzato, nell’ambito del progetto d’investimento agevolato, per la costruzione del fabbricato industriale ammortizzabile con i coefficienti di cui al D.M. del 31 dicembre 1988;

– nel caso…, dalla lettura dei bilanci del 1998 e 1999 si rinviene l’iscrizione del risconto passivo per L. 9.812.800.000 rappresentante l’intero contributo concesso; dal momento che il provvedimento di concessione risulta emesso nel 1998 l’iscrizione, per tutto l’ammontare del contributo, riportata sia nel 1998 che nel 1999, deve intendersi solo come registrazione di memoria che doveva essere sostituita da quella di risconto passivo nel corso dell’attività con detrazione del costo dei beni ammortizzabili o con imputazione delle quote annuali di risconto nel procedimento di ammortamento dei beni;

– l’aver indicato l’intero contributo e non solo la quota incassata nel 1999 rappresenta un’ anomalia di iscrizione a nulla rilevabile ai fini tributari dal momento che la Circolare del Ministero delle Attività Produttive n. 900315 del 14 luglio 2000, punto B10 (spese di programma), prevede l’obbligo della compilazione della scheda tecnica, rappresentata dall’allegato n. 12, nella quale devono essere specificate le spese programmiate divise per le diverse tipologie (spese di progettazione, studio e assimilabili);

– il rispetto della normativa da parte della società si riscontra dall’esame della documentazione rimessa al Banco di Napoli, quale Istituto Bancario destinatario delle operazioni finanziarie, ove risulta riportata l’indicazione dell’importo dei diversi componenti la spesa programmata ivi compreso gli impianti e attrezzature relative all’attività;

– risultando dall’esame degli atti che l’attività nel 1999 non era ancora iniziata appare giustificato l’iter seguito inerente la non imputazione di alcuna quota di ammortamento degli impianti, attrezzature e del suolo aziendale nell’anno in esame;

– l’Ufficio nell’atto impositivo non ha fatto alcun cenno alla documentazione bancaria prodotta dalla società in sede di richiesta del contributo e, quindi, ha ritenuto d’inquadrare il contributo in conto capitale con relativa tassazione quale sopravvenienza attiva superando l’iscrizione effettuata in bilancio sotto la voce risconti passivi: in relazione alle finalità del contributo, dei riflessi economici derivanti e sulla base degli atti esaminati, la sentenza emessa dai primi giudici va riformata relativamente all’inquadramento fiscale del rateo del contributo pari a L. 4.906.400. 000 incassato nel 1999 stabilendo l’imputazione dello stesso in conto impianti sulla base dell’iscrizione in bilancio nei risconti passivi.

3. La società investe i punti di tale decisione ad essa sfavorevoli con due motivi.

A. Con il primo, la ricorrente – premesso risultare chiaramente dai bilanci di esercizio che i costi corrispondenti alle presunte FOI L. 1.080.000.000 (1997) e di L. 645.000.000 (1998) non hanno…

minimamente influenzato i conti economici espressi nei due documenti contabili e nelle relative dichiarazioni trattandosi di componenti passivi riguardanti indubitabilmente l’ acquisizione di beni strumentali ad utilizzazione pluriennale (opificio sociale), ovverosia, in ciascun caso, di spese sostenute o nei diretti confronti dell’esecutore di parte dell’opera occorsa per la costruzione dell’edificio… oppure per compensi professionali dovuti al soggetto che ne aveva redatto e sottoscritto il progetto… e quindi per oneri accessori di diretta imputazione; esposto che: (1) esercitando la potestà di accertamento concessa nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 401 in relazione alla norma del precedente art. 372, gli uffici procedono ai sensi dell’art. 39 alla rettifica del reddito d’impresa… nel senso di elevarne l’imponibile (art. 422) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dalla ispezione delle scritture contabili…; (2) quali siano… gli elementi di cui si parla (suscettibili di rettifica) è detto nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, che… rinvia a quanto stabilito nell’art. 1, comma 2 (per il quale la dichiarazione dei redditi deve contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse; (3) per il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 52… il reddito di impresa… è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo al periodo…

d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni del presente Testo Unico – denuncia violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 16, 37, 40, 39, 42, 1 e 4; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 89, 52, 75, 67 e 76 (nel testo previgente e in vigore nell’anno 2001) esponendo:

– dal compendio di tali norme si desume che i poteri di rettifica…

nei confronti dei titolari di reddito d’impresa concernono esclusivamente gli elementi attivi (ricavi, compensi, plusvalenze, sopravvenienze, rimanenze etc.) che il contribuente non abbia incluso nella sua dichiarazione, ovverosia nel conto economico con le variazioni di legge; ed al contempo gli elementi passivi (spese, costi, minusvalenze, sopravvenienze passive, quote di ammortamento, perdite etc.) che lo stesso abbia preteso di dedurre nello stesso conto economico senza avervi diritto: a contrario, ciò vuol dire…

che, procedendo alla rettifica di valori capitalizzati ed in particolari delle immobilizzazioni materiali (che sono poste nell’attivo dello stato patrimoniale del bilancio), all’Ufficio è vietato apportare variazioni all’imponibile dichiarato nel conto economico se non rilevi che la medesima rettifica dei valori dello S.P. abbia effettivamente influenzato i flussi finanziari dello specifico esercizio in corso;

– tanto meno è ravvisabile… l’emersione di ricavi non tassati in occasione di costi sostenuti per immobilizzazioni in un dato esercizio e destinato alla imputazione in più esercizi in quote: il principio di competenza economica che regola la tassazione dei redditi di impresa (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 15…) comporta che i costi siano imputati ai soli esercizi in cui si manifestano i ricavi che essi concorrono a produrre; pertanto, i valori di costo c.d. stimato la cui utilità si estende a più esercizi (costi ad utilizzazione pluriennale) debbono essere ammortizzati, cioè ripartiti in diversi esercizi in cui i beni acquistati risultano effettivamente utilizzati; mentre per l’immobilizzazione in sè la legge prescrive soltanto che la stessa sia inizialmente iscritta (non già nel conto economico ma) nello stato patrimoniale assumendosene per valore il costo storico e gli oneri accessori di diretta imputazione art. 761, lett. a) e b); nel secondo periodo dell’… art. 754 la legge stabilisce il principio secondo cui sono tuttavia deducibili quelli che, pur non essendo imputabili al conto dei profitti e delle perdite sono deducibili per disposizione di legge, quindi le disposizione di legge di cui all’art. 67, commi 1 e 2… in forza dei quali le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali all’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene, in misura non superiore a quella degli appositi coefficienti ministeriali, mentre il successivo comma 6 stabilisce una sola eccezione a tale regola: l’effettuazione di acquisti di beni strumentali di valore non superiore a Euro 516,46.

Secondo la ricorrente, quindi, non si potevano rilevare ricavi non tassati per il 1997 e 1998… tali da giustificarne la ripresa a tassazione negli stessi esercizi di effettuazione dei costi per le immobilizzazioni asseritamente documentate da FOI, seppure in difetto di ammortamento perchè, stando alla legge e… in base allo stesso contenuto delle dichiarazioni fiscali e dei conti economici, in quegli esercizi le somme di L. 1.080.000.000 e di L. 645.000.000 erano già state sicuramente assoggettate all’imposta da essa contribuente in quanto contestualmente patrimonializzate e… non spesate neppure in parte mediante la deduzione di quote di ammortamento.

Conclusivamente la ricorrente formula questo (non necessario, essendo stata la sentenza impugnata depositata prima dell’entrata in vigore dell’art. 366 bis c.p.c.) quesito di diritto:

se, in relazione alle norme che si assumono violate, sia comunque vietato (… anche in caso di presunte FOI)… di maggiorare l’imponibile risultante dal conto economico e dichiarato dal contribuente ai fini del reddito d’impresa di un esercizio fiscale sulla base della rettifica di talune immobilizzazioni (1) il cui costo si assume essere stato sostenuto nel medesimo esercizio, (2) sia stato incluso nello stato patrimoniale del relativo bilancio, ma (3) non sia in alcuna parte transitato per il conto economico mediante appostazione di quote di ammortamento.

B. Nell’altra doglianza (che la ricorrente qualifica logicamente subordinata rispetto al primo motivo) la società – assunto fondarsi l’asserto della CTR secondo cui le operazioni di acquisto delle immobilizzazioni sarebbero insussistenti… su presunzioni semplici – denunzia violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), anche in relazione all’art. 445 c.p.p. ed ai principi della L. 27 dicembre 2002, n. 289 esponendo:

– per l’espresso divieto posto dall’art. 445 c.p.p., la sentenza di applicazione della pena criminale non può essere… considerata come argomento di prova nel giudizio amministrativo (e quindi tributario), e dunque nemmeno come comportamento extraprocessuale della parte che, richiedendo il patteggiamento, avrebbe sostanzialmente ammesso la propria responsabilità (Cass., 15572/2000…): tale comportamento è… insignificante ex art. 2121 c.c. ai fini della valutazione del modus operandi della società;

– il giudice civile o amministrativo, pur potendo (Cass. 3626; Cass. 6041/2003; Cass. 8993/1999) comunque tener conto delle risultanze istruttorie acquisite nel giudizio penale conclusosi con il patteggiamento, in relazione al disposto dell’art. 2129 c.c. è tenuto a specificare quali tra gli atti processuali scrutinati…

abbia ritenuto di utilizzare in termini di gravità, precisione e concordanza per cui non può bastare il semplice richiamo della lettura del procedimento penale;

– la circostanza che il contribuente abbia inteso avvalersi delle disposizioni del condono fiscale di cui alla L. n. 289 del 2002 non è valorizzabile come elemento di presunzione perchè (sent. n. 2810/2002 di questa sezione) nessun effetto confessorio può essere attribuito alla dichiarazione integrativa adottata dal contribuente L. 30 dicembre 1991, n. 413, ex art. 34 (…) Ciò discende dalla sottoposizione della materia tributaria a riserva di legge ex art. 23 Cost., e dalla mancanza di una disposizione normativa che attribuisca alla dichiarazione di condono un’efficacia diversa da quella espressamente prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413; nella specifica formazione del condono 2002 è perfino previsto… che la conoscenza dell’intervenuta integrazione dei redditi e degli imponibili… non genera obbligo o facoltà della segnalazione di cui all’art. 331 c.p.p. L’integrazione effettuata ai sensi del presente art. non costituisce notizia di reato;

– il punto essenziale della tesi sulle FOI si fonda sull’assunto (tratto dai riscontri bancari e dalle dichiarazioni del Direttore COMIT… e di altri imprenditori) che i singoli creditori risultanti dalle fatture in realtà avrebbero restituito quanto ricevuto da essa COMPLESSO, direttamente o per il tramite dei soci di riferimento: la circostanza, seppure fosse storicamente assodata, non varrebbe a provare (da sola) le FOI perchè il creditore che incassa un pagamento può astrattamente avere molte ragioni per restituire seduta stante la somma (dovere morale, debito pregresso etc.), dopo aver dichiarato l’avvenuto saldo del credito;

– la circostanza, però, non è stata direttamente provata in alcuno dei casi esaminati avendo i militi… fondato l’affermazione della restituzione delle somme semplicemente utilizzando delle presunzioni (argomentando da talune coincidenze temporali); nè può discutersi del valore meramente indiziante delle dichiarazioni rese… dal direttore Sifo e dagli altri imprenditori; i militi, quindi, hanno fondato l’affermazione della restituzione delle somme semplicemente utilizzando delle presunzioni per cui è evidente la violazione dell’art. 2121 c.c.;

– b.2.4. agli atti del processo esistevano numerosi elementi probatori di fatti noti direttamente incidenti sul rapporto inferenziale da istituirsi per stabilire la verità del fatto ignoto, niente affatto menzionati in sentenza, cioè che:

(a) l’opificio era stato effettivamente realizzato (perizia per ing. B.I. depositata l’undici novembre 2002; PVC dell’Ufficio IVA di Benevento in data 30 aprile 1998, depositato in atti l’undici novembre 2004, dal quale risulta che l’opera dedotta era stata effettivamente seguita e nella quale nulla si contestava circa la sussistenza delle operazioni de quibus): le presunte FOI si riferivano alla progettazione dell’intero manufatto ed alla sua ammissibilità a contributo erariale, nonchè alla realizzazione di fondazioni e murature di impianti, senza le quali non sarebbe esistito nè l’opificio nè il contributo;

(b) quanto alla posizione della soc. CI.TECNO, esistevano agli atti… non soltanto la fattura… ed i presunti riscontri bancari (che avrebbero dimostrato la restituzione della somma ai coniugi B.) quanto soprattutto (1) il progetto che la stessa aveva elaborato e (2) la perizia B.I., dai quali risultava che quella prestazione professionale era stata eseguita precisamente dal soggetto che aveva emesso quella fattura e che pertanto aveva ricevuto il denaro da esso COMPLESSO;

(c) i riscontri bancari… assunti a base del teorema sulle FOI… in più luoghi deponevano… per verità altamente contraddittorie risultando che (1) in occasione dell’operazione dell’undici gennaio 1999 (pagamento di L. 200.000.000) l’appaltatrice non cambiò affatto gli assegni ricevuti, ma provvide a versare… la somma sul proprio c/c, (2) anche il pagamento di L. 190.000.000 effettuato da esso COMPLESSO il 12 febbraio 1999 risulta versato sul detto conto corrente e non già passato per cassa dal prenditore degli assegni e (3) anche la somma di L. 200.000.000 del 19 febbraio 1999… non è stata affatto incassata per contanti dalla NUOVA EDIL COSTRUZIONI bensì versata.., sul proprio conto corrente; gli asserti della Finanza, pertanto, erano direttamente smentiti dagli stessi documenti prodotti per sostegno.

Per il ricorrente, ancora, la Commissione Tributaria Regionale ha violato l’art. 2729 c.c. per essersi completamente astenuta dal rilevare circostanze… che dimostravano l’esistenza oggettiva delle operazioni documentate da fatture (quindi la necessità che… vi fosse stato taluno ad eseguirle) non avendo tenuto conto (2) che in atti non risultava minimamente la possibilità che ad effettuare le prestazioni indicate nella fatture contestate fossero stati altri, (2) che nel caso CI.TECNO esistevano elementi di attribuzione certa della prestazione e (3) che anche nel caso di NUOVA EDIL COSTRUZIONE la presunta restituzione delle somme (cioè il cambio per cassa degli assegni circolari) era smentito dagli stessi documenti prodotti dalla Finanza per dimostrarlo.

La stessa ricorrente, ancora, adduce che la CTR non ha affatto contestato l’esistenza dello studio di settore (OMISSIS) nè la veridicità della relativa scheda in atti per cui dire che gli studi di settore non sono sufficienti a dimostrare l’illegittimità dell’accertamento significa che si è inteso ripudiare… in apicibus l’attitudine del fatto a fondare una qualsiasi presunzione, comunque in diretto contrasto con l’art. 62 sexies e art. 3, comma 181, cit., piuttosto che non a sindacarne lo specifico punto della gravità e precisione come stabilito dall’art. 2129 c.c..

A conclusione, il COMPLESSO domanda di risolvere a suo favore il quesito di diritto secondo il quale in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nella ipotesi di costi documentati da fatture che l’amministrazione finanziaria ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’amministrazione che adduce la falsità dei documenti e, quindi, l’esistenza di un maggiore imponibile, provare che l’operazione commerciale, documentata dalla fattura, in realtà non è stata mai posta in essere.

Secondo il ricorrente, infine, tutto quanto sopra esposto nel secondo mezzo, sub paragrafo contrassegnato con b.2.4. primo (da intendersi… testualmente trascritto) induce a ritenere che la CTR sia al contempo incorsa in un grave vizio di attività (oltre che di giudizio) apparendo l’apprezzamento compiuto… assolutamente insufficiente e contraddittorio atteso che:

(a) il giudice partenopeo non ha… chiarito se le presunte FOI riguardassero operazioni non solo soggettivamente ma anche oggettivamente inesistenti: se fosse vera la seconda ipotesi, infatti, egli avrebbe dovuto quanto meno chiarire come mai ciò fosse possibile, tenuto conto della sterminata quantità di prove attestanti che il manufatto (e le prestazioni asseritamene inesistenti) era fisicamente presente in loco;

(b) indagando sulle operazioni soggettivamente inesistenti, la C.T.R. ha ritenuto di attribuire esclusiva valenza ad alcuni elementi indiziari senza affatto considerarne altri che pur avrebbero potuto orientarlo ad assumere una decisione esattamente opposta a quella rassegnata, tra i quali: (1) l’omessa valutazione della possibilità che le opere (esistenti) fossero state eseguite da altri soggetti, diversi dagli emittenti delle FOI; 2) la indiscutibile attribuzione a CI.TECNO della paternità del progetto poi remunerato con la fattura di L. 300.000.000; le contraddizioni rilevabili in grande misura tra le affermazioni del PVC di rinvio e la documentazione ad asso allegata a proposito della NUOVA EDIL COSTRUZIONI; (3) le contraddizioni emergenti dalla constatazione che, sempre nel PVC e nella sua allegata SCHEDA, non appariva in alcun caso una piena coincidenza quantitativa tra le somme pagate da esso COMPPLESSO e quelle che si dicevano essere rientrate nella disponibilità dei coniugi B. ovvero di essa stessa COMPLESSO (anzi, le divergenze di somma riscontrate erano spesso tanto significative che a questo punto non avrebbe dovuto mancare una specifica e chiara spiegazione delle ragioni per le quali ogni altra ipotesi diversa dalla FOI, pur sicuramente plausibile (ripetesi: adempimento di un dovere morale, ulteriori rapporti contrattuali esistenti tra le parti, prestito etc), meritasse senz’altro di essere esclusa).

4. Il ricorso della società – l’esame dei cui due motivi va, per ragioni logiche, invertito atteso che la funzione nomofilattica (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65) deve esercitarsi su situazioni fattuali precise ed effettive, ovverosia (per quanto concerne il caso) sulle specifiche operazioni economiche la cui esistenza, contestata dall’ufficio finanziario, è stata negata dal giudice tributario di appello – deve essere respinto perchè infondato.

A. Preliminarmente (giusta quanto riporta la società nel proprio ricorso per Cassazione) è opportuno ricordare che l’Ufficio, per effetto della ritenuta indeducibilità dei costi relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (FOI), ha accertato (per quanto ancora rileva, avendo la società dichiarato di aver definito ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 le contestazioni in materia di IVA per gli anni 1997 e 1998):

(1) per l’anno 1997, un reddito di L. 1.061.127.000 in luogo della perdita di L. 18.873.000 dichiarata;

(2) per l’anno 1998, un reddito di L. 602.252.000, in luogo della perdita di L. 42.748.000 dichiarata.

Da tali dati si deduce che la contestazione delle operazioni economiche de quibus ha avuto diretta ed immediata incidenza sulla concreta determinazione del reddito annuale della contribuente.

B. Prima dell’esame del gravame della società, va ricordato che:

(a) il ricorso per Cassazione – in ragione del principio, desumibile dall’art. 366 c.p.c., detto di autosufficienza – deve contenere in sè (Cass., 3^, 24 maggio 2006 n. 12362; id., 2^, 4 aprile 2006 n. 7825; id., 3^, 20 gennaio 2006 n. 1113; id., 1^, 21 ottobre 2005 n. 20454, tra le recenti), a espressa pena di inammissibilità, tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o ad atti attinenti al pregresso giudizio di merito;

(b) il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) consiste (Cass., trib., 10 febbraio 2006 n. 2935; id., trib., 20 gennaio 2006 n. 1127; id., 9 novembre 2005 n. 21767; id., 1^, 11 agosto 2004 n. 15499) nella deduzione di un’ erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa Corte dall’art. 65 cit.) mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa;

(c) detto vizio, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità (Cass., 2^, 12 febbraio 2004 n. 2707; id., 2^, 26 gennaio 2004 n. 1317), dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione;

(d) il vizio di omessa od insufficiente motivazione (denunciabile con il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) sussiste soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contradditto-ria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione adottata (Cass., lav., 12 agosto 2004 n. 15693;

id., lav., 9 agosto 2004 n. 15355);

(e) questi vizi motivazionali non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte perchè spetta solo a detto giudice (1) individuare le fonti del proprio convincimento, (2) valutare le prove, (3) controllarne l’attendibilità e la concludenza, (4) scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, (5) dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi (non ricorrenti nella specie) tassativamente previsti dalla legge in cui è assegnato alla prova un valore legale;

(f) il ricorrente che nel giudizio di legittimità deduca l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie ha l’onere, sempre in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione (art. 366 c.p.c.), di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non valutate o mal valutate, nonchè di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse atteso che il mancato esame di una (o più) risultanze processuali può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione unicamente se quelle risultanze processuali non valutate o mal valutate siano tali da invalidare l’efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è formato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (Cass., 2^, 17 febbraio 2004 n. 3004).

C. Per quanto riguarda le presunzioni semplici – ammissibili sempre che siano (art. 2729 c.c.) gravi, precise e concordanti -, poi, va altresì ricordato che:

– le stesse consistono nel ragionamento del giudice, il quale, una volta acquisita, tramite fonti materiali di prova (o anche tramite il notorio o a seguito della non contestazione) la conoscenza di un fatto secondario, deduce da questo l’esistenza del fatto principale ignorato (Cass.: trib., 29 settembre 2005 n. 19077; 1^, 4 febbraio 2005 n. 2363; 3^, 18 gennaio 2005 n. 903; 1^, 16 luglio 2004 n. 13169; lav., 8 aprile 2004 n. 6899; 3^, 19 febbraio 2004 n. 3321;

lav., 6 agosto 2003 n. 11906, tra le recenti);

– il requisito della gravita del fatto noto si riferisce al grado di convincimento che le presunzioni sono idonee a produrre: a tal fine non è necessario che tra il fatto noto e il fatto ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale ma è sufficiente che l’esistenza del fatto ignoto sia desunta con ragionevole certezza, anche probabilistica, ovverosia come una ragionevole conseguenza del fatto noto, essendo ravvisabile una connessione fra i fatti accertati e quelli ignoti secondo regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità;

– il requisito della precisione impone che i fatti noti, da cui muove il ragionamento probabilistico, ed il percorso che essi seguono non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica;

il requisito della concordanza postula che la prova sia fondata su una pluralità di fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto;

– gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benchè l’art. 2729 c.c., comma 1, e il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, si esprimano al plurale – potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, purchè preciso e grave (Cass., trib.: 13 giugno 2005 n. 12671 e 9 agosto 2002 n. 12060);

– l’apprezzamento del giudice di merito circa (1) il ricorso a tale mezzo di prova, 2) la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge, (3) la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e (4) il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito e sono censurabili in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione unitamente all’esistenza della base della presunzione e dei fatti noti, che fanno parte della struttura normativa della presunzione.

D. L’applicazione dei richiamati principi al secondo motivo di ricorso porta a riscontrare, in via preliminare, l’insussistenza del denunziato vizio di violazione di norme di diritto atteso che:

– la disposizione dell’art. 445 c.p.p., comma 2 bis (per la quale salvo quanto previsto dall’art. 653, la sentenza prevista dall’art. 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi) non preclude affatto al giudice civile (quindi pure a quello tributario) di valutare, unitamente ad altre risultanze, anche (il contenuto della sentenza penale (Cass., 3^: 11 maggio 2007 n. 10847;

6 maggio 2003 n. 6863); nel caso, il giudice di appello non ha affermato (come sostiene la ricorrente) che la parte…richiedendo il patteggiamento, avrebbe sostanzialmente ammesso la propria responsabilità ma ha osservato che la validità dell’operato dell’Ufficio si ricava dalla lettura del procedimento penale conclusosi con il patteggiamento: ai fini del suo convincimento, quindi, la Commissione Tributaria Regionale non ha ritenuto indiziante il fatto patteggiamento ma gli elementi che assume contenuti negli atti del procedimento penale conclusosi con il patteggiamento; questo fatto specifico, poi, giusta i delineati poteri del giudice del merito (individuare le fonti del proprio convincimento; valutare le prove; controllarne l’attendibilità e la concludenza; scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione; dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova), è stato legittimamente considerato (non prova ma) indirizzo di una certa attendibilità ai fini della valutazione del modus operandi della società;

– come riconosce anche la ricorrente (che richiama Cass. 36261/2004;

Cass. 6047/2003; Cass. 8993/1999), il giudice civile o amministrativo può comunque tener conto delle risultanze istruttorie acquisite nel giudizio penale conclusosi con il patteggiamento;

nella decisione Cass., 15572/2000, invocata dalla società, questa Corte ha ribadito che la sentenza pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. non è una vera e propria sentenza di condanna, alla quale è, difatti, equiparata solo a determinati fini, e a norma dell’art. 445 c.p.p., comma 1, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi (Cass. 2.4.1996 n. 3038) ma non ha statuito (come afferma la contribuente) che la sentenza di applicazione della pena criminale non può essere… considerata come argomento di prova nel giudizio amministrativo (e quindi tributario), e dunque nemmeno come comportamento extraprocessuale della parte;

– il richiamo alla lettura del procedimento penale, operato dal giudice di appello, non integra affatto una violazione del disposto dell’art. 2729 c.c. perchè la eventuale mancata specificazione di quali tra gli atti processuali scrutinati… abbia ritenuto di utilizzare in termini di gravità, precisione e concordanza attiene propriamente alla idoneità (anche quanto a completezza) della motivazione (ove fondata unicamente sull’affermata lettura del procedimento penale) a sorreggere la decisione adottata ed integra, quindi, un vizio motivazionale denunziabile esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

– la valorizzazione, come mero elemento di presunzione, della circostanza che il contribuente abbia inteso avvalersi delle disposizioni del condono fiscale di cui alla L. n. 289 del 2002 non è, in sè, per nulla incompatibile con la funzione e con gli effetti propri del condono in quanto pur non avendo la eventuale dichiarazione integrativa prevista dalla L. n. 413 del 1991, al pari della domanda di definizione richiesta dalla L. n. 289 del 2002, art. 16 nessun effetto confessorio, come statuito da questa sezione in ordine alla dichiarazione detta nella sentenza 26 febbraio 2002 n. 2810, anche questa invocata dalla società, e nonostante che, per la L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 12 (a) la conoscenza dell’intervenuta integrazione dei redditi e degli imponibili… non genera obbligo o facoltà della segnalazione di cui all’art. 331 c.p.p. e (b) l’integrazione effettuata ai sensi del presente articolo non costituisce notizia di reato la libera scelta di avvalersi del provvedimento definitorio di una lite fiscale, operata dal contribuente, costituisce comunque un fatto oggettivo di cui non può disconoscersi l’utilizzabilità ex art. 2727 c.c., essendo semmai censurabile (ancora solo come vizio motivazionale) il conseguente processo logico, deduttivo da quel fatto certo di quello ignoto, adottato dal giudice del merito, ovverosia la sola verifica imposta dall’art. 2729 c.c., comma 1 per il quale il giudice non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti; il giudice del merito, infatti (Cass., trib.: 6 maggio 2009 n. 10380; 9 aprile 2008 n. 9203; 8 settembre 2006 n. 19329; 3^, 23 gennaio 2006 n. 1216;

trib., 31 ottobre 2005 n. 21165), è tenuto ad accertare se gli elementi indiziari a disposizione presentino i predetti caratteri di precisione, gravità e concordanza, mediante un prudente apprezzamento, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato;

– la violazione (nel senso precisato innanzi, sub B) dell’ art. 2727 c.c. da parte del giudice di appello non si riscontra nemmeno in ordine al punto (definito essenziale dalla ricorrente) dei riscontri bancari (dai quali sarebbe emerso che i singoli creditori risultanti dalle fatture relative alle operazioni ritenute inesistenti avrebbero restituito quanto ricevuto da essa società) avendo la stessa contribuente dedotto che i militi (e conseguentemente, di poi, l’Ufficio e il giudice tributario) hanno fondato l’affermazione della restituzione delle somme semplicemente utilizzando delle presunzioni (anche argomentando da talune coincidenze temporali), quindi su di elementi (se propriamente presunzioni) idonei, per ontologica definizione, a costituire prova certa del fatto ignoto: la valutazione dell’idoneità o meno degli elementi presuntivi presi in considerazione dal giudice a dimostrare il fatto ignoto, ovviamente, non attiene alla interpretazione della norma in questione ma unicamente al merito della controversia e la stessa (si ripete) è sindacabile innanzi a questa Corte soltanto se presenta i vizi motivazionali indicati nell’art. 360 c.p.c., n. 5.

E. Anche le doglianze della ricorrente propriamente sussumibili nella triplice specificazione normativa (omessa; insufficiente;

contraddittoria motivazione) dei vizi testè citati sono prive di fondamento perchè:

– il valore probatorio (ex art. 2727 c.c. e segg.) delle dichiarazioni rese… dal direttore Sifo e dagli altri imprenditori non è sminuito nè dall’interessata ed indimostrata qualificazione meramente indiziante attribuita dalla ricorrente a quelle dichiarazioni nè, ancor meno, dall’osservazione secondo cui il creditore che incassa un pagamento può astrattamente avere molte ragioni per restituire seduta stante la somma (dovere morale, debito pregresso etc), dopo aver dichiarato l’avvenuto saldo del credito, essendo la stessa fondata su una mera ipotizzabilità, dichiaratamente astratta (comunque non rispondente all’id quod plerumque accidit), e non già su concreti elementi fattuali (riportati nelle scritture contabili obbligatorie), esistenti agli atti, sminuenti od elidenti la forza presuntiva degli altri offerti dall’Ufficio;

– la mancata menzione (niente affatto menzionati in sentenza) di pretesi numerosi elementi probatori di fatti noti direttamente incidenti sul rapporto inferenziale da istituirsi per stabilire la verità del fatto ignoti, di per se sola, non costituisce vizio riconducibile alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè (Cass., lav., 7 gennaio 2009 n. 42, che ricorda Cass. 17 luglio 2001 n. 9662, 3 marzo 2000 n. 2404, tra le recenti) il giudice di merito non è tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti: quegli elementi, infatti, debbono ritenersi implicitamente disattesi (cfr., Cass., 1^, 3 aprile 2007 n. 8355) se e perchè incompatibili con le argomentazioni accolte;

– l’effettiva realizzazione dell’ opificio (pur se riscontrata in data 30 aprile 1998 nel PVC dell’Ufficio IVA di Benevento depositato l’undici novembre 2004), di per sè sola, non evidenzia nessuna lacuna nel processo logico che ha condotto il giudice di appello a confermare il disconoscimento, per inesistenza (comunque soggettiva) degli specifici costi, portati dalle conferenti fatture, attinenti (2) alla progettazione dell’intero manufatto, 2) alla sua ammissibilità a contributo erariale e (3) alla realizzazione di fondazioni e murature di impianti, atteso che quel disconoscimento è stato confermato dal giudice di appello in base alla ritenuta positiva dimostrazione della intervenuta restituzione alla società delle somme, afferenti quelle prestazioni, da parte dei soggetti che avevano emesso le fatture contestate: quanto alla posizione della soc. CI. TECNO, poi, siffatto processo logico non è certo contrastato (od anche, semplicemente sminuito), dai risultati della perizia B.I. non contenendo il ricorso per Cassazione la indicazione (richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 4) degli elementi fattuali e/o logici dai quali dovrebbe risultare che, come affermato dalla ricorrente, quella prestazione professionale era stata eseguita precisamente dal soggetto che aveva emesso quella fattura e che pertanto aveva ricevuto il denaro da esso COMPLESSO;

– le assunte operazioni di versamento degli assegni ricevuti dalla ricorrente sul conto corrente bancario proprio da parte del prenditore del titolo operazione dell’undici gennaio 1999 (pagamento di L.. 200.000.000): l’appaltatrice non cambiò affatto gli assegni ricevuti, ma provvide a versare… la somma sul proprio c/c;

pagamento di L. 190.000.000 effettuato… il 12 febbraio 1999:

versato sul detto conto corrente e non già passato per cassa dal prenditore degli assegni: somma di L. 200.000.000 del 19 febbraio 1999: versata… sul proprio conto corrente dalla NUOVA EDIL COSTRUZIONI, infine, non costituiscono affatto verità altamente contraddittorie perchè non escludono le corrispondenti restituzioni (perchè indebite) delle somme portate dagli assegni versati sul proprio conto corrente dal percipiente.

Il giudice del merito, inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla società, non aveva alcun obbligo di chiarire (il giudice partenopeo non ha… chiarito) se le fatture relative alle operazioni ritenute inesistenti riguardassero operazioni non solo soggettivamente ma anche oggettivamente inesistenti: in proposito (ovverosia in tema di imposte sui redditi, e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa), invero, deve ribadirsi (Cass., trib., 19 gennaio 2009 n. 1134, che richiama Cass…. n. 21474 dell’11 novembre 2004; n. 11240 del 2002; trib., 26 settembre 2008 n. 24201; 31 marzo 2008 n. 8247, tra le recenti) che l’ufficio finanziario, qualora sostenga (come nella specie), il carattere fittizio di determinate operazioni, può limitarsi a contestarne il compimento, gravando sul contribuente, che intenda insistere per la deducibilità dei relativi costi, l’onere di fornire la prova della loro effettiva sopportazione.

Il problema vero, quindi, siccome si verte in tema di imposte sui redditi (specificamente, di determinazione del reddito d’impresa) e non già in tema di IVA – cioè di ira-posta per la quale la detrazione… è ammessa solo in presenza di fatture provenienti dal soggetto che effettua la cessione o la prestazione: infatti (Cass., trib., 12 marzo 2007 n. 5719) non entrano… nel conteggio del dare ed avere ai fini IVA le fatture emessa da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, in quanto tali fatture riguardano operazioni, per quanto lo riguarda, inesistenti, a nulla rilevando che le medesime fatture costituiscano la ‘coperturà di prestazioni acquisite da altri soggetti -, non è dato dall’accertamento della inesistenza oggettiva, o solo meramente soggettiva delle operazioni contestate, ma dalla detraibllltà dei costi relativi alle operazioni indicate nelle afferenti fatture la quale – avendo l’abrogazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 6, ad opera del D.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, rt. 5, comportato (Cass., trib., 11 febbraio 2009 n. 3305), un ampliamento del regime di prova dei costi da parte del contribuente (prova che può essere fornita anche con i mezzi diversi dalle scritture contabili purchè costituenti elementi certi e precisi, come prescritto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 4) – suppone che il contribuente dimostri l’effettiva sussistenza nonchè l’ammontare e l’inerenza di quegli specifici costi.

La circostanza che il manufatto fosse fisicamente presente in loco non costituisce elemento probatorio idoneo a dimostrare, neppure indiziariamente, la effettività del costo esposto perchè la società non ha neppure indicato chi siano stati gli altri soggetti, diversi dagli emittenti delle FOI che avrebbero eseguito materialmente l’opera (anche di progettazione, il disconoscimento della cui paternità… a CI.TECNO operato dal giudice del merito, non può essere contestata con la mera affermazione della società secondo la quale quella paternità è indiscutibile) nè l’ammontare (da corroborare con documentazione effettivamente probatoria e non con mere affermazioni di parte) dei pagamenti effettuati in favore degli stessi sì che non risultano essere stati dedotti elementi (certi e precisi, come prescritto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 4), non valutati dal giudice del merito, sull’ammontare concreto ed effettivo del costo corrisposto a detti altri soggetti.

In conclusione, va rilevato ed affermato che l’ apprezzamento dell’inesistenza delle operazioni rappresentate dalle fatture contestate dall’Ufficio, contenuto nella sentenza impugnata, non è affetto da nessuno dei vizi motivazionali denunziati dalla ricorrente e, quindi, non è nè insufficiente nè contraddittorio.

F. Il definitivo accertamento (fattuale) dell’inesistenza delle operazioni economiche rappresentate nelle fatture contestate dall’Ufficio, in una con la rilevata totale mancanza di prova dell’effettivo sostenimento (quand’anche in misura minore di quella indicata nelle fatture) degli specifici costi detratti, consente di escludere, in fatto, anche la sussistenza della violazione delle norme (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 16, 37, 40, 39, 42, 1 e 4; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 89, 52, 75, 67 e 76 (nel testo previgente e in vigore nell’anno 2001)), denunziata nel primo motivo di ricorso e così sintetizzata dalla ricorrente:

se, in relazione alle norme che si assumono violate, sia comunque vietato (… anche in caso di presunte FOI)… di maggiorare l’imponibile risultante dal conto economico e dichiarato dal contribuente ai fini del reddito d’impresa di un esercizio fiscale sulla base della rettifica di talune immobilizzazioni;

(1) il cui costo si assume essere stato sostenuto nel medesimo esercizio, (2) sia stato incluso nello stato patrimoniale del relativo bilancio, ma (3) non sia in alcuna parte transitato per il conto economico mediante appostazione di quote di ammortamento.

F.1. In ordine alla doglianza va, in primo luogo, rilevato che la società – in violazione dell’univoco disposto dell’art. 366 c.p.c., richiamato supra, sub B. (e) – non specifica, nel proprio ricorso, quale sia la contraria interpretazione esposta nella (o sottesa alla) decisione gravata: l’unica affermazione aderente al quesito (come, peraltro, esposto dalla società nella memoria) è ravvisabile in quella della Commissione Tributaria Regionale secondo cui la tesi difensiva inerente l’importo di L. 1.080.000.000 per il 1997 con la quale si assumeva l’iscrizione del valore non nel… conto economico bensì nelle immobilizzazioni non risulta, condivisibile dal momento che ai fini economici e, quindi, fiscali, l’imputazione in più esercizi del costo in quote rappresenta sempre un ricavo non tassato.

L’accertamento dell’avvenuta imputazione in più esercizi del costo in questione, come ovvio, costituisce il risultato dell’afferente indagine fattuale compiuto dal giudice del merito: tale accertamento (che non è stato contestato dalla società), all’evidenza, collide con l’assunto della ricorrente per cui il costo dell’ immobilizzazione non sarebbe in alcuna parte transitato per il conto economico mediante appostazione di quote di ammortamento.

Quest’ assunto, peraltro, si rivela non supportato dalla esposizione (anche per estratto) dei conferenti elementi fattuali – in particolare di quelli tratti dal bilancio (stato patrimoniale e conto economico) e dalla dichiarazione dei redditi, oltre che dalla motivazione dell’atto impositivo -, necessari (art. 366 c.p.c. cit.) per far comprendere la concreta modalità di emersione, nel caso, di una redditività positiva, (comunque ammessa come conseguente dalla stessa contribuente laddove riconosce il potere dell’Ufficio di rettificare gli elementi passivi che il contribuente abbia preteso di dedurre nello stesso conto economico senza avervi diritto) in luogo di quella negativa (perdita) dichiarata per effetto del disconoscimento di un costo che non sarebbe transitato per il conto economico.

F.2. Nella specie l’esposizione detta si rivela indispensabile perchè, per scolastica definizione riferita alla sistemazione della sezione 9 (del bilancio) del capo 5^ società per azioni del c.c., attuata con il D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, artt. 2 e 18:

– lo stato patrimoniale (il cui contenuto è regolato dagli artt. 2424 e 2424 bis c.c.) rappresenta, in modo sintetico, la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società (attività e passività) e la situazione finanziaria nel giorno di chiusura dell’esercizio (consentendo l’immediata conoscenza del patrimonio netto della società), cioè la situazione patrimoniale e finanziaria della società al termine dell’esercizio;

– il conto economico (art. 2425 c.c.), invece, espone il risultato dell’esercizio (utile o perdita) attraverso la rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonchè dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell’esercizio.

I due documenti (che per il primo comma dell’art. 2423 c.c. compongono l’unitario bilancio di ciascun esercizio), invero, non sono autonomi ed indipendenti perchè la situazione patrimoniale e finanziaria della società al termine dell’esercizio, cristallizzata nello stato patrimoniale, è frutto comunque della rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonchè dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell’esercizio racchiusa nel conto economico:

la somma algebrica dei totali parziali di tutte le sezioni scalari in cui, per l’art. 2425 c.c. detto, deve essere articolato il conto economico, infatti, costituisce il risultato globale di esercizio (che, giusta la voce 22, va indicato prima al lordo e poi al netto delle imposte sul reddito, correnti, differite ed anticipate) in base al quale si ottiene l’utile o la perdita d’esercizio che va riportato nello stato patrimoniale.

Nel caso, peraltro, la ricorrente fa riferimento ad immobilizzazioni (quindi, ex art. 2424 c.c., ad una componente dello stato patrimoniale) mentre l’Ufficio ed il giudice di appello al costo dell’immobile (documentato solo da fatture emesse da soggetti che non hanno eseguito l’afferente prestazione economica) che si assume sostenuto nell’anno, quindi ad una componente propria (art. 2425 c.c.) del conto economico, ovverosia al dato economico sottostante (logicamente, per così dire, prodromico) alla valutazione (in base al costo di acquisto o di produzione: art. 2426 c.c.) del bene, necessaria per la inclusione dell’afferente immobilizzazione nello stato patrimoniale.

F.3. Nelle memorie depositate la ricorrente contesta il richiamo dell’insegnamento Impartito dalle sezioni unite nella sentenza 5290/1997, operato dall’Agenzia nel proprio controricorso, ed adduce che con l’applicazione dello stesso non si opera una correzione della motivazione della sentenza impugnata ma si espone una ragione di censura per la quale sarebbe occorso una specifica impugnazione condizionata perchè si finisce per trasmodare, con una non consentita modificazione del provvedimento impositivo, lo stesso oggetto del giudizio in cui non si discute affatto di plusvalenze ma di ricavi tassabili nell’attualità.

L’osservazione è priva di pregio: con la disposizione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 54, comma 1 lett. c, secondo cui le plusvalenze dei beni relativi all’impresa… concorrono a formare il reddito… c) se sono iscritte in bilancio – come affermato in detta sentenza delle sezioni unite e costantemente ribadito in seguito (Cass., trib.: 20 gennaio 2006 n. 1132; 26 maggio 2003 n. 8292; 20 luglio 2002 n. 11240; 27 gennaio 2001 n. 1186; 29 agosto 2000 n. 11324; 16 agosto 2000 nn. 10867, 10873, 10877, 10890, 10893) -, infatti, l’ordinamento tributario configura un’ ulteriore accezione del termine plusvalenza, da intendersi come incremento del patrimonio del contribuente acquisito non già a seguito della cessione del bene ma per effetto della iscrizione di un suo maggior valore in bilancio in quanto, essendo la plusvalenza costituita dalla differenza tra il costo del bene ed il prezzo della sua successiva rivendita, l’aumento fittizio del costo (come la sua inesistenza) riduce od elimina la differenza rispetto al prezzo ricavato al momento del trasferimento e, quindi, sottrae alla tassazione la plusvalenza (o parte della plusvalenza) così realizzata; tale fenomeno, come chiarito dalle sezioni unite, va rilevato e tassato nei termini di legge e non al momento della eventuale rivendita del bene sopravvalutato non essendo previsto un tipo di accertamento a futura memoria.

Vanno, quindi, confermati i principi per i quali (a) la patrimonializzazione di costi conseguente alla loro iscrizione in bilancio… determina una plusvalenza tassabile tutte le volte che i costi stessi si rivelino… inesistenti, in quanto l’iscrizione in bilancio di un costo inesistente importa comunque un incremento del patrimonio del contribuente (Cass., trib., 20 gennaio 2006 n. 1132, specificamente in fattispecie di recupero a tassazione, perchè le afferenti fatture erano fittizie, di somma imputata, nell’attivo dello stato patrimoniale, a conto stabilimento in corso di esecuzione) e (b) il reddito imponibile di una società di capitali aumenta del valore dei costi fittizi e corrisponde a ricavi extrabilancio (Cass., trib. 29 gennaio 2008 n. 1906).

F.4. In base alle richiamate regole giuridiche ed alle osservazioni che precedono il quesito proposto dalla società suppone di necessità logica che il costo delle immobilizzazioni oggetto della rettifica sia (anche se solo in parte rispetto a quello esposto) comunque un costo vero ed effettivo per cui gli effetti giuridici della (assunta) mancata inclusione nel conto economico di quote di ammortamento relative allo stesso possono assumere rilievo unicamente in presenza del conferente, concreto presupposto fattuale dato dalla sussistenza di quel costo, che nel caso, per quanto accertato (ormai irreversibilmente) dal giudice del merito, non sussiste affatto: la asserita omessa inclusione nel conto economico, quindi, è del tutto irrilevante una volta confermato che l’operazione è inesistente: per espressa esposizione della contribuente in ricorso (supra, sub A.), infatti, la rettifica dell’Ufficio ha importato, in entrambi gli anni in questione (1997 e 1998), l’accertamento di un reddito positivo al posto della perdita dichiarata in ciascun anno.

La contribuente – la quale non allega di aver contestato l’illegittimità materiale dell’operazione fiscale -, quindi, avrebbe dovuto (art. 366 c.p.c.) spiegare con l’aderente indicazione dei dati contabili corrispondenti l’addotta ininfluenza perchè l’accertamento dell’Ufficio, in sostanza, discende unicamente dalla eliminazione dei costi disconosciuti dalle dichiarazioni presentate, il che significa che quei costi sono stati esposti, quali elementi negativi, nelle dichiarazioni e, di conseguenza, hanno influenzato negativamente (divenendo perciò rilevanti) il risultato dichiarato invece di quello (maggiore) da dichiarare.

5. Con il proprio ricorso incidentale l’Agenzia – assumendo aver il giudice di appello annullato il recupero a tassazione del rateo contributo incassato in data 20 maggio 1999 nel presupposto che fosse stato ricevuto in conto impianti, sulla base della sua iscrizione in bilancio come voce riscontri recte: risconti passivi – denunzia (con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53 recte: 55, comma 3, lett. b) in relazione alla L. n. 488 del 1992 nonchè insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia adducendo:

– i giudici tributar non hanno considerato… che nel decreto.., concessivo del contributo in questione, esso è espressamente manca il verbo come contributo in conto capitale (cfr. premessa, artt. 2 e 3);

– tale qualificazione ha trovato conferma nella circostanza che, in sede di verifica, i verbalizzanti non sono riusciti a scindere i costi per categorie omogenee di appartenenza e quindi distinguere quelli riferibili e a beni strumentali ammortizzabili da tutti gli altri: i contributi ex L. n. 488 del 1992 vengono considerati in conto capitali, allorquando sussiste un piano complessivo ed articolato di investimento che comprende sia le spese di acquisizione di beni strumentali che le spese di altra natura che non consentono di usare un criterio obiettivo.

6. L’impugnazione incidentale dell’Agenzia deve essere accolta.

A. Tale gravame – diversamente da quanto eccepito dalla società nelle memorie – è ammissibile perchè il controricorso che lo contiene è stato tempestivamente notificato nel termine di cui al primo comma dell’art. 370 c.p.c. e depositato prima della scadenza dell’ulteriore previsto dal precedente art. 369 c.p.c..

L’evidente, riconoscibile errore materiale – dato dalla indicazione, solo nell’epigrafe e nella relazione di notifica dell’ufficiale giudiziario, del destinatario come società Complesso Polivalente Romana s.r.l. anzi che come società Complesso Polivalente Rossana s.r.l. – contenuto in detto controricorso, inoltre, non produce nessun vizio dell’atto (sub specie di violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 1, indicazione delle parti), in relazione all’art. 370 c.p.c., comma 2) perchè la certa ed univoca identità della parte (società Complesso Polivalente Rossana srl) contro cui l’impugnazione è stata proposta è desumibile agevolmente, oltre che dal contenuto complessivo dell’atto, dal riferimento, contenuto nell’epigrafe dello stesso, al ricorso avverso la sentenza n. 105 della C.T.P. di Napoli n. 54/41/2005 proposto con atto notificato l’otto maggio 2006, i cui dati (specie quello relativo alla sentenza gravata) costituiscono oggettivo elemento di riferimento alla controversia de qua.

Il controricorso dell’Agenzia, peraltro, è stato notificato esattamente nel domicilio (cancelleria di questa Corte) eletto dalla società e consegnato alla persona all’uopo preposta, per cui qualsiasi eventuale (perchè, nel caso, indimostrata) difficoltà del consegnatario a individuare il destinatario dell’atto riflette unicamente i rapporti tra lo stesso consegnatario e chi ha eletto domicilio presso di lui.

Dall’esame del fascicolo processuale, comunque ed infine, emerge che il controricorso dell’Agenzia è stato iscritto a ruolo (n. 18330/2006) il 23 giugno 2006, quindi lo stesso giorno del suo deposito, ed è stato riferito dalla cancelleria univocamente al ricorso della società (qualificato come princ.) iscritto al n. 15239 del 2006 proposto contro la medesima sentenza definitiva Comm.

Tributaria Regionale di Napoli n. 54/2005/41… dep. 23 marzo 2005.

B. Specificamente sull’avviso di accertamento relativo all’anno 1999 la sentenza impugnata annota:

– l’Ufficio contesta che la società, beneficiaria di un contributo statale a fondo perduto (per l’importo di L. 9.812.800.000) concesso con D. 28 luglio 1998, in detto anno ha indicato solo l’importo dell’intero contributo nei ratei e risconti passivi senza far transitare per il conto economico la quota (L.. 4.906.400.000) incassata (il 20 maggio 1999) omettendo, quindi, di assoggettarla a tassazione quale sopravvenienza attiva;

– dalla lettura dei bilanci del 1998 e 1999 si rinviene l’iscrizione del risconto passivo per L. 9. 812.000.000 rappresentante l’intero contributo concesso;

– l’iscrizione, per tutto l’ammontare del contributo, riportata sia nel 1998 che nel 1999, deve intendersi solo come registrazione di memoria;

– l’avere indicato l’intero contributo e non solo la quota incassata nel 1999 rappresenta un’anomalia di iscrizione.

Quest’ultima affermazione è giuridicamente errata; la precedente (anch’ essa erronea) è priva di rilievo perchè non attinente al thema decidendi.

B.1. l’oggetto della controversia (giusta la contestazione dell’Ufficio, quale accertata dallo stesso giudice di appello), infatti, non riguarda la verifica della legittimità o meno della iscrizione in bilancio (per tutto il suo ammontare), nei due anni detti precipuamente della (re)iscrizione, ancora nel bilancio del 1999, dell’intero contributo, deliberato nel 1998 e già iscritto nel bilancio di quest’anno, del contributo concesso ma unicamente il fatto (diverso) della mancata iscrizione, nel conferente documento del bilancio (conto economico), della quota incassata nel 1999 e la consequenziale valutazione della eventuale sottrazione della stessa ad imposizione fiscale.

B.2. Le vicende che involgono i contributi denominati a fondo perduto – ovverosia le somme erogate dallo Stato o da altri enti alle imprese sia per incrementarne il capitale che per realizzare iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione od all’ampliamento di immobilizzazioni materiali, caratterizzati non da libera ed insindacabile disponibilità ma (comunque) dal necessario perseguimento del previsto vincolo di destinazione -, a prescindere dal fine (in conto capitale o in conto impianti) per il quale vengono concessi, debbono trovare comunque adeguata e corretta rappresentazione nei documenti (stato patrimoniale e conto economico) che costituiscono inscindibilmente ogni bilancio di esercizio della persona giuridica, sulla base dei conferenti principi contabili, in osservanza delle opportune disposizioni del codice civile.

B.3. l’art. 2423 ter c.c., comma 1 – applicazione del principio generale di chiarezza che per l’art. 2423 c.c. deve informare la redazione del bilancio (il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria detta società e il risultato economico dell’esercizio) -, invero, obbliga ad iscrivere (devono essere iscritte) nello stato patrimoniale e nel conto economico, secondo l’u- niforme ordine tassativo imposto dalle specifiche disposizioni, separatamente e nell’ordine solo le voci previste negli artt. 2424 e 2425 c.c..

La tassatività delle voci di bilancio e le indicate finalità perseguite dalla norma, quindi, impongono di escludere la possibilità stessa di operare l’iscrizione nei documenti costitutivi del bilancio di registrazione di memoria.

B.4. L’erroneità giuridica della tesi del giudice di appello secondo cui la (asserita) registrazione di (mera) memoria della concessione del contributo doveva, poi, essere sostituita da quella di risconto passivo nel corso dell’attività con detrazione del costo dei beni ammortizzabili o con imputazione delle quote annuali di risconto nel procedimento di ammortamento dei beni discende dal rilievo che i risconti passivi, per definizione dogmatica, sono le quote di proventi percepiti nell’esercizio, ma di competenza di esercizi successivi: la evidenziazione, nello sfato patrimoniale (nel cui passivo gli stessi vanno i-scritti ai sensi dell’art. 2424 c.c., lett. E), di risconti passivi, quindi, di necessità logica, suppone la percezione, nell’esercizio (o nei precedenti), dei proventi la cui quota costituisce il risconto per cui quella percezione (proprio perchè relativa a proventi) deve comunque trovare (od aver trovato) corretta rappresentazione contabile con la sua iscrizione nella specifica voce A5 (altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio) del conto economico dell’anno della percezione.

Conseguentemente è errato anche il corollario del giudice di appello secondo cui si tratta soltanto di anomalia di iscrizione a nulla rilevabile a fini tributari atteso che la mancata inclusione nel conto economico della quota di contributo nell’anno in cui è stata percepita ha determinato un’ intuitiva alterazione di quel conto (costituente la base dell’imposizione fiscale) in senso favorevole alla contribuente.

B.5. L’incontestato accertamento fattuale della mancata inclusione nei documenti componenti il bilancio di esercizio relativo all’anno 1999 della quota del contributo in questione, riscossa in tale anno, rende del tutto superfluo il ragionamento del giudice del merito circa la natura (in conto impianti e non, genericamente, in conto capitale) del contributo concesso perchè, comunque, detta quota, benchè percepita, non è stata rappresentata in bilancio: questo, quindi, a prescindere dai riflessi fiscali, è infedele perchè non rispecchia la situazione; dalla sua lettura, infatti, non emerge la sopravvenuta disponibilità materiale di quella parte del contributo concesso, costituente indubbia sopravvenienza attiva.

Il bilancio di esercizio di una società, come noto (Cass., un., 21 febbraio 2000 n. 27), non ha soltanto la funzione di misurare gli utili e le perdite di esercizio ma anche di fornire ai soci e al mercato tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto al riguardo di prescrivere: il dato esposto in bilancio, infatti (Cass., trib.: 12 maggio 2004 n. 8989; 29 settembre 2005 n. 19097; 11 settembre 2009 n. 19649), acquista valenza determinante ed esclusiva nei confronti dei terzi, quindi anche dell’Amministrazione Finanziaria dello Stato, per tutti i rapporti nei quali quel dato assume rilevanza;

identica valenza giuridica, ovviamente, va attribuita alla mancata rappresentazione in bilancio di un dato economico rilevante.

Il bilancio delle società avente personalità giuridiche, per l’art. 2363 c.c., comma 1, n. 1, inoltre, deve essere approvato dall’assemblea ordinaria con delibera che, come risaputo (Cass., 1^, 27 febbraio 2001 n. 2832), non costituisce mera dichiarazioni di scienza nè può essere considerata come atto unilaterale ed interno, inteso a regolare rapporti intrasoggettivi, ma è atto in cui rileva la volontà posta alla base della formazione della deliberazione stessa: discende da tanto che, per avere valore ed efficacia esterni, l’eventuale diversa iscrizione in bilancio di una determinata voce deve comunque essere approvata dall’assemblea ordinaria della società e non può essere frutto di qualsivoglia decisione successiva degli amministratori non avendo questi il potere giuridico di stravolgere il deliberato assembleare racchiuso in un bilancio approvato dall’assemblea.

B.6. In base ai richiamati principi, l’unica conclusione giuridica logicamente deducibile dal fatto della (certa e pacifica) mancata rappresentazione contabile, nel bilancio di esercizio dell’anno 1999, della avvenuta percezione nello stesso anno della quota del contributo a fondo perduto concesso l’anno precedente (concessione già rappresentata nell’afferente bilancio) è che quella percezione è stata esattamente qualificata dall’Ufficio quale sopravvenienza attiva ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55, comma 3, lett. c) nel testo, applicabile al caso ratione temporis, modificato dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 21, comma 4 quindi tassabile come tale, perchè (a) tale norma considera espressamente come sopravvenienze attive i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità (quindi anche i contributi a fondo perduto), disponendo, altresì, che gli stessi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi, e (b) la società, scegliendo di non considerarlo in nessuno dei documenti del proprio bilancio, in effetti, non ha operato nessuna scelta delle pur possibili diverse rappresentazioni tecnico – contabili del fatto (riduzione del costo delle immobilizzazioni acquisite con quel contributo e gradato accreditamento dello stesso al conto economico sulla base della vita utile del cespite, con le connesse varianti di contabilizzazione;

conferimento da parte di terzo non azionista, con costituzione di specifica riserva del patrimonio netto) e, quindi, assegnato (in mancanza, peraltro, di qualsivoglia specificazione nella nota integrativa) a quella quota un trattamento contabile diversamente rilevante a fini fiscali, con conseguente impossibilità di valutare la sussistenza delle condizioni di esclusione previste dalla stessa norma oltre che per quelli di cui alle lettere e) ed f) del comma 1 dell’art. 53 anche per i i contributi… per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato.

B.7. In definitiva, il punto della sentenza impugnata investito dalla doglianza dell’Agenzia deve essere cassato e poichè lo stesso non necessita di nessun ulteriore accertamento fattuale, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito da questa Corte con il rigetto del ricorso della contribuente relativamente all’ avviso di accertamento n. 26012/22 (IRPEG – IRAP 1999).

7. Per la sua totale soccombenza la società deve essere condannata a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo), sulla scorta delle tabelle professionali, in base al valore della controversia ed all’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso della società; accoglie il ricorso incidentale dell’Agenzia; cassa la sentenza impugnata in relazione a detto ricorso incidentale e, decidendo nel merito l’afferente punto, rigetta il ricorso della società relativo all’ avviso di accertamento n. (OMISSIS) (IRPEG – IRAP 1999); condanna la società a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 9.200,00 (novemiladuecento/00), di cui Euro 9.000,00 (novemila/00) per onorario, oltre spese generali, accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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