Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11467 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 25/05/2011), n.11467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.M., B.R., A.F., A.

V., CARES DI F.LLI ANDREOTTI & C SNC, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA

MONTE DELLE GIOIE 13 presso lo studio dell’avvocato VALENSISE

CAROLINA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GAMBINI SIMONA, giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 17/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 06/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il resistente l’Avvocato VALENSISE CAROLINA, che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Biella la società Cares di Fratelli Andreotti & C. e i soci F. e A.V. impugnavano altrettanti avvisi di accertamento relativi a maggiorazione delle imposte rispettivamente Ilor ed Irpef per l’anno 1994, fatti notificare dall’agenzia delle entrate, e con i quali l’amministrazione comunicava di avere accertato un reddito complessivo di importo superiore, a fronte di quello dichiarato, sulla scorta di verifica svolta dai propri funzionari, che avevano riscontrato irregolarità contabili.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva che i costi riportati costituivano un elemento inattendibile a fronte dei limitati ricavi, sicchè andava operato un ricarico maggiore.

Il giudice adito, riuniti i ricorsi, li accoglieva con sentenza n. 68 del 2002.

Avverso la relativa decisione l’amministrazione proponeva appello, cui la società e i soci resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale del Piemonte, presso la quale si costituivano pure le mogli dei soci, rispettivamente C.M. e R. B., e che rigettava il gravame, osservando che l’agenzia non aveva fornito la prova che i redditi prodotti dai contribuenti fossero stati maggiori rispetto a quelli indicati nelle relative dichiarazioni, e che le presunzioni su cui essa si era basata apparivano anche inverosimili.

Contro questa decisione il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

I contribuenti hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che il Ministero non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello; pertanto il ricorso proposto anche da esso va dichiarato inammissibile.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e la società contribuente aveva accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il relativo rapporto si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate. Pertanto il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione (V. pure Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

1) Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente agenzia delle entrate deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c., del D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 57, 62 e 69 del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10, 11 e 12 nonchè insufficiente e/o contraddittoria motivazione, in quanto la CTR non considerava che l’ufficio periferico ben poteva stare in giudizio a mezzo di un suo rappresentante a ciò preposto, senza che l’agenzia dovesse affatto essere rappresentata dal suo direttore, o da quello della sua articolazione.

Il motivo è fondato. Invero il giudice di appello rilevava che l’ufficio periferico non era legittimato a proporre l’appello, spettando la competenza al direttore generale dell’agenzia, o quanto meno a quello dell’ufficio stesso, e non invece ad altri, anche se addetti al settore del contenzioso, alla luce della riforma inerente alla diversa articolazione del Ministero, e soprattutto alle norme regolamentari di carattere secondario che regolano la struttura dell’agenzia stessa. L’assunto non è esatto. Infatti gli uffici periferici dell’agenzia delle entrate sono legittimati attivamente e passivamente a stare in giudizio, nei limiti delle loro attribuzioni, dinanzi alle commissioni tributarie. In tal caso essi possono essere rappresentati tanto dal rispettivo direttore, quanto da altra persona da lui delegata (V. pure Cass. Sentenze n. 3058 del 08/02/2008, n. 22889 del 2006). Inoltre appare utile osservare – solo “ad colorandum” – che, a seguito dell’istituzione dell’agenzia delle entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente alla medesima. Per i giudizi di cassazione poi, nei quali la legittimazione era riconosciuta esclusivamente al Ministero delle finanze, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11 la nuova realtà ordinamentale, caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, consente di ritenere che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, e quella del ricorso possano essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando l’interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato. In tale prospettiva, e segnatamente nel rispetto dell’esigenza di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità in funzione dell’effettività della tutela giurisdizionale, deve ritenersi ammissibile persino il ricorso proposto dall’ufficio locale dell’agenzia con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, tenuto anche conto della sostanziale unitarietà del soggetto giuridico “Agenzia” (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 22889 del 25/10/2006; Sezioni Unite: n. 3118 del 2006).

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d) e D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3 conv. dalla L. n. 427 del 1993, nonchè insufficiente e/o contraddittoria motivazione, poichè la CTR non considerava che i costi e il monte ore annotati nelle scritture erano molto elevati rispetto ai ricavi registrati, sì da denotare operazioni di carattere antieconomico. Inoltre gli pneumatici risultati acquistati non erano stati utilizzati, così come destinati, direttamente per gli automezzi dell’impresa, almeno la prova di ciò non era stata fornita, con la conseguenza che operavano allora le presunzioni di legge, che solo i contribuenti poter fare superare fornendo quella contraria del loro assunto.

La censura va condivisa. L’ufficio si era basato su prestazioni semplici, ma aventi il carattere della gravità e concordanza, atteso che aveva seguito il pur legittimo criterio di accertamento induttivo, sulla scorta dei più consistenti costi indicati nell’anno di riferimento, e in particolare l’antieconomicità e irragionevolezza delle spese a fronte di margini di guadagno molto ridotti, e che normalmente non possono essere seguiti da un’impresa.

Invero, com’è noto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili anche se formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi è, pertanto, consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti – maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (V. pure Cass. Sentenze n. 6337 del 03/05/2002, n. 11645 del 2001, n. 10649 del 2001).

Su tali punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto ed adeguato.

Pertanto alla luce delle considerazioni che precedono, il gravame deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Piemonte, altra sezione, che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare quelle inerenti al rapporto tra il Ministero e i contribuenti, mentre tutte le altre, compreso il doppio grado, saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, e compensa le relative spese; accoglie quello dell’agenzia; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Piemonte, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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