Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11463 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Carmignano sul Brenta, in persona del sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso

dall’Avvocato Giuseppe Maria Antonio Alma, elettivamente domiciliato

presso il suo studio in Roma, via Caio Mario n. 14/a.

– ricorrente –

contro

Cartiera di Carmignano s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 27/05 della Commissione tributaria regionale

de Veneto, depositata il 20.9.2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3.3.2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Cartiera di Carmignano propose distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Padova per l’annullamento degli avvisi con cui il comune di Carmignano sul Brenta, sul presupposto che il compendio immobiliare da essa posseduto avesse una rendita catastale pari a L. 715.000.000, le aveva chiesto il pagamento di maggior somme per l’ici, oltre interessi e sanzioni, in relazione alle annualità dal 1993 al 1997. La contribuente eccepì che la rendita catastale utilizzata dal comune era stata di fatto azzerata a seguito delle variazioni da essa denunziate nel 1991 e quindi sostituita con quella presentata con procedura DOCFA nel 1998 e pari a L. 437.100.000, sicchè, il valore imponibile del bene, trattandosi di immobili di categoria D), doveva essere determinato, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, sulla base del criterio contabile.

Il giudice di primo grado accolse in parte i ricorsi, dichiarando, anche sulla base di una relazione presentata dall’Agenzia del Territorio, che il valore imponibile degli immobili dovesse essere calcolalo sulla base della rendita di L. 437.100.000, determinata dall’Agenzia nel 1998 tramite la procedura DOFCA. Proposto gravame da parte del Comune, con sentenza n. 27/05 del 20.9.2005 la Commissione tributaria regionale del Veneto, riuniti gli appelli, confermò la pronuncia di primo grado, rilevando che, sulla base di quanto riferito dall’Agenzia del Territorio nella propria relazione, la rendita che risultava di fatto iscritta fino al 1997 e che era stata posta a base delle rettifiche del Comune era divenuta inefficace a far data dal 18.10.1991, allorquando la contribuente aveva presentato denunzia di variazione, con la conseguenza che, per le annualità in discussione, doveva trovare applicazione la rendita come determinata nel 1998 a seguito della procedura DOCFA. Precisò, inoltre, che le contestazioni sulla determinazione della rendita sollevate dal comune non meritavano accoglimento, in quanto tale determinazione è di spettanza esclusiva dell’Agenzia del territorio e non può essere sindacata dall’ente impostore, dichiarando, infine, non dovuti gli interessi e le sanzioni, in quanto il ritardo con cui era stata attribuita la nuova rendita non addebitabile alla contribuente.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 3.11.2006, ricorre, sulla base di due motivi, il comune di Carmignano sul Brenta.

La società Cartiera di Carmignano non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, denunziando violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. a) e art. 5, commi 1, 2 e 4, e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per avere, ai fini della determinazione della rendita applicabile alle annualità di imposta in discussione, dato esclusivo rilievo alla rendita attribuita nel 1998, senza considerare che nel 1999 l’Ufficio del Territorio, su richiesta di variazione dell’utente aveva determinato un nuova rendita catastale nella misura ben superiore di L. 726.740.000, sulla base di modifiche e variazioni mediante l’apporto di attrezzature fisse e macchinari che, come il comune ricorrente aveva dimostrato mediante ampia documentazione, riprodotta nel ricorso, risalivano non già al 1998, ma agii anni precedenti. La sentenza di appello pertanto, prosegue il ricorso, è viziata sia per violazione di legge, in quanto l’applicazione del criterio della rendita catastale deve essere necessariamente riconnesso alla reale situazione del compendio immobiliare, che per difetto di motivazione, non dando alcun rilievo alle risultanze documentali di cui al raffronto tra la rendita del 1998 e quella del 1999.

Il mezzo è inammissibile.

Parte ricorrente lamenta la mancata considerazione da parte del giudice a gito degli elementi di fatto che dimostrerebbero che la rendita del 1998 è stata determinata in contrasto con la reale situazione dell’immobile, per avere esso un valore maggiore rispetto a quello corrispondente alla rendita determinata nel 1998 dall’Ufficio del Territorio; nessuna censura, tuttavia, viene sviluppata nei confronti del l’argomentazione della sentenza impugnata, che ne costituisce l’effettiva ratio decidendi, che ha disatteso tali contestazioni sulla base della considerazione che ” una volta stabilito che si debba utilizzare il criterio catastale per la determinazione dell’ICI degli immobili della resistente, non è concesso al Comune impositore sindacare la rendita catastale determinata dall’Agenzia del Territorio cui spetta l’esclusiva competenza in materia” argomento poi ribadito e precisato in un altro passo della decisione, dove si evidenzia che “Ogni altra considerazione sulla supposta non veridicità della denuncia di variazione del 1991 e della successiva attribuzione della rendita è questione che non compete al Comune”.

A fronte delle critiche svolte dal comune in ordine al valore dell’immobile risultante dalla rendita, la Commissione tributaria regionale ha pertanto opposto la sostanziale irricevibilità di tali censure, assumendo che l’ente impositore non può contrastare nè porre in discussione la rendita determinata dall’Agenzia del Territorio. Trattasi, com’è evidente, di una ratio decidendi autonoma, certamente idonea a sostenere le ragioni della decisione che ha disatteso le doglianze del Comune in merito al valore del bene della società contribuente e che, in quanto non censurata, determina l’inammissibilità del motivo, dovendo ad essa riconoscersi natura assorbente rispetto alle censure con esso sollevate.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14 del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7 del D.Lgs. n. 473 del 1997, art. 14 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74 e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che il giudice di appello abbia respinto il motivo che contestava la mancata applicazione a carico della contribuente degli interessi e sanzioni. Ad avviso del comune, tale capo della decisione è errato per non avere il giudice valutato la condotta colpevole della società contribuente che, sottostimando i propri beni, ha determinato l’Agenzia del Territorio all’attribuzione di una rendita catastale inferiore a quella dovuta, e comunque per avere escluso del tutto interessi e sanzioni mentre avrebbe dovuto rapportarne l’ammontare fino alla concorrenza della maggior imposta in ogni modo dovuta sulla base della rendita catastale determinata nel 1998. Anche questo motivo appare inammissibile.

Tale conclusione si impone perchè, anche in questo caso, il mezzo non investe l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, una volta considerato che la Commissione tributaria regionale ha escluso l’applicazione a carico della società contribuente di interessi e sanzioni sulla base del rilievo che il parziale inadempimento dell’imposta non era dipeso da sua colpa, in quanto, da un lato, la rendita precedentemente iscritta doveva considerarsi inefficace per effetto della denunzia di variazione del 1991, dall’altro la tardiva attribuzione della nuova rendita non è dipesa dal contribuente ma solo dalle disfunzioni dell’Amministrazione finanziaria, per cui appare sicuramente applicabile l’esimente di cui alla L. n. 342 del 2000, art. 74″. Entrambe queste argomentazioni non risultano direttamente criticate e ciò determina l’inammissibilità del motivo.

Ne può essere accolto l’assunto secondo cui la nuova rendita attribuita era inferiore, per fatto della contribuente, a quella che avrebbe dovuto essere assegnata in forza del valore effettivo del bene, trattandosi di contestazione che investe l’atto di determinazione della rendita e che, come si è visto in occasione dell’esame del primo motivo, il giudice di merito ha dichiarato – e la relativa affermazione non è stata censurata – non proponibile da parte del comune.

Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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