Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11461 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. II, 30/04/2021, (ud. 22/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9077-2016 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in Palermo, via S.

Botticelli n. 21, presso lo studio dell’avv.to GIROLAMO ALESSANDRO

CROCIATA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VIGLIENA

10, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GURRERI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE RUSSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 736/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 05/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

lette le conclusioni scritte del P.G. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il giudice di pace di Palermo accoglieva l’opposizione proposta da G.A. avverso il decreto ingiuntivo n. 3469 del 2012 emesso dal locale giudice di pace su ricorso del condominio di (OMISSIS) per il pagamento di Euro 2856 pari all’ammontare delle quote ordinarie e straordinarie relative all’appartamento di proprietà del G..

Il giudice di pace, all’esito dell’istruttoria, riteneva dimostrato il pregresso pagamento del debito da parte di G.A., e, dunque, l’estinzione dell’obbligazione. In particolare, secondo il giudice di primo grado, doveva essere valorizzato il contenuto della deposizione testimoniale resa dal padre del G. che aveva riferito di un pagamento in contanti e del rilascio della relativa ricevuta da parte dell’amministratore, anche sulla base del documento in questione, prodotto in copia ma recante la sigla dell’amministratore verificata giudizialmente.

2. Avverso la suddetta sentenza il condominio di (OMISSIS) proponeva appello dinanzi al Tribunale di Palermo.

3. Il Tribunale accoglieva l’impugnazione, evidenziando che il condominio sin da subito aveva contestato l’autenticità della ricevuta di pagamento prodotta dalla controparte in copia e recante sul frontespizio la dicitura fotocopia vergata a mano. L’opponente non aveva mai depositato l’originale a suo dire smarrito, giusta denuncia presentata presso il commissariato di pubblica sicurezza. La consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado aveva confermato l’autenticità della sigla apposta in calce al predetto documento, effettivamente riconducibile all’amministratore. Tale circostanza era priva di rilievo, in quanto dalla medesima relazione svolta dal consulente tecnico emergeva che la copia era identica all’originale in possesso dell’amministratore di condominio, documento esibito ex art. 210 c.p.c.

Il documento recante la dicitura fotocopia non era mai stato consegnato in originale al condomino G. e, dunque, non integrava gli estremi di una quietanza. Tale conclusione non poteva essere messa in discussione dalla deposizione del padre dell’opponente in quanto, anche a voler trascurare ogni considerazione in ordine all’attendibilità del teste, il divieto posto dall’art. 2726 c.c. non risultava derogabile, alla luce di quanto evidenziato in ordine alla mancata disponibilità dell’originale in capo all’opponente.

4. G.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.

5. Il condominio di (OMISSIS) ha resistito con controricorso e con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso.

6. Il sostituto procuratore generale nella persona del dottor Alessandro Pepe ha depositato conclusioni scritte, chiedendo in via principale la rimessione della causa alla pubblica udienza per la sua valenza nomofilattica, soprattutto in relazione al terzo motivo, altrimenti il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 320 e 210 c.p.c.

Si contesta la riconosciuta rilevanza dell’originale della quietanza di pagamento, che ad avviso del ricorrente non poteva valere a fini decisori in quanto prodotto dal Condominio di (OMISSIS) sulla base di un ordine di esibizione del giudice da un lato non idoneo a rimediare alla produzione del documento, avvenuta oltre i termini dell’art. 320 c.p.c., dall’altro non in linea con le prescrizioni dell’art. 210 c.p.c., non trattandosi di ordine rivolto “all’altra parte o a un terzo” ma alla stessa parte interessata.

1.2 Il motivo è inammissibile.

Come evidenziato anche dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte, l’esame nel merito di tale motivo è pregiudicato da una questione preliminare. Il Giudice di pace ha ritenuto ritualmente acquisito agli atti l’originale della quietanza di cui aveva ordinato l’esibizione a seguito dell’ottemperanza all’ordine da parte del Condominio.

Il G., dunque, aveva l’onere di proporre appello incidentale condizionato su tale decisione in punto di rituale acquisizione ed utilizzabilità ai fini decisori dell’originale di tale quietanza, pena la formazione di giudicato interno sul punto. Peraltro anche l’ulteriore ragione di inammissibilità evidenziata dal P.G. è da condividere. Il G., infatti, ha contestato l’utilizzazione di un documento, l’originale della quietanza, che spettava a lui allegare a fronte del disconoscimento ex art. 214 c.p.c. e art. 2719 c.c. operato dal Condominio di (OMISSIS). Sul punto costituisce orientamento consolidato quello secondo il quale: “A seguito del disconoscimento della fotocopia della scrittura privata, la parte che intende avvalersene è tenuta a produrre l’originale (e, in caso di ulteriore disconoscimento, a chiederne la verificazione), atteso che solo con l’originale si realizzano la diretta correlazione e l’immanenza della personalità dell’autore della sottoscrizione, che giustificano la fede privilegiata che la legge assegna al documento medesimo, cosi da fondare una presunzione legale superabile dall’apparente sottoscrittore solo con l’esito favorevole della querela di falso” (Sez. 1, Sent. n. 16551 del 2015).

Peraltro, il ricorrente non riporta la motivazione con la quale il Tribunale ha disposto ex art. 210 c.p.c. l’esibizione del documento in possesso del condominio e, in tal modo, resta preclusa – ove ritenuta ammissibile – la possibilità di sindacare l’esercizio del suddetto potere discrezionale da parte del giudice.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Difetto di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Si deduce il vizio di motivazione con riguardo alla riconosciuta rilevanza probatoria di tale documento originale, improvvisamente trovato e prodotto dal Condominio oltre le preclusioni istruttorie.

2.1 Il secondo motivo è inammissibile.

Il ricorrente si limita a riportare parte delle sue difese rispetto alle quali afferma che il giudice di appello nulla ha motivato, rendendo impossibile seguire l’iter logico della decisione, ma non indica alcun fatto decisivo oggetto di discussione e omesso nella motivazione del Tribunale.

In altri termini, il ricorrente, con la suddetta censura, del tutto generica e per ciò solo inammissibile, tende in realtà ad una rivalutazione in fatto della vicenda mediante una diversa lettura delle fonti di prova complessivamente considerate.

Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata”. (Sez. 1, Sent n. 16056 del 2016).

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2721 e 2726 c.c. in relazione all’art. 159 c.p.c..

Si assume che la nullità della deposizione testimoniale del padre del G., che ha confermato con le sue dichiarazioni l’avvenuta estinzione del debito, non sia stata tempestivamente eccepita dal Condominio di (OMISSIS) dopo il relativo espletamento, e che, pertanto, il Tribunale di Palermo non potesse dichiararla inutilizzabile per contrasto col divieto posto dagli artt. 2721 e 2726 c.c..

La censura si fonda sull’indirizzo giurisprudenziale secondo cui le violazioni degli artt. 2721 c.c. e ss. danno vita a nullità relative, sottoposte al regime dell’art. 157 c.p.c., con conseguente loro non rilevabilità d’ufficio e relativa sanatoria in caso di intempestiva eccezione di parte.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2721 e 2726 c.c. omessa motivazione su punto decisivo.

La Censura attiene alla ammissibilità della testimonianza relativa al fatto storico dell’avvenuta consegna del documento successivamente smarrito e alla speculare omessa motivazione delle ragioni dell’inattendibilità del teste.

4.1 Il terzo e quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.

In relazione al terzo motivo il P.G. ha evidenziato che la censura si fonda sull’indirizzo giurisprudenziale secondo cui le violazioni degli artt. 2721 c.c. e ss. danno vita a nullità relative, sottoposte al regime dell’art. 157 c.p.c., con conseguente loro non rilevabilità d’ufficio e relativa sanatoria in caso di intempestiva eccezione di parte. Si tratta di un indirizzo che ha avuto, di recente, l’autorevolissimo avallo delle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali hanno appunto concluso nel senso che “L’inammissibilità della prova testimoniale di un contratto che deve essere provato per iscritto, ai sensi dell’art. 2725 c.c., comma 1, attenendo alla tutela processuale di interessi privati, non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima dell’ammissione del mezzo istruttorio; qualora, nonostante l’eccezione di inammissibilità, la prova sia stata ugualmente assunta, è onere della parte interessata opporne la nullità secondo le modalità dettate dall’art. 157 c.p.c., comma 2, rimanendo altrimenti la stessa ritualmente acquisita, senza che detta nullità possa più essere fatta valere in sede di impugnazione” (Sez. U, Sent. n. 16723 del 2020).

Il P.G., tuttavia, ritiene che nel caso in esame il giudice dell’appello non ha ritenuto sussistere un’inderogabilità assoluta della testimonianza del padre del G. ma piuttosto ha rilevato una palese contraddizione tra quanto da questi affermato e il possesso dell’originale della presunta quietanza in capo all’amministratore di condominio.

Il Collegio ritiene di condividere anche in questo caso le conclusioni della Procura generale. Infatti, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la motivazione sulla testimonianza del padre del G. era diretta solo a rafforzare quanto accertato nel corso dell’istruttoria di primo grado, anche con espletamento di una consulenza tecnica, circa la conformità del documento prodotto in copia da parte del ricorrente con l’originale in possesso del condominio. A tal proposito, il Tribunale evidenziava che il suddetto documento, recante la dicitura fotocopia, non era mai stato consegnato in originale al condomino G. e, pertanto, il possesso dell’originale in capo all’amministratore era sufficiente ad escludere che la copia da questi prodotta potesse costituire una quietanza di pagamento.

Sulla base di tale accertamento il giudice dell’appello ha posto l’accento anche sul contenuto della testimonianza il cui oggetto non era l’avvenuto pagamento del debito quanto piuttosto la consegna o meno dell’originale o della copia della presunta ricevuta. In altri termini secondo la ricostruzione in fatto operata dal Tribunale, la dichiarazione testimoniale circa la consegna in originale da parte del condominio al G. del documento poi andato smarrito era smentita dalle altre risultanze istruttorie. In tal senso deve intendersi il richiamo alla sentenza n. 5884 del 1993 che altrimenti non si concilierebbe con l’affermazione circa l’inderogabilità del divieto ex art. 2726 c.c.

Infine, deve evidenziarsi che il principio di diritto richiamato dalla sentenza n. 5884 del 1993 citata dal Tribunale è stato di recente ribadito dalla sentenza di questa sezione n. 7940 del 2020 secondo cui: “è ammessa la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall’art. 2721 c.c., ma la deroga è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l’esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta (ex plurimis, Cass. 14/07/2003, n. 10989; Cass. 25/05/1993, n. 5884; Cass. 18/03/1968, n. 879)”.

5. Il quinto motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis (comma 4) e art. 11.

5.1 Il motivo è inammissibile, essendo formulato dal ricorrente per mero scrupolo difensivo nel caso di eccezioni sulla tempestività del ricorso.

6. In conclusione la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1800 più 200 per esborsi;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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