Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1146 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1146 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: TRICOMI LAURA

ORDINANZA
sul ricorso 24865-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

HEWLETT
2017
2647

PACKARD

ITALIANA

SRL,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE DI VILLA MASSIMO 57, presso
lo studio dell’avvocato GUIDO BROCCHIERI, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati BARBARA
FAINI, FRANCESCO FLORENZANO, GIANFRANCO DI GARBO;

controricorrente

avverso la sentenza n. 134/2010 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 18/01/2018

WAANkA
dd&MteMO, depositata il 22/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 25/10/2017 dal Consigliere Dott. LAURA

TRICOMI.

RITENUTO CHE
La Commissione Tributaria Regionale di Milano, con la sentenza in
epigrafe indicata, confermava la sentenza di primo grado che aveva

avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso, avanzata
con mod. IVA 1998 e successiva istanza di sollecito del 13 giugno
2006, relativo ad un credito IVA della società Convex Computer
S.p.A. ceduto in data 2 settembre 1997 alla controricorrente, con
cessione notificata al Concessionario della riscossione – ESATRI ed
all’Agenzie delle Entrate – Ufficio di Gorgonzola.
Secondo il giudice di appello la domanda di rimborso era stata
tempestivamente e regolarmente presentata con il modello IVA 1998,
per cui l’Ufficio aveva l’obbligo di provvedere, così come stabilito
dalll’art.30 comma 2 del DPR n.633/1972, ricorrendone tutti i
presupposti. Ha escluso che il provvedimento di diniego potesse
trovare giustificazione in ragione della mancata allegazione nei
termini decadenziali di cui all’art. 21 D.Lgs. 546/92 del modulo VR.
L’Agenzia delle entrate ricorre su due motivi; la contribuente si è
costituita con controricorso, seguito da memoria ex art.378 cpc.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione
dell’art.30 del DPR n.633/1972 e dell’art.21 D.Lgs. n. 546/92
(art.360, comma 1, n.3, cpc), nella parte in cui la sentenza
impugnata ha ritenuto inapplicabile il termine di decadenza di cui
all’art. 21, II comma, D.Lgs. n. 546/1992 ad un’istanza di rimborso
del credito IVA conseguente alla cessazione dell’attività ai sensi
dell’art. 30, II comma, D.P.R. n. 633/72, in base alla considerazione
che tale ultima norma non prevederebbe alcun termine decadenziale,

accolto il ricorso della Hewlett Packard Italiana s.r.I., proposto

rendendo direttamente applicabile l’ordinario termine prescrizionale.
Sostiene la ricorrente che la stessa giurisprudenza di legittimità ha
affermato (Cass. sent. n. 3295/09) che “è giurisprudenza di questa
Corte che in tema di IVA, alla domanda di rimborso o restituzione del
credito maturato dal contribuente si applica, in mancanza di una
disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la

(ora D.Lgs. n. 546 del 1992, art.21, comma 2), prevedente un
termine biennale di decadenza per la presentazione dell’istanza, che
non esclude, tuttavia, una volta maturato il silenzio rifiuto, la
decorrenza del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 cod.
civ”. Secondo la ricorrente, quindi, nel caso di specie all’epoca della
domanda di rimborso, presentata in data 13/6/2006 a fronte della
cessazione di attività avvenuta n1 1997, la società era ormai decaduta
dalla facoltà di richiedere il rimborso.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o
falsa applicazione dell’art.30 e dell’art.38 bis del DPR n.633/1972,
nonché dell’art.21 D.Lgs. n. 546/92 (art.360, I comma, n.3, cpc),
nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’esposizione
di un credito IVA nella dichiarazione annuale, nella quale il credito
medesimo venga richiesto a rimborso, sia idonea ad impedire il
decorso del termine di decadenza di cui all’art.21 sopra citato.
Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nel ritenere fondata la
pretesa del diritto al rimborso, in quanto la stessa era pregiudicata
dalla irritualità della domanda, non accompagnata dalla compilazione
del modello VR, che costituiva adempimento indispensabile, non solo
in caso di richiesta di rimborso accelerato. Secondo la ricorrente
l’omissione di tale modello renderebbe “tamquam non esset”
l’indicazione del credito contenuta nella dichiarazione, con la
conseguenza che, nella fattispecie in esame, l’unica istanza di
rimborso validamente presentata sarebbe stata quella del 13/6/2006,
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R.G.N. 24865/2011
Cons. est. Laura Tricorni

norma generale residuale di cui al D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16

tardiva per intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. n.
546/1992.
2. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono
infondati e vanno rigettati.
3.1. Come questa Corte ha già affermato con condiviso principio,
«in tema d’IVA, ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta, è

nella dichiarazione annuale, del quadro “RX4”, sebbene non
accompagnata dalla presentazione del modello “VR”, che costituisce
solo un presupposto per l’esigibilità del credito, sicché, una volta
esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non
è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dall’art. 21,
comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma solo a quello ordinario di
prescrizione decennale, di cui all’art. 2946 c.c.» (Cass. sez. trib. n.
19115 del 2016; Cass. sez. VI n. 14981 del 2014).CI L’orientamento
giurisprudenziale citato dalla ricorrente (solo apparentemente
contrastante con i precedenti sopra indicati) non è applicabile alla
fattispecie in esame, perché si riferisce ad un caso differente, in cui il
contribuente non aveva indicato il credito IVA nella dichiarazione
annuale.
3.2. Secondo l’ormai prevalente orientamento di legittimità, la
corretta indicazione del credito di imposta nella dichiarazione è
sufficiente a manifestare la volontà di richiedere il rimborso. Ed
invero, “l’esposizione di un credito d’imposta nella dichiarazione dei
redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di
ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo
attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in
dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di
liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti,
attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione. Ne
consegue che il relativo credito del contribuente è soggetto
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R.G.N. 24865/2011
Cons. est. Laura Tricorni

sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione,

all’ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il
termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto l’istanza di rimborso non
integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di
esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del
rimborso stesso” (Cass. sent. n.10180/2016; Cass. nn. 768412012,

3.3. Premesso che nella sentenza gravata è contenuto
l’accertamento di fatto, non contestato dalla ricorrente, che la società
Convex Computer S.p.A. aveva manifestato la propria volontà di
ottenere il rimborso dell’IVA esponendola nella dichiarazione (Modello
IVA 1998 per l’anno 1997, nel quadro VL al rigo VL 28 “IVA a credito”
e nel quadro VH al rigo VH 27 “importo chiesto a rimborso”), la
decisione della C.T.R. risulta conforme al principio di diritto prima
ricordato. La successiva istanza della società cessionaria, inoltrata in
data 13/6/2006, deve intendersi tempestivamente avanzata dalla
società cessionaria entro il termine di prescrizione decennale,
decorrente dalla presentazione della richiesta inserita nella
dichiarazione IVA della società cedente relativa all’anno 1997.
4. Conclusivamente il ricorso va rigettato su entrambi i motivi.
5. Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la
soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;
– Condanna la Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del
giudizio di legittimità che liquida nel compenso di €.3.700,00=, oltre
spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2017

8813/2013, 206781201.4, 20255/2015).

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