Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11459 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 10/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.10/05/2017),  n. 11459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SACALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, domiciliato in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

per legge lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) spa, domiciliato in Roma, viale Liegi 42, presso

l’avv. prof. Roberto Aloisio, che lo rappresenta e difende con

l’avv. Cesare Maupoil, come da mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 821/2011 della Corte d’appello di Milano,

depositaa il 29 marzo 2011;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano che ha ribadito il rigetto della domanda di insinuazione nel passivo del Fallimento (OMISSIS) spa di un suo credito per circa 287 mila Euro derivante dalla revoca di un finanziamento erogato il 17 dicembre 1990 con mandato di pagamento del 25 gennaio 1991 eseguito il 4 febbraio 1991.

I giudici del merito hanno ritenuto che il mandato di pagamento prodotto dal ministero fosse inidoneo alla prova del credito controverso, in quanto privo di data certa e non qualificabile come atto di fede privilegiata. Di tanto si duole l’amministrazione ricorrente, proponendo due motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso il fallimento, che ha proposto altresì ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce che il credito dedotto in giudizio non aveva titolo nel controverso mandato di pagamento ma nella convenzione stipulata con l’impresa fallita e rimasta parzialmente ineseguita per il sopravvenuto fallimento. Sicchè, a norma della L. Fall., art. 72, l’amministrazione aveva diritto alla restituzione di quanto erogato in esecuzione della convenzione, mai contestata dal curatore fallimentare, mentre un problema di anteriorità al fallimento non può porsi per il mandato di pagamento.

Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce che erroneamente i giudici del merito hanno escluso la certezza della data del mandato di pagamento, desumibile, quali elementi di prova almeno indiziaria, da atti amministrativi, come la registrazione dell’approvazione ministeriale del contratto cui doveva seguire il pagamento entro quindici giorni, e lo stesso mandato di pagamento, in quanto documento contabile.

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

La certezza del rapporto contrattuale intercorso tra l’amministrazione e la società poi fallita non comporta la certezza dei pagamenti previsti per l’adempimento del contratto. La prova del contratto è prova dell’obbligazione dell’amministrazione, non del suo adempimento. E analogamente la prova dell’approvazione del contratto non può risultare concludente per l’effettiva erogazione del pagamento entro il previsto termine, mentre la natura contabile del mandato di pagamento non è supportata da un qualsiasi riferimento a registri o archivi di contabilità idonei a connotarne di certezza la data.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, solo il documento formato per lo scopo della speciale funzione pubblica di certificazione, prevista dall’art. 2699 c.c., conferisce certezza alla data della sua redazione (Cass., sez. 2, 12/07/1968, n. 2463).

Il ricorso incidentale subordinato risulta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

PQM

Rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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