Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11457 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza di

Priscilla n. 4, presso l’avv. Coen Stefano, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Davide Druda, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 68/05/06, depositata l’11 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2

marzo 2010 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Beatrice Rizzacasa (per delega dell’avv. Coen) per il

ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. S.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto indicata in epigrafe, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, è stato respinto il ricorso del contribuente contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di autotutela, con richiesta di sgravio, da lui presentata in relazione a cartella di pagamento in precedenza notificatagli e non impugnata nei termini: il giudice a quo ha ritenuto che la predetta istanza non potesse essere idonea a rimettere in discussione un credito erariale ormai divenuto definitivo.

2. L’Agenzia delle entrate ha depositato mero atto di costituzione.

Il ricorrente ha depositato memoria.

3. All’esito dell’adunanza in camera di consiglio del 16 giugno 2009, per la quale il ricorso era stato originariamente fissato, il Collegio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., u.c., (nel testo vigente ratione temporis), ha rinviato la causa alla pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i tre motivi di ricorso, il contribuente denuncia, rispettivamente: a) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ponendo il quesito se “a fronte di una domanda con la quale si contesti la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, il Giudice debba emettere decisione sul punto dello specifico capo di domanda avanzato ed accertare se tale potere sia stato legittimamente esercitato”; b) omessa o insufficiente motivazione circa il fatto controverso consistente nel “nesso logico-fattuale che lega la definitività della cartella esattoriale al rigetto della domanda di autotutela”; c) violazione degli artt. 24 e 113 Cost., del combinato disposto dell’art. 53 Cost.

e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, ponendo i quesiti di diritto se “sia proponibile da parte del contribuente la domanda volta ad accertare la legittimità del diniego di autotutela espresso dall’amministrazione finanziaria” e se “sia legittima la pretesa tributaria tendente a sottoporre a tassazione più di una volta il reddito derivante dal medesimo presupposto d’imposta, generatore di ricchezza”.

2. Il primo e il secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente per intima connessione, sono infondati.

La ratio decidendi della sentenza impugnata consiste nel ritenere inammissibile un’istanza di autotutela relativa ad un rapporto tributario ormai definitivo, come chiaramente emerge dall’affermazione del giudice a quo secondo cui “il contribuente ha lasciato decorrere inutilmente i termini di impugnativa della cartella di pagamento rendendo definitivo il credito erariale”, mentre “avrebbe dovuto avvalersi dei meccanismi predisposti normativamente (nell’ipotesi in esame impugnativa od istanza di rimborso nei termini consentiti) e non della artefatta creazione di una terza via, svincolata da qualsiasi termine (rigetto su istanza di autotutela)”.

Ne consegue che i motivi sopra enunciati al par. 1, sub a) e b), si rivelano chiaramente non fondati, poichè il giudice, nella sentenza impugnata, basata sull’anzidetta ratio decidendi, da un lato ha evidentemente ritenuto assorbita ogni questione in ordine alla legittimità del diniego di autotutela, e, dall’altro, ha esaurientemente esposto le ragioni della decisione.

3. Il terzo motivo è anch’esso infondato.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente più volte affermato il principio secondo il quale avverso l’atto con il quale l’Amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo non è esperibile una autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria, in questo caso, dell’attività di autotutela, sia perchè, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. un., nn. 2870 e 3698 del 2009; il principio è stato da ultimo confermato da Cass., Sez. un., n. 16097 del 2009, nella quale si è anche ribadito, più in generale, che il concreto ed effettivo esercizio, da parte dell’Amministrazione, del potere di annullamento d’ufficio e/o di revoca dell’atto contestato non costituisce un mezzo di tutela del contribuente sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti).

Nè, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, è idonea a indurre a diversa conclusione la sentenza delle Sezioni unite n. 9669 del 2009.

Con essa è stata ritenuta improponibile, per difetto di una posizione giuridica soggettiva tutelabile, la domanda del contribuente volta ad ottenere l’annullamento di un provvedimento di diniego di autotutela in relazione ad avvisi di accertamento divenuti definitivi, sulla base della considerazione che “nel giudizio instaurato contro il mero, ed esplicito, rifiuto di esercizio dell’autotutela può esercitarsi un sindacato – nelle forme ammesse sugli atti discrezionali – soltanto sulla legittimità del rifiuto e non sulla fondatezza della pretesa tributaria”; e si è aggiunto che nella fattispecie il contribuente aveva invece sostanzialmente chiesto l’annullamento degli avvisi non impugnati, che tenesse luogo dell’atto di autotutela rifiutato, “senza oltretutto dedurre l’esistenza di alcun interesse pubblico all’annullamento”.

Ciò precisato, deve ritenersi che il caso in esame non si discosti da quello oggetto della pronuncia anzidetta, poichè dalla sentenza impugnata risulta che il contribuente “aveva impugnato il provvedimento di rigetto dell’autotutela eccependo che le imposte richieste non erano dovute”, e nelle conclusioni dell’atto di appello (testualmente riportate nel ricorso per cassazione) si chiedeva di “annullare il provvedimento di rigetto di autotutela dedotto in giudizio, accertando l’inesistenza della pretesa tributaria”, senza, peraltro, anche in questo caso, addurre alcun interesse pubblico all’annullamento, il quale non può farsi consistere, come ora pretende il ricorrente in memoria, nel fatto che il ricorso originario fosse fondato su una deduzione di duplicità di imposizione con violazione del principio di capacità contributiva, laddove, a fronte della definitività dell’atto, occorre far valere l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto stesso.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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