Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11453 del 25/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/05/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 25/05/2011), n.11453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

TONEGUTTI SPA, (già TONEGUTTI SRL), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

PIETRO MASCAGNI 7, presso lo studio dell’avvocato FERRI FERDINANDO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASCHIO LUIGI,

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1454/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/08/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/12/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1 – I fatti processuali rilevanti.

Con sentenza 7.4.1999 n. 1019 il Tribunale di Venezia condannava l’Amministrazione finanziaria a corrispondere a Tonegutti s.r.l. la somma di L. 34.000.000 oltre interessi legali dalla domanda al saldo, a titolo di restituzione di tasse di concessione governativa indebitamente corrisposte per gli anni 1988, 1990, 1991 e 1992, dichiarando la inapplicabilità della norma statale istitutiva del tributo in quanto incompatibile con la direttiva del Consiglio Cee 17.7.1969 n. 335, e rigettando la eccezione di decadenza del diritto, formulata dalla PA ai sensi del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 relativamente alla annualità 1988, in quanto, pur non avendo prodotto la società copia delle istanze di rimborso (“documenti da 9 a 13, menzionati nell’elenco e non rivenute), l’onere probatorio poteva ritenersi egualmente assolto dalla produzione delle ricevute di spedizione delle lettere raccomandate trasmesse agli Uffici finanziari e dalla assenza di contestazioni da parte della PA in ordine alla tempestività delle istanze di rimborso relative alle annualità 1990-1992.

In parziale accoglimento dell’appello principale interposto dalla PA e dell’appello incidentale proposto dalla società Tonegutti, la Corte d’appello di Venezia con sentenza 18.8.2005 n. 1454, riduceva a L. 19.000.000 il credito di rimborso, rilevando la mancanza in atti della prova documentale della trasmissione della istanza di rimborso relativa al 1988 entro il termine di decadenza, e riconosceva gli interessi dovuti sulla somma restituenda nella misura prevista dalla L. n. 29 del 1961, riliquidando le spese dei due gradi di giudizio che compensava nella misura della metà, ponendo la metà residua a carico della Amministrazione.

p. 2 Gli atti introduttivi del giudizio.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la Tonegutti s.p.a. (in seguito a trasformazione del tipo societario) deducendo, quale unico motivo, la “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in tema di produzione dei documenti sia in primo grado che in appello, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia” avendo entrambi i giudici di merito dato atto che i documenti erano stati depositati ed indicati nell’indice del fascicolo, con la conseguenza che nulla essendo stato rilevato, in entrambi i gradi di giudizio, dal Cancelliere al momento della costituzione ex art. 74 disp. att. c.p.c, nè all’atto del deposito in data 26.5.1998 del doc. 14 regolarmente timbrato, i Giudici avrebbero dovuto, anzichè ritenere indimostrato il fatto da provare, valutare la possibilità di ordinare alla parte un nuovo deposito del documento smarrito.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate eccependo la inammissibilità e la infondatezza del ricorso principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La motivazione della sentenza impugnata.

La Corte d’appello di Venezia dopo aver circoscritto il thema decidendum ai motivi dell’appello principale concernenti la decadenza D.P.R. n. 641 del 1972, ex art. 13 dal diritto di rimborso della tassa di concessione governativa, la applicazione con efficacia retroattiva della L. n. 448 del 1998, art. 11, comma 1 ed ai motivi dell’appello principale ed incidentale concernenti la determinazione degli interessi da liquidare sulle somme restituende, ha ritenuto decaduta la società dal diritto al rimborso della tassa pagata per l’anno 1988 ritenendo applicabile – diversamente da quanto affermato dal primo giudice – la norma del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 (che stabiliva il termine di decadenza triennale, decorrente dal versamento, per la richiesta di rimborso) e rilevando che il Giudice di primo grado aveva già constatato che non era stata prodotta dalla società la istanza di rimborso e che “la prova dell’inoltro di una tale istanza non risulta fornita neppure in questo grado; manca tuttora agli atti l’istanza di rimborso per i complessivi L. 15 milioni versati per l’annualità 1988”.

La Corte territoriale quindi, in dipendenza della parziale riforma della sentenza di prime cura provvedeva a nuova regolamentazione delle spese di primo grado ed a liquidazione delle spese del grado di appello, compensandole per la metà e ponendo il residuo a carico della Amministrazione statale.

2. I motivi del ricorso principale.

La società censura la sentenza di appello con un unico motivo deducendo “violazione e falsa applicazione delle orme di diritto in tema di produzione di documenti sia in primo grado che in appello” nonchè “omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Sostiene la ricorrente che entrambi i Giudici di merito avrebbero dato atto dell’avvenuto deposito dei documenti e che pertanto la Corte d’appello avrebbe dovuto assegnare alla parte nuovo termine per il nuovo deposito del documento non rinvenuto agli atti. Aggiunge che il Cancelliere non aveva mosso rilievi all’atto della costituzione della parte in primo grado “nè allorquando l’esponente ha depositato in data 26 maggio 1998 il documento 14 (che è stato regolarmente timbrato)”, nè aveva mosso rilievi il Cancelliere della Corte d’appello all’atto della costituzione della società appellata.

3. Il controricorso.

La Agenzia delle Entrate subentrata a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale, con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (ctr. Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118) ha resistito con controricorso eccependo la inammissibilità del ricorso principale in quanto volto a far valere un vizio revocatorio denunciarle esclusivamente con il mezzo di impugnazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, nonchè in quanto privo di quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., ed ha concluso comunque per il rigetto dello stesso in quanto infondato.

4. L’esame dei motivi di ricorso e le valutazioni della Corte.

Le eccezioni di inammissibilità prospettate in relazione all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 366 bis c.p.c. sono manifestamente infondate.

Nella specie non ricorre infatti, errore revocatorio in quanto tale errore di percezione, ricadente sul fatto, sussiste soltanto nel caso in cui il Giudice supponga inesistente un documento ritualmente prodotto ed effettivamente esistente (Corte cass. 1^ sez. 17.7.1997 n. 656), mentre non è configurabile laddove il documento, ove pure risulti prodotto in giudizio, non esista materialmente tra gli atti di causa al momento della decisione (per smarrimento, sottrazione, distruzione, o ritiro volontario), sicchè il Giudice non abbia ritenuto di poterlo prendere in esame ai fini della valutazione probatoria e della decisione della controversia (cfr. Corte cass. 1^ sez. 12.10.2006 n. 21938, in motivazione).

Nella specie è incontestato che il documento effettivamente non era presente tra gli atti del giudizio (e tale fatto è stato esattamente rilevato dal Giudice), dunque rimane esclusa in limine la stessa ipotesi di un errore consistente nella mancata rilevazione da parte del Giudice di un fatto positivamente accertato.

Quanto alla inammissibilità dedotta in relazione all’art. 366 bis c.p.c. è appena il caso di osservare che l’onere di formulazione nel ricorso per cassazione del “quesito di diritto”, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. (norma successivamente abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47), è Stato introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e la norma trova applicazione esclusivamente ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto (2.3.2006), ipotesi che non ricorre nel caso di specie essendo stata depositata in Cancelleria la sentenza impugnata in data 18.8.2005.

Inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4 è, invece, la censura formulata dal ricorrente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sia in quanto non vengono neppure indicate le norme asseritamente violate (genericamente individuate in quelle aventi ad oggetto il deposito dei documenti -il vizio di legittimità avrebbe dovuto quindi essere denunciato dalla ricorrente con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), sia in quanto difetta del tutto la esposizione dei fatti dai quali dovrebbe risultare la violazione da parte del Giudice di appello delle norme processuali (mentre l’ipotetico vizio denunciato con riguardo al giudizi di primo grado è pacificamente inammissibile in difetto di indicazione e prova che la eccezione era stata riproposta ovvero che la questione era stata dedotta con specifico motivo di appello in sede di gravame).

Infondata è, invece, la censura dedotta in relazione a vizio motivazionale della sentenza.

La questione della decisione pronunciata in mancanza di documenti prodotti in giudizio ma non rinvenuti nel fascicolo al momento della pronuncia non risulta risolta in modo uniforme da questa Corte: a fronte di un indirizzo che pone a carico della parte l’onere di verificare la regolarità del proprio fascicolo depositato per la decisione, sicchè l’eventuale mancato rinvenimento da parte del Giudice di un documento – prodotto dalla parte- non preclude la decisione della causa (cfr. Corte cass. sez. lav. 29.10.1998 n, 10819 “In virtù del principio dispositivo delle prove, il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione di alcuni documenti ritualmente prodotti, deve presumesi espressamente, in mancanza della denunzia di altri eventi, di un atto volontario della parte che è libera di ritirare il proprio fascicolo di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti in esso contenuti; ne consegue che è onere della parte dedurre l’incolpevole mancanza (ove ciò non risulti in maniera palese ance in assenza della parte e di una sua espressa segnalazione in tal senso) e che il giudice è tenuto ad ordinare la ricerca o disporre la ricostruzione della documentazione mancante solo ove risulti la involontarietà della mancanza, dovendo, negli altri casi, decidere sulla base delle prove e ci documenti sottoposti al suo esame al momento della decisione”; id. 1^ sez. 24.11.2000 n. 15188; id. 3^ sez. 16.7.2002 n. 10269; id. sez. lav. 25.5.2004 n. 10222; id. sez. lav. 19.11.2004 n. 21937 “nell’ipotesi di smarrimento del proprio fascicolo e dei documenti in esso allegati, la parte è tenuta a richiedere al giudice il termine per la ricostruzione del fascicolo e a controllare, prima del passaggio in decisione della causa, che il fascicolo ricostruito sia depositato e allegato a quello di ufficio nel termine stabilito dall’art. 169 cod. proc. civ.”; 5 sez. 19.5.2010 n. 12250 -in relazione al processo tributario – “il mancato rinvenimento nel fascicolo di parie, al momento della decisione della causa, dei documenti su cui la parte assume di aver basato la propria pretesa in giudizio, non preclude a giudice di secondo grado di decidere sul gravame, ove non risulti lo smarrimento del fascicolo e la formale richiesta di ricostruzione del medesimo. A tale filone debbono ricondursi anche quelle sentenze che ricollegano il potere decisionale del Giudice, in difetto di rinvenimento del documento, alla annotazione di Cancelleria del ritiro del fascicolo di parte, gravando su quest’ultima l’onere di dimostrare che al momento della restituzione del fascicolo il documento era inserito agli atti: Corte cass. 3^ sez. 2.9.2004 n. 18856; id. sez. lav. 12.12.2008 n. 29262), vi è un altro orientamento giurisprudenziale che in caso di mancato rinvenimento al momento della decisione di documento ritualmente prodotto, fa obbligo in ogni caso al Giudice di disporre di ufficio la ricerca ed eventualmente ordinare la ricostruzione del documento (cfr. Corte cass. 3^ sez. 2.8.2001 n. 10598 “il mancato rinvenimento al momento della decisione della causa, di documenti che la parte invoca, comporta per il giudice l’obbligo di disporre la ricerca di essi con i mezzi a sa disposizione ed eventualmente l’attività ricostruttiva del contenuto dei medesimi a condizione tuttavia che gli atti ed i documenti siano stati prodotti ritualmente in giudizio e che l’omesso inserimento di essi nel fascicolo non debba essere attribuito alla condotta volontaria della parte”; id. 1 sez. 12.10.2006 n. 21938; id. 3^ sez. 11.5.2010 n. 1 1352 “Nell’ipotesi di smarrimento del proprio fascicolo e dei documenti in esso allegati, la parte ha l’onere di richiedere al giudice il termine per ricostruirlo e, disposte infruttuosamente le opportune ricerche tramite la cancelleria, può depositare nuovamente i documenti, mentre il giudice può pronunciare sul merito della causa sulla base degli atti a sua disposizione soltanto in caso di inosservanza di detto termine. Pertanto, il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, di documenti che la parte invoca, se il fascicolo risulta depositato per tale momento, comporta per il giudice l’obbligo di disporre la ricerca di essi con i mezzi a sua disposizione e la possibilità per la parte di ottenere di depositarli nuovamente ovvero di ricostruirne il contenuto, se erano stati ritualmente prodotti”).

In una linea intermedia si collocano, quelle sentenze che non ritengono di poter argomentare alcuna presunzione “iuris tantum” dalla mancanza del documento negli atti processuali (nè in senso negativo -si presume ex art. 115 c.p.c. che il mancato inserimento sia imputabile alla parte-, nè in senso positivo -si presume che il mancato inserimento debba attribuirsi ad incolpevole smarrimento o sottrazione-) ma ritengono necessaria una indagine caso per caso volta ad accertare la imputabilità o meno alla parte della perdita o del mancato inserimento del documento (cfr. Corte cass. 3^ sez. 16.7.1997 n. 6521 “il mancato rinvenimento, al momento della decisione della causa, nel fascicolo di parte di alcuni documenti che questa invoca -nella specie atti di istruttoria penale comprovanti le modalità del fatto- e che risultano esser stati depositati (art. 87 disp. att. cod. proc. civ.), comporta che il giudice o la decide “allo stato degli atti” -stante la disponibilità delle prove (art. 115 c.p.c., comma 1), se non consta l’involontarietà dell’omesso inserimento di essi nel fascicolo di parte al momento della restituzione dì questo unitamente alla comparsa conclusionale (art. 169 c.p.c., comma 2) – o – previa, se possibile, valutazione sulla loro rilevanza – se la predetta omissione dipende dallo smarrimento o sottrazione, anche, parziale, di tale fascicolo, deve ordinarne alla cancelleria la ricerca, ovvero disporre la ricostruzione; la violazione di questo obbligo può configurare vizio di motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), ma la parte ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto di tali documenti e di argomentare sulla possibilità, dal loro esame, di una decisione diversa”; id. 3^ sez. 3.7.2008 n. 18237 “Se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Ove, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare tale vizio in sede di legittimità ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa”).

Tanto premesso osserva il Collegio che nella fattispecie difetta del tulio il presupposto della rituale produzione in giudizio del documento fondante la indagine richiesta al Giudice.

Costituisce una mera ed indimostrata allegazione di parte ricorrente che i giudici di merito avrebbero entrambi dato atto “dell’avvenuto deposito di tali documenti”.

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui la società, costituendosi nel giudizio di appello, “provvedeva al deposito del fascicolo di primo grado dopo aver opportunamente provveduto ad inserire nuovamente i documenti asseritamente mancanti”, la stessa viene ad introdurre un nuovo fatto di indagine, che non trova riscontro nella sentenza impugnata e che rimane evidentemente sottratto al sindacato di legittimità.

Il Giudice di appello, invero, non risulta aver mai affrontato il tema dello smarrimento di tali documenti – nè risulta sia stato investito sul punto della specifica questione dalla società appellata – essendosi limitato, da un lato, a rilevare che il Tribunale aveva constatato che alla annotazione contenuta nell’indice del fascicolo di primo grado non corrispondeva alcun documento relativo alla istanza di rimborso; dall’altro a rilevare che l’appellata non aveva offerto la prova della spedizione della istanza di rimborso (“manca tuttora agli atti la istanza di rimborso per i complessivi 15 milioni di lire versati per l’annualità 1988”).

La ricorrente non ha, inoltre, fornito alcuna indicazione in ordine:

– alle circostanze volte ad escludere la imputabilità alla stessa parte del mancato rinvenimento del documento nel giudizio di primo grado: la parte ricorrente avrebbe dovuto, quanto meno, specificare se, una volta depositato il proprio fascicolo al momento della costituzione in giudizio, questo non sia stato più ritirato nel corso dell’intero giudizio, ai sensi dell’art. 77 disp. att. c.p.c. e dell’art. 169 c.p.c. alla rituale (ri)produzione del documento in grado di appello, condizione necessaria per la indagine sulla involontarietà ed incolpevolezza della perdita del documento: ed infatti a seguito di una espressa statuizione del Tribunale in ordine alla inesistenza della prova documentale – sebbene indicata nell’indice del fascicolo – la parte, anzichè provvedere con autonoma iniziativa alla integrazione della carenza documentale, avrebbe dovuto richiedere al Giudice di appello di effettuare la ricostruzione o il nuovo deposito in giudizio del documento mancante, dimostrando che lo smarrimento si era verificato per fatto incolpevole, non incontrando tale richiesta il divieto di nuove prove di cui all’art. 345 c.p.c..

– al ritiro del fascicolo di parte dalla Cancelleria del Tribunale ed all’effettivo inserimento di copia del documento mancante nel fascicolo di primo grado depositato nel giudizio di appello: in proposito alcuna rilevanza può essere attribuita alla sottoscrizione dell’indice del fascicolo depositato dalla parte all’atto della costituzione in appello, tenuto conto che il deposito del “fascicolo di primo grado” non è riconducibile nè alla nozione di “atto di causa” (art. 74 disp. att. c.p.c., comma 2) nè a quella di “documento di causa” (art. 74 disp. att. c.p.c., comma 1) in ordine ai quali soltanto il Cancelliere è tenuto a svolgere il controllo di regolarità (controllo che non viene richiesto, infatti, nel caso in cui il fascicolo di parte non sia stato ritirato e venga acquisito al processo di appello unitamente al fascicolo di ufficio ex art. 347 c.p.c., u.c.), essendo tenuta la parte – al fine di potersi avvalere della presunzione di regolarità del deposito di atti e documenti ex art. 74 disp. att. c.p.c. – ad elencare specificamente, con apposito indice, i singoli atti ed i documenti offerti in comunicazione all’atto della costituzione.

Il mero deposito del fascicolo di primo grado – ove anche effettuato dalla parte appellata – non consente, pertanto, di pervenire alla certezza -neppure mediante presunzione ex art. 74 disp. att. c.p.c. – che il documento, la cui mancanza è stata accertata dalla sentenza di primo grado, sia stato effettivamente (ritualmente) prodotto nuovamente nel giudizio di appello, venendo quindi meno lo stesso presupposto di fatto condizionante il fatto cronologicamente successivo dello smarrimento (ed impregiudicata comunque l’accertamento della incolpevolezza o meno della perdita).

Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE – rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del esente giudizio che liquida in Euro 1.000,00 per onorari oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2011

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