Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11453 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 15/06/2020), n.11453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26038-2018 proposto da:

V.S., C.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

ONORATO, rappresentati e difesi dall’avvocato STEFANO CAPPELLU;

– ricorrenti –

contro

BPER CREDIT MANAGEMENT SCPA quale mandataria di BPER BANCA SPA già

BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona

del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBALONGA 7, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINO PALMIERO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO DAVI’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 02/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza del 3 marzo 2014 il Tribunale di Isernia revocava, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti dell’attrice, Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.A., l’atto di costituzione di fondo patrimoniale del 4 agosto 2003 concluso dai coniugi C.S. e V.S.. Avverso tale decisione proponevano appello i convenuti con atto di citazione del 22 ottobre 2014, deducendo l’insussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria. Si costituiva l’istituto di credito eccependo l’inammissibilità e la nullità dell’atto di appello perchè notificato a soggetto inesistente, poichè la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.A. era estinta alla data di notifica dell’impugnazione, per avvenuta incorporazione in Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, Società cooperativa;

con sentenza del 2 febbraio 2018, la Corte d’Appello di Campobasso rigettava l’impugnazione con condanna degli appellanti al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione C.S. e V.S. affidandosi a due motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso BPER Credit Management SCpA.

Considerato che:

con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 3, la violazione l’art. 115 c.p.c. e motivazione insufficiente per avere la Corte d’Appello di Campobasso confermato la sentenza di primo grado dichiarativa della inefficacia dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale, nonostante la mancata produzione, da parte dell’istituto di credito, del documento contrattuale che costituiva il presupposto dell’azione ex art. 2901 c.c.;

con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione l’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e motivazione carente e insufficiente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte d’Appello escluso che -al momento dell’atto dispositivo- gli ulteriori beni nella titolarità di C. fossero comunque idonei a mantenere integra la garanzia patrimoniale generica nei confronti della banca, avuto riguardo anche alla entità del presunto credito da questa vantato nei confronti dei ricorrenti, con conseguente esclusione del presupposto

dell’eventus damni;

il collegio da atto che il ricorso non è tardivo;

con il primo motivo con il quale si lamenta che la corte di appello avrebbe dichiarato la inefficacia dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale “nonostante la mancata produzione, da parte della banca attrice, del relativo documento contrattuale”, si introduce un elemento di novità con conseguente inammissibilità della censura. Parte ricorrente, infatti, non ha riprodotto il motivo di gravame che la corte di appello non avrebbe esaminato e ciò in violazione del principio secondo cui “il ricorrente all’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice di merito e di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla corte di cassazione di controllare, attraverso gli atti, la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito” (Cass. 28 ottobre 2015 e n. 22069). Al contrario, la sentenza impugnata non si occupa della questione che non risulta sia stata proposta nel giudizio di merito. Pertanto la censura oggetto del presente ricorso deve ritenersi prospettata per la prima volta in sede di legittimità e, in quanto tale, è inammissibile (Cass. 2 marzo 2017 n. 5001);

il secondo motivo è inammissibile poichè ha ad oggetto elementi fattuali. La corte territoriale di Campobasso ha correttamente dedotto l’eventus damni dalla mancata dimostrazione, da parte del debitore, che, nonostante l’atto di disposizione, il patrimonio manteneva valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni creditorie. Sotto tale profilo ha ritenuto non idonea a fornire la prova contraria le visure della conservatoria attestanti la nuda proprietà di terreni in agro di Terzigno. Questo consente di ritenere priva di fondamento la censura ai sensi dell’art. 112 c.p.c., sia perchè la corte d’appello non ha omesso di considerare il documento versato in atti, ma ha espresso una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede, si associa soprattutto perchè la doglianza riferita alla norma invocata non riguarda la mancata considerazione di risultanze processuali, ma di domande o motivi di impugnazione. Va ribadito che la Corte territoriale ha indicato le fonti del proprio convincimento e che, pertanto, si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua motivazione, come tale incensurabile in sede di legittimità, dove il ricorrente, con il motivo in esame, tende sostanzialmente a prospettare una valutazione delle risultanze probatorie alternativa e più favorevole alla propria tesi, rispetto a quellQ adottata dai giudici di merito; la violazione dell’art. 116 c.p.c. non è dedotto secondo i meriti indicati da Cass. n. 11892/16;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) dichiara che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 19 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 giugno 2020

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