Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11449 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 26476/06 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliato in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che lo rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in Roma, via

Agostino Depretis, n. 86, presso l’Avvocato Adonnino Pietro, che lo

rappresenta e difende per procura speciale in calce a controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 84/14/05 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 23.6.2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 2 marzo 2010 dal relatore Cons. Dr. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Udito, per la ricorrente, l’Avvocato dello Stato Massimo Santoro;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- L’agenzia delle entrate impugna, con due motivi, la sentenza indicata in epigrafe, e ne chiede la cassazione con ogni conseguente pronunzia, ritenendo che avesse, respingendo l’appello dell’ufficio, illegittimamente confermato la sentenza n. 189/19/2004 della commissione tributaria provinciale di Roma che, a sua volta, aveva accolto il ricorso presentato dal signor T.A. avverso il silenzio rifiuto opposto dall’ufficio alla sua richiesta di rimborso della somma di L. 6.264,657.172, corrispondente ad una ritenuta IRPEF operata dal Comune di Roma sulla liquidazione dell’indennizzo pagato, nel 1998, per l’occupazione e l’esproprio di alcuni terreni, cui si riferivano un atto del 1979, una sentenza della corte d’appello di Roma del 1996 ed una successiva transazione col comune.

1.2.- Il nominato contribuente resiste mediante controricorso e successiva memoria illustrativa.

2.- Motivi del ricorso.

2.1.- L’agenzia censura la sentenza impugnata:

2.1.1.- col primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, commi 5, 7 e 9, deducendo che, contrariamente all’opinione dei giudici tributari di merito, la ritenuta era stata legittimamente operata sulla plusvalenza pagata in epoca posteriore all’entrata in vigore della norma citata, qualunque fosse la data dell’esproprio, sicchè il rimborso richiesto non era dovuto;

2.1.2.- col secondo motivo, in subordine, per violazione e falsa applicazione delle stesse norme di legge e per motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, con riferimento alla data dell’atto causativo dell’indennizzo, che non consisterebbe nel decreto di esproprio (21.8.1979), e quindi non risalirebbe, come ritenuto dalla commissione regionale, ad epoca anteriore al 31.12.1988 (limite massimo di portata retroattiva della norma fiscale transitoria contenuta nell’art. 11, comma 9, cit.), bensì sarebbe costituito dalla deliberazione in data 23.12.1997, con cui la giunta comunale aveva disposto il pagamento dell’indennità assoggettata a ritenuta l’IRPEF. 3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso è fondato e deve essere accolto. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, mediante rigetto del ricorso introduttivo della controversia.

Le spese dell’intero giudizio debbono essere integralmente compensate fra le parti per giusti motivi, ravvisati nel fatto che la giurisprudenza di questa suprema corte, contraria alle tesi del contribuente ed alle pronunzie di entrambi i giudici tributari di merito, si è consolidata in epoca posteriore alla proposizione del ricorso introduttivo.

4.- Motivi della decisione.

4.1.- La L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, comma 1, lett. f) pubblicata il 31.12.1991 ed entrata in vigore il giorno successivo, 1. 1.1992, ai sensi dell’art. 81 della Legge stessa – modificando il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, comma 1, lett. b) (T.U.I.R.), comprende per la prima volta, fra i “redditi diversi” soggetti ad IRPEF, “le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

A partire dal 1.1.1992 sono pertanto imponibili – come chiarisce lo art. 11, comma 5 e come si verifica nel caso di specie – i corrispettivi pagati al proprietario (non imprenditore) di terreni aventi determinate destinazioni urbanistiche sotto forma d’indennità di esproprio per cessione volontaria in sede espropriativa o d’indennizzo per acquisizione coattiva, conseguente ad occupazione d’urgenza divenuta illegittima.

Sulle somme costituenti dette plusvalenze – sempre che il pagamento avvenga in data posteriore a quella (1.1.1992) di entrata in vigore della legge, l’ente erogante deve operare una ritenuta del venti per cento, a titolo d’imposta, a norma del successivo comma 7.

4.2.- l’art. 11 cit., comma 9 pone, tuttavia, una limitata eccezione al principio di non retroattività della norma fiscale, assoggettando ad imposta anche le somme riscosse a detto titolo in data anteriore al 1. 1.1992, quando si verificano due condizioni: che l’atto o il provvedimento attributivo dell’indennizzo sia posteriore al 31.12.1988 (limite massimo della portata retroattiva della norma), e che non sia stato assoggettato ad INVIM. In tale ipotesi – non essendo stata, ovviamente, eseguita la ritenuta ante litteram – le somme percepite debbono essere indicate nella dichiarazione annuale dei redditi da presentarsi per il 1991 ed il pagamento del tributo avviene mediante versamento diretto in due rate.

4.3.- Questa disposizione transitoria (giudicata legittima da C. Cost. n. 315/1994; poi abrogata dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58, comma 1, n. 131,) non trova comunque applicazione nel caso di specie, in difetto del suo presupposto, stante che l’indennità in parola non fu versata e riscossa in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma (art. 11 cit., il cui comma 7 imponeva di fare la ritenuta), bensì nel 1998, cioè durante il periodo di piena vigenza della norma fiscale, e quindi con applicazione non retroattiva di essa, ma in base al principio di attualità della capacità contributiva, manifestata dalla percezione della plusvalenza nel periodo di applicazione ordinaria della legge, cioè dopo il 1.1.1992.

4.4.- Nel senso ora indicato – dell’imponibilità delle plusvalenze realizzate e percepite in data successiva all’entrata in vigore della legge, a prescindere da quanto dispone il comma 9, e quindi indipendentemente dalla data degli atti ablativi che le abbiano determinate – è la giurisprudenza di questa suprema corte, consolidata dopo un periodo di iniziale oscillazione (Cass. nn. 12706, 12581, 11423 e 6249/2004, 8719/2003, 10585/2002, 2537/2001, 10056/2000, 9154/2000, 12882/1998; contro, Cass. nn. 1430/2000, 14673/1999), dalla quale il collegio non ha ragione di discostarsi in mancanza di convincenti argomentazioni contrarie da parte del contribuente; argomentazioni – come pure quelle addotte dal giudicante a quo – irrilevanti al fine della soluzione della presente controversia, perchè dirette sostanzialmente a criticare, ovvero ad interpretare, la portata retroattiva ed i limiti di efficacia del comma 9, norma transitoria inapplicabile al caso in esame per la ragione esposta al par. 4.3.

4.5.- L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo (par. 2.1.2), espressamente subordinato, concernente l’individuazione e la data del provvedimento (decreto originario di esproprio o deliberazione di pagamento) che dette causa all’indennizzo.

4.6.- Si conclude nel senso indicato al par. 3.1.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della lite;

compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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