Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11445 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 10/05/2017, (ud. 12/10/2012, dep.10/05/2017),  n. 11445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 778/2012 R.G. proposto da:

S.S., rappresentato e difeso dall’avv. Maurizia Sacchi;

elettivamente domiciliato in Roma, via Monte Zebio, n. 32, nello

studio dell’avv. Alessandro Foschiani;

– ricorrente –

contro

TERNA S.P.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Salaria, n. 95,

presso lo studio dell’avv. Andrea Galvani, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Filomena Passeggio;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI FALCONARA MARITTIMA;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, n. 738,

depositata in data 15 novembre 2010;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 12 ottobre 2016

dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito per la controricorrente l’avv. Galvani;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Alberto Cardino, il quale ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo, rigetto nel resto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha determinato l’indennità di asservimento in relazione all’imposizione di una servitù di elettrodotto da parte della S.p.a. Terna su un terreno dell’attore S.S. in Euro 636,27, rilevando che il terreno asservito, posto a ridosso del greto del fiume (OMISSIS), era inedificabile in base alle previsioni del P.R.G. del Comune di Falconara Marittima, nonchè in virtù di vincoli di natura paesaggistica ed ambientale.

2. La stima del valore del terreno è stata effettuata, quindi, sulla base dei criteri previsti per le aree agricole dalla L. n. 685 del 1971, escludendosi, per altro, che la linea elettrica avesse comportato un deprezzamento della residua proprietà. Sotto tale profilo si aggiunto che la potatura dei pioppi costituiva l’estrinsecazione dell’esercizio della servitù di elettrodotto, onde evitare che la caduta di rami potesse arrecare danni alle condutture e agli impianti.

3. E’ stato infine escluso l’esame delle questioni inerenti all’indennità di occupazione, non avendo l’attore avanzato la relativa domanda.

4. Per la cassazione di tale decisione lo S. propne ricorso, affidato a tre motivi, cui Terna S.p.a. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La prima censura, con la quale, criticandosi l’applicazione del c.d. valore agricolo medio, si invoca una determinazione delle indennità sulla base del valore di mercato del bene, è fondata.

Deve invero darsi atto della sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, emessa, nelle more del presente giudizio, a completamento del processo di conformazione del diritto interno ai principi posti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

2. Con il motivo di ricorso in esame il ricorrente ha impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’indennità, ponendone in discussione la legittimità, anche in relazione alla giurisprudenza della Corte edu.

3. Deve quindi rilevarsi che il sistema indennitario è ormai svincolato dalla disciplina delle formule mediane (dichiarata incostituzionale con sentenza n. 348 del 2007) e dei parametri tabellari, di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, commi 1 e 2 e della L. n. 865 del 1971, art. 16, commi 5 e 6, e risulta, invece, agganciato al valore venale del bene. Il serio ristoro che l’art. 42 Cost., comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d’interesse generale, si identifica, dunque, con il giusto prezzo nella libera contrattazione di compravendita, id est col valore venale del bene, posto che la dichiarazione d’incostituzionalità dei menzionati criteri riduttivi ha fatto rivivere detto criterio base di indennizzo, posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39, riconosciuto applicabile ai casi già soggetti al pregresso regime riduttivo (Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del 2010; n. 6798 del 2013; n. 17906 del 2014), ed ora sancito dal del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90.

4. Tanto non comporta, tuttavia, che sia venuta meno, ai fini indennitari, la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili, che è imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio – anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici – e che le regole di mercato non possono travalicare.

E l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo, fondato sulla edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37.

In base a tale criterio, un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti tale classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass., n. 7987/2011; Cass., n. 9891/2007; Cass., n. 3838/2004; Cass., n. 10570/2003; Cass., Sez. un., nn. 172 e 173/2001), e, per converso, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui, per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass. 14840/2013; Cass., n. 2605/2010; Cass. nn. 21095 e 16537/2009).

5. Con il secondo mezzo si denuncia la violazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, nonchè illogica, carente e contraddittoria motivazione nella parte in cui esclude il deprezzamento sulla residua proprietà. Nella specie la ricorrenza del pregiudizio sarebbe stata esclusa sulla base di una valutazione astratta, senza considerare, da un lato, il vincolo di inedificabilità nelle zone adiacenti all’elettrodotto e, dall’altro, la capitozzatura di un filare di pioppi.

5.1. La censura è infondata. L’indennizzo per il fondo residuo è, poi, disciplinato dal T.U. n. 1775 del 1933, art. 123, comma 1 (trattandosi di vicenda antecedente l’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001), secondo cui “Al proprietario del fondo servente è dovuta una indennità la quale deve essere determinata tenendo conto della diminuzione di valore che per la servitù subiscono il suolo e il fabbricato in tutto od in parte….”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale componente dell’indennizzo non opera in modo indistinto ed automatico, ma può essere attribuita, solo quando sia dimostrata l’attualità del deprezzamento e comunque il suo documentato verificarsi in conseguenza della costituzione della predetta servitù (cfr. Cass., 3771 del 2012), incidenza causale che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale non può essere individuata nella mera vicinanza con l’opera pubblica. Si richiede, infatti, un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno, che non ricorre allorchè il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprietà o a vincoli che non colpiscono in modo specifico e differenziato la porzione residua del fondo, risolvendosi in obblighi o limitazioni di carattere generale che gravano, indipendentemente dall’intervento ablatorio, su tutti i beni che si trovino in una certa posizione di vicinanza rispetto all’opera pubblica realizzata o da realizzare. (Cass., 7 dicembre 2011, n. 26357).

5.2. Tanto valga per la dedotta incidenza sulle capacità edificatorie dell’area residua, per altro insussistenti, trattandosi, come espressamente rilevato – in base alle previsioni del P.R.G. del Comune di Falconata Marittima – nell’impugnata decisione, senza rilievi da parte del ricorrente, di area inedificabile, per altro interessata da vincoli paesaggistici ambientali.

L’affermazione della corte distrettuale, secondo cui il potenziale danno alla salute che può derivare dai campi elettromagnetici (risarcibile in un giudizio ordinario, come danno alle persone) esula dall’ambito delle voci da liquidare nell’indennità di elettrodotto in un giudizio di opposizione alla stima L. n. 865 del 1971, ex art. 19, per altro conforme a uno specifico indirizzo di questa Corte (ribadito di recente da Cass., 27 luglio 2016, n. 15629), non risulta attinta da specifica censura.

5.3. Quanto al pregiudizio asseritamente derivante dalla capitozzatura dei pioppi, che non incide sul loro valore, la corte distrettuale ha correttamente rilevato che tale circostanza deriva dal legittimo esercizio della servitù di elettrodotto, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 121.

Giova in proposito richiamare il principio, già espresso da questa Corte, secondo cui a norma del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 121, lett. c), la costituzione di una servitù di elettrodotto conferisce al titolare di essa, utente della linea elettrica, la facoltà di tagliare i rami degli alberi che, trovandosi in prossimità dei conduttori aerei, possano, col movimento, con la caduta o altrimenti, causare corti circuiti od arrecare inconvenienti al servizio o danni alle condutture ed agli impianti. Tale norma, che è posta anche a tutela della incolumità pubblica, intesa come incolumità degli addetti al servizio dell’elettrodotto e di tutte le persone le quali possano, per qualsiasi causa ed in qualsiasi momento, entrare in contatto con l’elettrodotto, trova, pertanto, applicazione non soltanto con riguardo agli alberi del fondo servente, bensì per tutti gli alberi che, ovunque piantati ed a chiunque appartenenti, vengano in contatto con l’elettrodotto e determinino una situazione di pericolo (Cass., 8 maggio 1991, n. 5144; cfr. anche Cass. pen., 10 maggio 2000, n. 6571, che qualifica detta potatura come obbligo e non facoltà per il titolare della servitù di elettrodotto).

6. Del pari infondato è il terzo motivo, con il quale si censura l’affermazione della Corte di appello relativa all’impossibilità di accedere alla determinazione dell’indennità di occupazione, in assenza della relativa domanda. La tesi del ricorrente, secondo cui l’indennità in esame sarebbe inglobata in quella di asservimento, ragion per cui non sarebbe necessaria una specifica richiesta di determinazione, contrasta con il costante orientamento di questa Corte (Cass., 28 maggio 2012, n. 8433; Cass., 16 settembre 2009, n. 19972; Cass., 21 maggio 2007, n. 11782) fondato sull’autonomia dell’indennità in esame, in relazione alla specifica e distinta funzione dell’occupazione di urgenza.

Infatti il provvedimento di occupazione temporanea preordinato alla espropriazione di un immobile privato attribuisce immediatamente alla P.A. il diritto di disporne allo scopo di accelerare la realizzazione dell’opera pubblica, per la quale è stato emanato, ed incide in misura corrispondente sui poteri dominicali del titolare del bene, privandolo, in tutto o in parte, delle facoltà di godimento e di disposizione; ciò fa sorgere, per il mancato godimento del bene, il diritto all’indennizzo ex art. 42 Cost., separato ed aggiuntivo rispetto all’indennità di espropriazione e all’indennità di asservimento nel caso di imposizione di una servitù, sebbene a questa commisurato, ed a prescindere dal titolo in base al quale la vicenda ablativa possa concludersi (cessione volontaria, espropriazione formale, occupazione acquisitiva, asservimento).

7 – L’impugnata sentenza va quindi cassata in relazione all’aspetto relativo allo ius superveniens, con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, che, in diversa composizione, provvederà a determinare l’indennità di espropriazione considerando che, all’interno della categoria suoli inedificabili (in cui va ricompreso quello espropriato), rivestono valore a fini indennitari le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

Il giudice del rinvio provvederà, altresì, a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, che rigetta nel resto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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