Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11444 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 10/05/2017, (ud. 29/09/2016, dep.10/05/2017),  n. 11444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. SAMBITO M. Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.D. – B.F. – B.R.M. –

B.A. – C.M. – E.L. – B.C. –

B.D., elettivamente domiciliati in Roma, Via degli Scialoja, n. 6,

nello studio dell’avv. Teodoro Katte Klitsche de la Grange (PEC

teodorokatteklitschedelagrange.avvocatiroma.org), che li rappresenta

e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CIVITAVECCHIA, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Vittorio Veneto, n. 108, nello studio dell’avv. Michele Lo Russo;

rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Occagna, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso le sentenze della Corte di appello di Roma, n. 2149,

depositata in data 20 aprile 2012;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 29 settembre

2016 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

sentito per i ricorrenti l’avv. Klitsche del la Grange;

udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Celeste Alberto, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda di indennizzo avanzata nei confronti del Comune di Civitavecchia dai signori B.M. ed A., C.M. e C.V. in relazione alla dedotta reiterazione di vincoli espropriativi su terreni di loro proprietà, siti in detto Comune, in località (OMISSIS).

1.1 – La Corte territoriale ha ritenuto che la domanda fosse infondata in considerazione della natura conformativa dei vincoli che interessavano i terreni, destinati in parte a “parco pubblico urbano” ed in parte a “sedi viarie”.

1.1 – Per la cassazione di tale decisione gli originari attori (ovvero gli eredi, meglio specificati in epigrafe, di quelli deceduti nel corso del giudizio) propongono ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui il Comune di Civitavecchia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione del T.U. n. 327 del 2001, art. 39, nonchè della normativa urbanistica di cui della L. n. 847 del 1964, artt. 1 e 4, artt. 822 – 824 c.c. e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 16, si sostiene che la Corte di appello avrebbe disatteso la natura espropriativa dei vincoli imposti con la Delib. 20 marzo 1982, n. 233, reiterati con la Delib. 24 marzo 1998, relativi alla seguenti destinazioni: “parco pubblico”, “sedi viarie” e “verde di arredo urbano”.

2.1 – Con il secondo mezzo si denuncia omessa motivazione in relazione a punti decisivi della controversia, con particolare riferimento alla natura dei vincoli e alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, disattesa dalla Corte.

2.2 – Con la terza censura, deducendosi violazione degli artt. 822 c.c. e segg., D.Lgs. n. 285 del 1992 e del D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 71, si sostiene che la sentenza impugnata che i vincoli inerenti alle destinazioni a parcheggi e sedi viarie, attenendo a demanio stradale, erano incompatibili con la ritenuta possibilità di realizzazione di interventi ad opere di privati.

2.3 – Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono dell’insufficienza della motivazione in merito 1″esclusione della natura espropriativa dei vincoli in esame.

3 – Detti motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono in parte inammissibili, ed in parte infondati.

4 – Sotto il primo profilo deve evidenziarsi la prospettazione di un vizio motivazionale in relazione alla questione, di natura squisitamente giuridica, relativa alla natura dei vincoli che hanno interessato i terreni dei ricorrenti. Deve poi constatarsi che la sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi costantemente affermati da questa Corte nella materia oggetto della presente controversia.

4.1 – Per costante giurisprudenza, l’indennizzo per i vincoli urbanistici, come alternativa non eludibile al termine di efficacia posto dalla L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, è dovuto allorchè la possibilità di reiterazione del vincolo scaduto, riconosciuta all’Amministrazione per giustificate ragioni di interesse pubblico, comporta che si superi la durata fissata dal legislatore come limite alla sopportabilità del sacrificio da parte del soggetto titolare del bene. Non tutti i vincoli urbanistici, tuttavia, sono soggetti a decadenza, e conseguentemente alla possibilità di indennizzo allorchè reiterati, ma soltanto quelli aventi carattere particolare, per i quali la mancata fruibilità del bene protratta nel tempo e non indennizzata determina violazione dell’art. 42 Cost., comma 3, in particolare, non sono indennizzabili i vincoli posti a carico di intere categorie di beni, e tra questi i vincoli urbanistici di tipo conformativo, e i vincoli paesistici (Corte Cost., 20 maggio 1999, n. 179). Quanto ai vincoli di natura conformativa, costituisce jus receptum in giurisprudenza il principio per cui il carattere conformativo non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi, per natura e struttura, dei vincoli stessi, ricorrendo in particolare tale carattere ove gli stessi vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto, per lo più spaziale, con un’opera pubblica.

Al contrario, il vincolo, se incide su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione (cfr. Cons. Stato, sez. 4, 30 luglio 2012 n. 4321).

4.2 – I vincoli in questione, come emerge dalle risultanze peritali distintamente richiamate nell’impugnata decisione, prevedono la destinazione dell’area appartenente ai ricorrenti in parte a parco pubblico, in parte a sedi viarie e, infine, a “verde di arredo urbano”.

4.3 – Non può dubitarsi della natura conformativa di dette destinazioni, in quanto in entrambi i casi non vengono in considerazione finalità ablatorie concernenti beni determinati in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, bensì vincoli che regolano la proprietà privata al perseguimento di obiettivi di interesse generale.

Deve quindi rilevarsi la natura conformativa dei vincoli suddetti, in quanto la destinazione a parco pubblico, così come la previsione di una sede viaria, risultano effettuate in virtù di criteri generali e astratti, e non già in funzione della localizzazione di opere pubbliche specifiche su beni per esse individuati (cfr. Cass., 11 gennaio 2013, nn. 614 e 615; quanto al parco pubblico, Cass., 21 giugno 2016, n. 12818; nello stesso senso, Cons. St., 1 luglio 2015, n. 3256; Id., 29 novembre 2012, n. 6094; Id., 19 gennaio 2012, n. 244).

Per quanto attiene al verde attrezzato, vale bene rimarcare come la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 20 novembre 2006, n. 24585; Cass., 24 dicembre 2004, n. 23973; Cass. 9 maggio 2002, n. 6635, Cass., 16 maggio 1998, n. 4921) e quella amministrativa abbiano affermato la natura conformativa del relativo vincolo. In particolare, è stato osservato che la destinazione a verde attrezzato di un terreno privato lo grava di un vincolo che non svuota il diritto di proprietà del suo contenuto, si riporta all’art. 42 Cost., comma 2 e, in definitiva, ha natura conformativa e non ablatoria del bene (Cons. St., 8 settembre 2015, n. 4155; Cons. St., 6 ottobre 2014, n. 4976; Cons. St., 30 luglio 2012, n. 4321).

4.4 – Con riferimento all’ipotesi del vincolo stradale, vale bene aggiungere che – in linea generale – la destinazione a strada pubblica impressa dal P.R.G. non è di per sè espressione di un potere di pianificazione esercitato in via astratta e generale, in quanto il carattere conformativo della relativa previsione ricorre solo nel caso in cui il piano regolatore abbia previsto la strada nell’ambito di una destinazione delle zone del territorio con limitazioni di ordine generale ricadenti su una pluralità indistinta di beni, dovendosi, per contro, ritenere sussistente un vincolo preordinato all’espropriazione ove ricorra una localizzazione lenticolare della strada, incidente su specifici beni e con un rilievo all’interno e a servizio delle singole zone (19 maggio 2013, n. 11236). Nel caso di specie il ricorso, che per altro richiama l’art. 6, comma 3 del PZ n. 7, secondo cui le “sedi viarie” sono destinate al traffico cittadino veicolare e pedonale”, nonchè l’elaborato peritale, secondo cui le “sedi viarie.. rappresentano essenzialmente le grandi maglie del Piano Generale”, non pone in evidenza alcuna localizzazione di natura lenticolare L’argomento fondato sull’appartenenza al demanio delle strade e delle piazze non appare decisivo, in quanto non riferibile alla natura del vincolo, ma evidentemente ad un aspetto, che costituisce un posterius, concernente l’eventuale realizzazione delle opere pubbliche dopo l’acquisizione dei terreni.

5 – La decisione impugnata, pertanto, non risulta emessa in violazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale n. 179 del 1999 e poi recepiti nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39.

6 – Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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