Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1144 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8447/2007 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MUZIO

CLEMENTI 58, presso lo studio dell’avvocato BECCACECI GAIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LEONARDI Riccardo, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

VIS INDUSTRIE ALIMENTARI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 15, presso

lo studio dell’avvocato PORCACCHIA Gianguido, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MICUCCI VITTORIO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/03/2006 R.G.N. 579/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato GRECO MARIA IMMACOLATA per delega LEONARDI RICCARDO;

udito l’Avvocato FERRARI ALDO per delega MICUCCI VITTORIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 17.2/9.3.2006 la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza resa dal Tribunale di Ancona l’11.2/11.5.2004, che rigettava la domanda proposta da C.D. per far accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla Ancoopesca spa il 5.2.1998 per superamento del periodo di comporto.

Osservava, fra l’altro, la corte territoriale che la disciplina posta dal D.L. n. 364 del 1997, art. 1, conv. nella L. n. 434 del 1997, relativa alla sospensione dei termini in favore dei residenti nelle aree colpite dal sisma nelle Regioni Marche ed Umbria risultava inapplicabile all’impugnazione del licenziamento in questione, per non contemplare la pertinente disposizione contrattuale un termine di decadenza del diritto del lavoratore alla conservazione del posto, quanto i limiti temporali oltre i quali veniva meno il diritto alla conservazione del posto di lavoro, con conseguente riespansione della facoltà di recesso del datore di lavoro.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso C.D. con due motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso la VIS Industrie Alimentari spa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 2110 c.c., in relazione all’art. 47 del CCNL del settore industria del 6.7.1995, nonchè dell’art. 1263 c.c., in relazione allo stesso articolo, rilevando che la corretta interpretazione letterale della norma contrattuale portava a qualificare il termine di comporto come termine di decadenza del diritto alla conservazione del posto.

Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente lamenta violazione del D.L. n. 364 del 1997, art. 1, conv. nella L. n. 434 del 1997, in relazione all’art. 12 disp. gen., nonchè vizio di motivazione ed, al riguardo, prospetta che la corte territoriale aveva omesso di considerare che, prevedendo la norma in esame la sospensione di qualsiasi termine, tale sospensione non poteva che estendersi anche al termine previsto dall’art. 47 del CCNL citato.

I motivi, in quanto connessi, giacchè fondati sulla corretta interpretazione della norma contrattuale e sulla incidenza che la corretta interpretazione della stessa riflette sulla norma legale, vanno esaminati congiuntamente e dichiarati improcedibili.

Lamentandosi, infatti, l’erronea interpretazione di disposizioni contrattuali collettive, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (e precisamente dell’art. 47 del CCNL del settore industria del 6 luglio 1995), deve richiamarsi il principio di diritto affermato dalle SU di questa Suprema Corte con la sentenza n. 20075 del 23.9.2010 secondo cui l’art. 369 c.p.c., comma 2, nella parte in cui onera il ricorrente (principale o incidentale), a pena di improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, deve interpretarsi nel senso che, allorchè il ricorrente impugni con ricorso immediato per cassazione, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., comma 2, la sentenza che abbia deciso in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, ovvero denunci, con ricorso ordinario, la violazione o falsa applicazione di norme del contratto o accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il deposito suddetto deve avere per oggetto, a pena di improcedibilità, non già solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si fonda, ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni.

Nel caso in esame, la ricorrente ha depositato solo un estratto del contratto e, alla luce del principio richiamato, va, pertanto, dichiarata l’improcedibilità del ricorso con riferimento ad entrambi i motivi, stante l’evidenziata connessione logica e giuridica delle censure proposte. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 12,00 per esborsi ed in Euro 3000,00 per onorario di avvocato, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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