Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11437 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 15/06/2020), n.11437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1228-2018 proposto da:

D.A.S., D.A.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA PRINCIPE AMEDEO 96, presso lo studio dell’avvocato

VINCENZO BRANDIMARTE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

P.M., L.I., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato PAOLA FRASCHETTI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 655/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

FALASCHI MILENA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Spoleto, con sentenza n. 223/2000, in parziale accoglimento della domanda di pagamento del saldo del contratto di appalto, proposta da P.F. nei confronti di B.P., condannava quest’ultima a corrispondere il minore importo di lire 5.546.658, anzichè di lire 45.046.059, sul rilievo dell’esistenza di prova documentale dell’avvenuto versamento, da parte della committente, di acconti per complessive lire 141.500.000.

A seguito di gravame interposto dal P., la Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 334/2003, accoglieva parzialmente l’appello, limitatamente al riconoscimento degli interessi nella misura ultralegale sulla somma quantificata dal giudice di primo grado, rigettando per il resto l’impugnazione per mancata contestazione, da parte dell’attore, degli acconti versati a mezzo di assegno bancario.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9919/2009, accogliendo il ricorso del P., cassava la sentenza e rinviava alla Corte di appello di Roma, la quale, pronunziando in sede di rinvio con sentenza n. 655/2016, condannava gli odierni ricorrenti, eredi della B., in solido tra loro, al pagamento in favore del P. dell’ulteriore somma di Euro 15.850,83, oltre alle spese del giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma D.A.C. e D.A.S. propongono ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi. P.M. e L.I., in qualità di eredi di P.F., resistono con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

va preliminarmente esaminata l’ammissibilità del ricorso.

In disparte l’avverso rilievo circa la tardività del ricorso – in quanto infondato, poichè la sospensione dei termini perentori processuali nel periodo ricompreso tra il 24 agosto 2016 e il 31 maggio 2017, prevista del D.L. n. 189 del 2016, art. 49, commi 4 e 9 ter, conv. in L. n. 229 del 2016, trova immediata applicazione anche a favore degli avvocati che esercitano la loro attività lavorativa nei territori colpiti dal sisma, in quanto essa è volta a consentire anche a questi ultimi di superare le difficoltà derivanti dal terremoto (Cass. 26 ottobre 2018 n. 27190) – risulta invece da condividere l’assunto del controricorrente circa il difetto di procura speciale.

Occorre pregiudizialmente rilevare che, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per Cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale, da un lato, che la procura sia rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e, dall’altro, che essa investa il difensore espressamente del potere di proporre ricorso per Cassazione e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione (Cass. n. 19560 del 2006).

Nel giudizio di Cassazione, infatti, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso – nel caso di specie risulta essere a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in appello (come riconosciuto dallo stesso difensore nella memoria illustrativa) – atteso il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3.

ratione temporis applicabile nella versione anteriore alla riforma di cui alle L. n. 69 del 2009, introdotta la citazione del 1998 – che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati.

Poichè lo scopo del conferimento della procura in sede di legittimità, che si desume dall’art. 365 c.p.c. e dall’art. 366 c.p.c., n. 5, è quello di assicurare che l’atto sia sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio in Cassazione, è palese che il conferimento del ministero deve avvenire prima o almeno contestualmente alla redazione del ricorso (ex multis, Cass. 21 novembre 2017 n. 27540; Cass. 4 aprile 2017 n. 8741; Cass. 17 marzo 2017 n. 7014).

Ne consegue che una procura apposta su un atto attinente ad un precedente grado di giudizio è atto del tutto inidoneo al raggiungimento dello scopo e, dunque, incapace di evitare la nullità della procura così conferita, per non essere idonea a provare che essa sia stata rilasciata prima della redazione del ricorso.

Sulla base di siffatti rilievi la procura posta a base del ricorso in esame è da ritenere nulla con la conseguenza che il ricorso si deve intendere proposto senza ministero di difensore, e quindi inammissibile, a nulla rilevando le deduzioni di parte ricorrente nella memoria illustrativa che non tengono conto della specificità del giudizio di legittimità.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, al pari della dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, come novellato dalla L. n. 228 del 2012 che devono seguire il principio secondo cui, trattandosi di attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità in mancanza di procura speciale, su di esso grava la pronuncia relativa alle spese processuali, anche rispetto dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato predetto (cfr. già Cass. 21 settembre 2015 n. 18577, fra le altre).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna l’avvocato Vincenzo Brandimarte alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dello stesso avv. Vincenzo Brandimarte, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 22 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 giugno 2020

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